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17/09/2024 06:00:00

  Il “mondo collaterale”. L’inchiesta sulla mafia di Alcamo e Calatafimi e l’arresto di Papania

 “Questo mondo collaterale di una volta, per quanto deprecabile, un suo senso ce l'aveva". Sta tutta qui, in questa frase, la definizione della mafia per Nino Papania, ex senatore di Alcamo, arrestato ieri insieme ad altre 9 persone nell’ambito di un’importante inchiesta antimafia scattata in provincia di Trapani.
Mafia, estorsioni, droga, corruzione, e voto di scambio politico mafioso. C’è tutto nell’indagine condotta dalla DIA di Palermo grazie alla quale polizia e Sco hanno eseguito le ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip di Palermo.


Un'operazione di grande rilievo che ha permesso di tagliare le gambe alle famiglie mafiose di Alcamo e Calatafimi. Tra gli arrestati infatti ci sono Francesco Coppola, Nicolò Coppola, Giosuè Di Gregorio, Gregorio Savio Ascari, Antonino Minio, Giuseppe Sciacchitano, Fabio Ciotti e Salvatore Li Bassi. Secondo l'ordinanza emessa dal Tribunale, i fermati avrebbero partecipato attivamente all'associazione mafiosa denominata "Cosa Nostra", avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo per commettere una serie di crimini volti a controllare attività economiche e influenzare la vita politica e amministrativa del territorio. In manette anche Diego Pipitone, una vecchia conoscenza delle cronache criminali trapanesi.


Ma le vicende che fanno più rumore riguardano ovviamente i personaggi politici coinvolti. Papania, leader del movimento Via, e Pasquale Perricone, ex vice sindaco di Alcamo, già finito nei guai giudiziari altre volte in passato.

 

 

 

PAPANIA E I VOTI COMPRATI
Nino Papania, ex senatore e figura politica di spicco ad Alcamo è al centro dell’inchiesta che ha portato al suo arresto con l'accusa di voto di scambio politico-mafioso. Secondo i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Palermo, Papania avrebbe pagato 2.000 euro per ottenere voti dalla mafia in occasione delle elezioni regionali del 2022.
L'accusa si basa su intercettazioni in cui l'ex senatore si sfoga con il proprio autista il 13 ottobre 2022, lamentando il fallimento della trattativa con gli ambienti mafiosi: "Ci ha fatto buttare duemila euro per far mangiare una pizza a quattro spacciatori, e ci hanno portato sì e no trenta voti". Le parole di Papania, secondo gli inquirenti, confermano il coinvolgimento diretto dell'ex parlamentare in un accordo illecito con esponenti di Cosa nostra per comprare voti a favore di Angelo Rocca, candidato alle Regionali nella lista "Popolari e Autonomisti" (non indagato).
Papania avrebbe cercato l'appoggio del boss di Alcamo, Giosuè Di Gregorio, tramite Pasquale Perricone, ex vicesindaco di Alcamo, anche lui arrestato. Gli incontri tra Perricone e Di Gregorio sarebbero serviti per negoziare il sostegno elettorale in cambio di denaro. Lo stesso Di Gregorio, in una conversazione intercettata, conferma: "Dobbiamo votare a questo... e il senatore mi ha preparato duemila euro che mi darà mercoledì".
Dopo la sconfitta elettorale, Papania non ha nascosto il suo malcontento, sfogandosi contro coloro che avevano garantito il sostegno mafioso. In una conversazione intercettata, Papania definisce Pasquale Perricone "una testa di minchia" per non aver mantenuto le promesse. L'ex senatore fa anche riferimento a Di Gregorio, definendolo "nuddu ammiscatu cu nenti", ovvero "nessuno mischiato con niente", e critica il mondo della mafia di oggi, rimpiangendo il passato: "Persone serie non ce n'è più... Questo mondo collaterale di una volta, per quanto deprecabile, un suo senso ce l'aveva".


