Il mare scenario della Battaglia delle Egadi continua a restituire tesori archeologici. La campagna di ricerche di agosto ha, infatti, consentito di recuperare un rostro in bronzo che si trovava su un fondale a circa 80 metri.
Il reperto è stato recuperato dai subacquei altofondalisti della "Society for documentation of submerged sites" (Sdss) con l'ausilio della nave oceanografica da ricerca “Hercules” che negli anni ha permesso, grazie alle sofisticate strumentazioni presenti a bordo, l'individuazione e il recupero di numerosi reperti riguardanti l'importante evento storico del III secolo a.C.
Il rostro è stato trasferito nel laboratorio di primo intervento nell'ex Stabilimento Florio di Favignana ed è già al vaglio degli archeologi della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana. Le sue caratteristiche sono simili a quelle degli altri già recuperati nelle precedenti campagne di ricerca: nella parte anteriore una decorazione a rilievo che raffigura un elmo del tipo Montefortino con tre piume nella parte superiore, mentre le numerose concrezioni marine non consentono ancora di verificare la presenza di iscrizioni.
Le attività di ricerca nel tratto di mare tra Levanzo e Favignana sono condotte da circa 20 anni da un team formato dalla Soprintendenza del Mare, dalla statunitense Rpm Nautical Foundation e dalla Sdss.
LABORATORIO. Vuoi assistere dal vivo alle operazioni di catalogazione degli ultimi reperti recuperati nei fondali della Battaglia delle Egadi? O vedere da vicino la pulitura di un antico rostro romano o cartaginese? Che tu sia un appassionato o un semplice curioso, non puoi rinunciare a una visita al laboratorio di archeologia subacquea allestito presso l'ex Stabilimento Florio nell'ambito del progetto 𝗜𝗡𝗦𝗨●𝗟𝗔𝗕, promosso dall’Assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana e dal Comune di Favignana.
"L'obiettivo di questa iniziativa è di avvicinare il grande pubblico al sito della Battaglia delle Egadi, uno dei più importanti nel Mediterraneo e nel mondo", spiega Justine Vernet, ricercatrice di Archeometria. "A differenza dell'archeologia terrestre, dove i siti sono visitabili ed è possibile apprezzare l'avanzamento dei lavori, in questo caso parliamo di un sito ad oltre cento metri di profondità nel mare che non è accessibile. Attraverso questa iniziativa annuale noi aggiorniamo il pubblico sui progressi e mostriamo i risultati raggiunti".
Fino al 30 agosto, i visitatori avranno la possibilità di assistere a dimostrazioni delle attività post-scavo sugli ultimi reperti rinvenuti. Quattro esperte, Justine Vernet, Emilia De Palo, Angela Ciappa ed Erika Perniciaro, con la partecipazione e supervisione delle restauratrici della Soprintendenza del Mare Regione Sicilia Irene Averna e Alessandra Longo, illustreranno e mostreranno le tecniche di catalogazione, conservazione e restauro dei materiali archeologici sommersi.