Dai mari del Gambia al mercato del pesce di Mazara del Vallo. Un’inchiesta del Financial Times che svela gli affari africani delle flotte europee. E quelle siciliane in particolare.
Il quotidiano economico inglese solleva un velo sugli affari tra le flotte europee e le risorse marine africane, mettendo in luce il ruolo delle imbarcazioni siciliane. Il reportage, intitolato "Le navi europee che pescano dietro a un velo di segretezza", rivela come pescherecci battenti bandiera gambiana, ma di fatto legati a società europee, sfruttino i mari africani per alimentare il mercato europeo, spesso violando leggi e regolamenti.
Uno dei casi più eclatanti riguarda il peschereccio "Twenty", ispezionato dalle autorità gambiane, che nonostante fosse autorizzato alla pesca di gamberetti, trasportava illegalmente a bordo cinque tonnellate di polpo, sette di sogliola e cento squali. I gamberetti erano etichettati in italiano, con il logo di un distributore siciliano di Mazara del Vallo, e la dicitura "Gamberi congelati a bordo". Il Financial Times ha ricostruito che il "Twenty" era precedentemente di proprietà di pescatori siciliani, che lo hanno venduto a una società gambiana nel 2023. Questo episodio mette in luce una pratica diffusa, dove flotte europee operano sotto bandiere di convenienza per aggirare le regolamentazioni internazionali e continuare a sfruttare le risorse marine africane.
Scrive il FT:
“Il Twenty era registrato in Gambia. Tuttavia, i gamberi sulla barca erano etichettati in italiano, con il logo di Asaro Matteo Cosimo Vincenzo, un grossista siciliano.
Asaro MCV aveva precedentemente posseduto il Twenty sotto bandiera italiana, prima che una compagnia gambiana lo acquistasse tra il 2021 e maggio 2023. Tuttavia, i registri aziendali locali mostrano che Asaro MCV possiede la compagnia gambiana che detiene la barca.
Il dipartimento della pesca del Gambia ha detto al FT che la barca è stata multata di 33.000 dollari. Asaro MCV non ha risposto alle richieste di commento, ma il Twenty è solo un esempio dell'oscurità che circonda molte navi di origine europea che pescano all'estero sotto bandiere locali, mentre la domanda di prodotti ittici del continente aumenta”.
La situazione, però, è ben più complessa. Già nel 2021 un’inchiesta de Il Fatto Quotidiano aveva denunciato come il "sistema Italia" fosse invischiato in un vero e proprio saccheggio delle risorse ittiche africane. Secondo il giornale, pescherecci italiani, tra cui diverse unità siciliane, operavano illegalmente lungo le coste dell'Africa Occidentale, in particolare in Sierra Leone. La flotta italiana, pur ridotta rispetto al passato, è stata accusata di pescare illegalmente in zone riservate alla piccola pesca artigianale, causando gravi danni alle comunità locali e all'ecosistema.
Le violazioni, monitorate da ONG come Oceana e confermate da mappe satellitari del Global Fish Watch, mostrano come queste imbarcazioni abbiano ripetutamente sconfinato nelle acque riservate alla pesca artigianale. Nonostante le denunce, il governo italiano è stato più volte criticato per la scarsa sorveglianza e l'incapacità di punire adeguatamente queste infrazioni.
Il problema non si limita però solo all’Italia. Le flotte di altri paesi europei, come Francia e Spagna, insieme a quelle di nazioni extraeuropee come Cina e Corea, sono tutte coinvolte in pratiche di pesca insostenibili e spesso illegali lungo le coste africane. Queste attività stanno impoverendo i fondali marini del Golfo di Guinea e di altre regioni, sottraendo risorse vitali alle comunità locali e causando danni irreparabili all'ecosistema.
L'inchiesta del Financial Times e le rivelazioni de Il Fatto Quotidiano dipingono un quadro allarmante del ruolo delle flotte europee, e in particolare di quelle italiane, nello sfruttamento delle risorse marine africane. Un sistema che, se non verrà regolamentato e controllato in modo più stringente, rischia di causare danni irreversibili non solo alle economie locali, ma anche all'ecosistema marino globale.
L’attività di pesca in acque non italiane è sempre motivo di grandi tensioni, però, con i paesi del Nord Africa, la Libia in particolare. Negli ultimi anni diversi sono stati i pescherecci mazaresi attaccati dai libici, come ad esempio il sequestro dei pescatori delle imbarcazioni Medinea e Atlantide tenuti in arresto per oltre 100 giorni.