I VERTICI DELLE FAMIGLIE MAFIOSE

Francesco Coppola è indicato come il promotore e capo della famiglia mafiosa di Alcamo. Era lui a impartire direttive, presiedere riunioni e mantenere i collegamenti con altre articolazioni di Cosa Nostra, coordinando le attività illecite e commettendo reati associati all'organizzazione mafiosa.
Giosuè Di Gregorio, al fianco di Coppola, gestiva i contatti con esponenti di altre famiglie mafiose e della 'ndrangheta calabrese, come Pietro Bonanno, Salvatore Libassi e Giorgio Jerino. Di Gregorio era un punto di riferimento per la risoluzione di conflitti interni o esterni alla famiglia, e si occupava anche di attività economiche riconducibili alla mafia.
Salvatore Li Bassi, invece, era il promotore della famiglia mafiosa di Calatafimi-Segesta. Anche lui, come Coppola, dirigeva riunioni e manteneva i contatti con esponenti di altre famiglie mafiose, come Di Gregorio, contribuendo alla gestione degli affari illeciti dell'organizzazione. C’erano poi diverso collaboratori dei vertici ai quali venivano affidati compiti anche delicati.

 

IL CONCORSO TRUCCATO
L'indagine ha svelato anche un sistema di corruzione che ha coinvolto un concorso pubblico per l'assunzione di psicoterapeuti all'interno dell'ASP di Trapani. Tra i principali accusati figurano dirigenti sanitari, politici e membri della mafia locale, a vario titolo coinvolti in operazioni di voto di scambio e corruzione.
L'indagine ha fatto emergere il coinvolgimento di Guido Faillace, Direttore dell'Unità Operativa "Servizi per le Tossicodipendenze SerT" di Alcamo (nel frattempo deceduto) in un caso di rivelazione di segreti d'ufficio e traffico di influenze illecite. Faillace, secondo le accuse, avrebbe rivelato a Manuela Fanara, moglie di Ignazio Arena, le domande del concorso pubblico per l'assunzione di psicoterapeuti presso l'ASP di Trapani. La Fanara, grazie a queste informazioni privilegiate, è riuscita a posizionarsi al 18° posto nella graduatoria, ottenendo un punteggio di 48 su 50.
Le informazioni segrete le sarebbero state fornite a seguito dell'intervento di Francesco Coppola, ritenuto uno dei vertici della famiglia mafiosa di Alcamo, che agì su richiesta di Ignazio Arena. Coppola sfruttò il suo rapporto con Faillace e la sua posizione di potere all'interno di Cosa Nostra per garantire il successo della Fanara nel concorso.
La mediazione di Coppola non fu gratuita. In cambio della sua intercessione con Faillace, Arena e Coppola avrebbero ottenuto vantaggi economici. Tra questi, la falsa assunzione di Francesco Coppola presso l'azienda agricola "Agriconsult Società Cooperativa", gestita dagli imprenditori Angelo e Giampiero Bambina.


DIEGO PIPITONE, IL REUCCIO DI SAN GIULIANO
Giuseppe “Diego” Pipitone, trapanese classe 63, è stato arrestato con l’accusa di aver costretto, dietro minacce di ritorsioni, un buttafuori trapanese ad abbandonare il proprio impiego per far posto al figlio. Il buttafuori minacciato ha poi lasciato il posto di lavoro.
Secondo le indagini Pipitone ha agito “con l’aggravante della minaccia posta in essere da persone che fanno parte dell’associazione mafiosa” e dell’aver commesso il fatto avvalendosi del metodo mafioso.
Il locale presso il quale lavorava il buttafuori minacciato è il Biutiful Bitrot di Trapani, che un paio di anni fa venne devastato da un incendio doloso.
In questa vicenda ebbe un ruolo fondamentale Gregorio Savio Ascari, uno dei personaggi chiave nell’inchiesta (ne parliamo qui)
Ma chi è Diego Pipitone? Ci siamo occupati di lui su Tp24 diverse volte raccontando gli intrecci criminali a Trapani e soprattutto nel quartiere di San Giuliano. Proprio lì Pipitone agiva come un “reuccio” in grado di di spostare anche importanti pacchetti di voti. Ne abbiamo parlato su “San Giuliano criminale”, l’inchiesta a puntate sugli intrecci tra criminalità e politica a Trapani ed Erice. Abbiamo anche intervistato Diego Pipitone che si riteneva “persona perbene”.
Diego Pipitone ha subito anche un tentato omicidio e di lui ne hanno parlato alcuni pentiti: “Diego Pipitone? E' una persona molto conosciuta e temuta a Trapani, per i suoi trascorsi penali e per aver subito anche un tentato omicidio”.