25 ottobre 2024 cerchiamo in rosso sul calendario questa data ovvero le audizioni da parte della Commissione del Ministro della Cultura e dove saranno ascoltati i dossier delle cinque città finaliste per decretare poi la Capitale dell’Arte Contemporanea Italiana per il 2026
Carrara (MS): “Carrara – Da 2000 anni contemporanea”
Gallarate (VA): “La Cultura del Fare. Il Fare della Cultura”
Gibellina (TP): “Portami il futuro”
Pescara (PE): “Pescara città contemporanea – Una porta aperta ai sogni”
Todi (PG): “Ponte contemporaneo”
Mai stato campanilista ma lo sguardo sul futuro è d’obbligo considerato il presente, e la nostra Gibellina è una visione assoluta ( controversa ma originale ) dopo una tragedia che vide lei e tutta la Valle del Belìce nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 protagonisti.
Molti della mia generazione forse ricordano le prime Orestiadi a Gibellina Vecchia - il Cretto di Burri era di là dall’essere realizzato -, un teatro di ricerca di sperimentazione - un modo di leggere quel contemporaneo straniante e che ha formato la coscienza di molti - la quinta scenica erano i ruderi, la devastazione attorno e la risposta di una comunità che fu parte essenziale di quelle proposte.
Fu la risposta alla morte.
Il Teatro prima e poi l’arte contemporanea e gli architetti, con un modo eccentrico di ripensare un paese del Sud Italia con una nuova urbanistica.
Un uomo fece la differenza, si chiamava Ludovico Corrao da Alcamo.
Siamo una nazione eclettica, dove spesso la provincia riserva insolite sorprese ma è fuor di dubbio una cosa che emerge prepotente da questa selezione finale: Gibellina è l’unica città di fondazione dal dopoguerra in poi.
Quella devastazione segnò inesorabile un percorso - circa venti chilometri - tra il prima e il poi ovvero tra Gibellina, le baracche di Rampinzeri e la costruzione di Gibellina Nuova.
Tutto andò bene? Si forzò la mano? Tante possono essere le risposte, in mezzo secolo poi è cambiato il mondo l’economia e gli spostamenti delle persone e questo soprattutto da noi ha significato un dato allarmante ovvero lo spopolamento progressivo di intere realtà dell’entroterra. Dati che sono allo studio e dove si prova, in assenza di motori economici quali grandi industrie a fronteggiare con quello che abbiamo.
Corrao non pensò ad una Comunità utopica, si spese credendo che la risposta potesse essere ritrovata in una identità forte connotata con un taglio deciso rispetto al passato, e dove gli artisti architetti urbanisti coinvolti si innestarono su un tessuto dove il primario era soverchiante su tutto.
Sovvertendo il concetto spaziale di una Comunità per come era intesa in un piccolo paese di provincia - dove per intenderci la piazza e la chiesa sono ancora oggi il fulcro di una socialità (provare per credere e andate a vedere dove sta la Chiesa Madre di Ludovico Quaroni e la conformazione architettonica di Piazza XV Gennaio), si provò a dare elementi distonici che fossero una casa, il comune inteso come edificio, piazze che si aprivano su altre piazze, delle installazioni con riferimenti forti alla letteratura e tutto improntato alla contemporaneità di un segno che non perdesse attualità nel tempo.
Un’operazione enorme se ci pensiamo, una assunzione di responsabilità fuori dal comune quando tutto ciò fu preconizzato e poi realizzato con fatica, e evitando l’elenco chi partecipò concretamente a dare nuova vita alla Città, il risultato è lì.
Un visus dell’oggi, e forse quella che non era Utopia oggi è una ricerca costante e vissuta finalmente da università da studenti e oggetto di studio e approfondimento, che poi è ciò che rende viva Gibellina.
Il filo rosso, ad anni alterni, è un dialogo costante tra la Fondazione Orestiadi e il Comune di Gibellina e non potrà che dare forza a questo dossier, che a breve sarà trattato al Ministero della Cultura.
Noi della provincia di Trapani e non solo, dovremmo essere sempre più attori di questo quotidiano - nella fattispecie in una realtà dove la Cultura la fa da denominatore assoluto - e la scintilla che potrebbe innescare movimenti tellurici virtuosi dettati da un titolo così prestigioso, deve obbligatoriamente essere accompagnato da una azione di privati (già cercano di esserci in verità) costruendo modelli sinergici e consapevoli di crescita.
Non sarà la Stella d'ingresso di Consagra o la Torre Civica di Mendini a dare la patente di contemporaneità di un luogo, ma il poter vivere questi spazi con una socialità diversa e lì dovrà entrare in gioco una comunità più ampia.
Gibellina da sola non sarà in grado, è Patrimonio di tutti da anni giustamente, forse perché il pensiero del Senatore era ed è talmente grande che lo sforzo deve essere il più ampio possibile e non possiamo ricordarci di lei per un Museo di Arte Contemporanea o per le poesie di Patrizia Cavalli lette all’ombra della Montagna di Sale di Mimmo Paladino
Giuseppe Prode