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19/09/2024 06:00:00

L'ippodromo del Sindaco di Marsala con i soldi del Pnrr

 «Signor presidente e dove vuole che sia cominciato il pasticcio? All’ippodromo, nell’inferno del gioco delle corse». L’incipit del celebre film ‘Febbre da cavallo’ introduce perfettamente questa storia che ci porta a Marsala, in Sicilia occidentale. Nella città dello sbarco dei Mille in tanti sognano la costruzione di un ippodromo con i soldi del Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza. Tra i sognatori c’è il sindaco della città siciliana, Massimo Grillo, che guida una giunta sostenuta da Fratelli d’Italia e composta da suoi fedelissimi. E’ lui ad avere avuto l’idea. Ma a che serve un ippodromo a Marsala? «In questo quartiere da tanto tempo non si realizzava qualcosa», ha ribadito più volte il primo cittadino promuovendo il progetto. Un progetto che prevede anche la costruzione di un centro sportivo polivalente con annesso campo da padel, uno sport che colleziona amatori anche nella cittadina trapanese, amatori che non possono restare sprovvisti di un terreno di gioco. In tutto, i fondi stanziati ammontano a due milioni e 500 mila euro, di questi 800 mila sono destinati al rilancio della pista abbandonata. La zona interessata è in Contrada Scacciaiazzo, una delle più periferiche tra le 101 contrade della città di Marsala (quinta città in Sicilia per estensione). Il Sindaco parla di un “quartiere senza servizi”, ma in realtà è una landa di terra desolata, un paesaggio quasi western, dove vivono pochissime persone (e pochi sono anche i cavalli …)

 

L’ovale e le galline

Lì dove sorgerà l’ippodromo al momento c’è un cartello, una rete di protezione e galline che beccano tra i cumuli di rifiuti. Dietro si vede la forma ovale di un vecchio impianto costruito negli anni sessanta, le cui origini sono avvolte nel mistero. Unica cosa nota è la proprietà, questa struttura fatiscente è del comune di Marsala, che ha nel suo patrimonio immobiliare questo ‘errore’ edilizio, composto da una stalla e qualche locale ancora in piedi. La pista si staglia in mezzo tra i rifiuti e il degrado, un luogo dove non cresce più l’erba, un incrocio tra un film di fantascienza e una landa desolata. In mezzo, c'è una cava, un altro imperdibile dettaglio di questo impianto, un buco in parte parte coperto da detriti e rifiuti. La pista non è mai entrata in funzione, l'impianto non è stato mai terminato. Viene utilizzato per allenare cavalli da corsa (le gare più vicine si giocano a Palermo o Catania), e per qualche corsa clandestina. Il cartello, però, è lì ad alimentare la speranza, ma svanisce appena si guarda la data di fine dei lavori: 17 agosto 2024. Qualcosa però è accaduto da quando questo posto scordato da Dio è diventato il luogo prescelto per utilizzare i fondi europei e rilanciare il paese afflitto dalla pandemia. Non c’è più il signor Stefano e i suoi ragazzi, quelli che animavano questo luogo e ne erano i concessionari senza concessione, i custodi non autorizzati. Non si vedono neanche i cavalli e da qualche settimana manco una gallina. Altri segni di avanzamento dei lavori non se ne vedono nell’ippodromo di Marsala, in contrada Scacciaiazzo, dove il sogno cittadino stenta a diventare realtà. I lavori, in questo primo lotto sono eseguiti dalla ditta Dibiga Srl di Alcamo che si è aggiudicata l’appalto con un ribasso del 31% e un’offerta di 403 mila euro. La progettazione esecutiva dell’opera è stata invece affidata alla Morphene srl di Reggio Calabria. Al momento, nella città dello sbarco dei Mille, si aspetta che qualcosa accada. Intanto, torna alla mente la celebre frase di un prodigioso Enrico Montesano quando nel film citato urlava al cavallo, che aveva appena disatteso i suoi sogni di vincita e gloria: «Datte all’ippica».

 

Le corse clandestine

In questi anni la pista di Marsala è stata utilizzata per organizzare corse clandestine. Si tratta di un fenomeno che in provincia di Trapani è molto diffuso. Poco distante, un vero e proprio ippodromo abusivo è stato scoperto a Maggio dalle forze dell’ordine a Triscina, frazione balneare di Castelvetrano (città nota tra l’altro per aver dato i natali al mafioso stragista Matteo Messina Denaro). Le corse venivano trasmesse via Facebook, le scommesse giravano via Telegram. Ogni due settimane, di domenica, si dava fuoco alle polveri. Nove le persone indagate dalla Procura di Marsala. La struttura era stata ricavata in un’area sabbiosa distante non più di duecento metri dalle migliaia di case che negli anni hanno invaso la costa selinuntina. Durante le perquisizioni, sono state trovate anche confezioni vuote di medicinali e siringhe per dopare i cavalli. Il titolare della struttura si difende parlando di un “club privato”, tra “ragazzi che amano i cavalli”.

Eppure sui social vengono pubblicati i video delle estrazioni delle gare, e soprattutto i video delle corse tra cavalli.

Movimenti analoghi anche a Trapani, in una vecchia pista ippica posseduta da pregiudicati che si sono appropriati anche di terreni comunali.

La criminalità organizzata.

Dietro, ci sono anche gli interessi della criminalità organizzata. Si chiama “Corsa nostra” l’operazione della coordinata dalla Direzione Distrettuale antimafia di Palermo che, nel 2018, portò all’arresto di nove persone. L’inchiesta accertò come la mafia controllasse l’ippodromo di Palermo con un sistema di gare truccate gestite da Cosa nostra che decideva quale cavallo dovesse vincere e intascava i soldi delle scommesse.

Risalendo indietro nel tempo, sono tanti collaboratori di giustizia che hanno svelato gli interessi delle cosche per l’ippica raccontando le richieste di pizzo a cui i gestori degli ippodromi (legali e non) erano sottoposti e il meccanismo delle corse truccate che vedeva coinvolti anche allenatori e fantini. “Diverse inchieste degli ultimi anni hanno confermato l’interesse di alcuni sodalizi mafiosi per le corse clandestine di cavalli – afferma Ciro Troiano, criminologo e responsabile Osservatorio Zoomafia LAV e autore del manuale – Questa attività criminale, oltre a sottoporre gli animali coinvolti a maltrattamenti e a condizioni di detenzione esasperate, rappresenta un mezzo di riciclaggio di proventi illegali, di controllo sociale e di dominio territoriale e che per contrastarla devono essere adottate iniziative investigative tipiche del contrasto ai sodalizi criminali”.
Le ingerenze continuano fino ad oggi, al 2024. E’ il collaboratore di giustizia Filippo di Marco, soldato della famiglia mafiosa di Porta Nuova, mandamento di Palermo, a raccontare dei nuovi affari della mafia con i cavalli.