Nel mio lavoro, in questi ultimi anni, ho raccontato decine e decine di piccoli e grandi naufragi. A volte, con la bella stagione, con cadenza settimanale.
Nel tenere il conto di questa strage continua in mare, mi sono imposto delle piccole regole. Una di queste è evitare, quando parlo di uno dei tanti naufragi che avvengono nel Mediterraneo, di utilizzare parole come "migranti". Parlo di persone, uomini, donne, bambini. Non di "migranti", men che meno di "clandestini". Anche "barcone" è una parola che non mi piace.
Nel melmoso universo dei social, sul quale purtroppo siamo costretti a stare, questo atteggiamento è spiazzante e provoca reazioni molto dure. In tanti me lo rinfacciano: "Perché non scrivete che sono migranti?", "Ci ingannate". E volano i soliti insulti. Insomma, uno clicca sul titolo di una notizia perché è affondata una barca con delle "persone" a bordo che sono morte annegate. E poi scopre che erano semplicemente "migranti". Non è giusto. Sa tanto di clickbait.
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Ci sto pensando molto, in queste ore, a questa cosa qui, seguendo le cronache della grave tragedia che ha colpito nel mare vicino Palermo, la barca a vela tra le più lussuose al mondo, Bayesian, con il suo carico di passeggeri milionari. Nelle prime ore di lunedì scorso il veliero Bayesian è affondato al largo di Porticello, un piccolo comune sulla costa palermitana, nel mezzo di una violenta tempesta. A bordo c'erano 22 persone. Solo quindici sono state portate in salvo.
Leggo le cronache dettagliate, le ipotesi, i grandi sforzi organizzativi per le ricerche in mare che non lasciano niente di intentato, la grande e giusta solidarietà ai naufraghi - gli eventi estivi in zona sospesi - le interviste agli esperti, i resoconti dettagliati delle operazioni di soccorso con mezzi che sconoscevo: sub "iperspecializzati" e addirittura un "robottino della Guardia Costiera". Sono triste e addolorato. Ma una parte della mia coscienza, una parte piccola, che non può tacere, e reclama un suo spazio nelle mie moltitudini, pensa anche, in queste ore, a tutti i naufragi che non trovano soccorso e ascolto, sub iper specializzati e robottini, ai naufraghi morti per avere preso il mare contromano, ai quali non toccano biografie sui giornali o dignità di nomi.
Una delle vittime, un uomo d'affari, leggo, tanto potente quanto contorto nei suoi trascorsi, viene descritto come il "Bill Gates inglese". E’ una delle espressioni che usano i giornali quando devono farti capire chi è una persona sconosciuta ai più, sfruttando un paragone di facile comprensione, immediato. Ecco, ogni volta che racconto degli altri naufragi, quelli dei miseri, penso ad una frase di una canzone dell'ultimo Enzo Jannacci (io più invecchio e più sono Jannacci dipendente): "c'è uno tra voi che tra uno sputo e una spinta / troverà un'altra penicillina". Parliamo sempre degli immigrati che vengono qui a delinquere, Salvini docet, ci dimentichiamo di tutte le vite luminose che abbiamo lasciato morire: tra i migliaia di morti in quel cimitero che chiamiamo Mediterraneo c'era chi avrebbe davvero trovato un'altra penicillina, chi sarebbe diventato il nuovo Bill Gates, o magari un campione di calcio. Insomma, di nuovi Bill Gates ne lasciamo morire ogni giorno.
Giacomo Di Girolamo