Trecentosessantasei giorni di orrore. Era l’alba del 7 ottobre 2023 quando Hamas lanciò un attacco intorno alla Striscia di Gaza, dando il via a una nuova fase di violenze in un conflitto già tragico, causando una gravissima crisi regionale. Nei feroci combattimenti tra le forze armate israeliane e i terroristi, persero la vita 1.139 israeliani, mentre circa 250 persone furono sequestrate. I miliziani palestinesi commisero atrocità spaventose, tra cui stupri, decapitazioni e mutilazioni.
A distanza di un anno, ci si chiede: "Come è possibile che lo Shin Bet, uno dei tre servizi di intelligence israeliani, non fosse a conoscenza del piano di attacco?" La risposta è complessa, ma la reazione di Tel Aviv è stata altrettanto dura, con bombardamenti e interventi armati che hanno colpito duramente anche i civili di Gaza. Il bilancio, seppur provvisorio, parla di oltre 41.000 vittime, di cui 14.000 bambini.
La destabilizzazione che ne è seguita continua a non trovare una soluzione diplomatica. La diplomazia mondiale sembra incapace di sanare una crisi che ha solo peggiorato. Gli Stati Uniti tentano di moderare l’operato del governo Netanyahu, con scarsi risultati, arrivando persino a stanziare altri 20 miliardi di dollari in aiuti militari per l'acquisto di armi, F-15 e munizioni per i carri armati.
La soluzione dei due Stati, storicamente ostacolata, appare oggi impraticabile, e non sembrano esserci all'orizzonte figure capaci di riprendere il cammino di pace tentato da Rabin e Arafat, entrambi artefici degli Accordi di Oslo del 1993. L’assassinio di Rabin, in particolare, segnò il fallimento di quel fragile percorso di pace.
Le tensioni attuali coinvolgono sempre più attori internazionali, tra cui Iran e Libano, aggravando ulteriormente il conflitto e lasciando l’umanità di fronte all’abominio della guerra.
Vittorio Alfieri