Da qualche anno, subito dopo il terribile confinamento che ha rinchiuso per un periodo abbastanza lungo gli abitanti del pianeta nelle proprie abitazioni, abbiamo assistito alla manifestazione di un turismo selvaggio anche in luoghi ancora sconosciuti ai più.
Eppure doveva andare tutto bene, come è stato espresso continuamente. Invece orde di turismo barbaro hanno invaso numerose località. Forse l’essere stati compressi tra le quattro mura domestiche ha sviluppato un forte desiderio di scoperta sia di piccole che grandi località, ma anche di luoghi dalla natura incontaminata la cui immagine è pubblicizzata in televisione e sui social, nello stesso modo in cui si lanciano prodotti alimentari, indumenti o detersivi.
L’origine del turismo selvaggio è da analizzare prima che sia troppo tardi. Si pensa sia la nuova peste bubbonica che va compresa per correre al più presto ai rimedi e per non trovarsi come è avvenuto di recente nell’isola di Santorini dove in un solo giorno sono sbarcati circa 11.000 turisti.
I nuovi barbari, dell’inciviltà dell’usa e getta, sono persone che vogliono consumare tutto, la granita, il mare, il sole, il tramonto e le bellezze naturali spesso nell’arco di 24 ore o pochi giorni.
Si tratta di persone impegnate a godersi una vacanza, di preferenza spendendo il minimo in loco, portando da casa pasto e bibite e abbandonando spesso, nella natura o lungo i marciapiedi, i loro rifiuti prodotti.
Qui, nella provincia di Trapani, viene spesso praticata la modalità del lancio del sacchetto di spazzatura direttamente dal finestrino dell’auto dopo aver magari bevuto un aperitivo al tramonto in un luogo suggestivo.
La Sicilia tutta è stata presa letteralmente d’assalto in questa caldissima estate del 2024.
La parte occidentale dell’isola è stata pubblicizzata con un disegno ben preciso di marketing territoriale che ha favorito il turismo di massa.
La straordinaria baia di Makari, ad esempio, è stata mostrata e venduta in una serie televisiva come un prodotto commerciale da consumare e sfruttare.
“Il turismo porta denaro”, è la frase che giustifica tutto questo.
I comportamenti di molte persone che caratterizzano questo fenomeno sono spesso intrinsechi di maleducazione. Ho assistito a scene inimmaginabili in cui vengono presi d’assalto, con imbarcazioni di varie dimensioni, posti di mare dove si va per godere le bellezze della natura come ad esempio le ormai famose isole Egadi.
Da qualche anno è di moda ballare su un gommone con un bicchiere in mano (si immagina di alcool) rigorosamente in plastica (sperando che non finisca in acqua).
Si è tutti liberi di divertirsi come si vuole, non bisogna però prevaricare sugli altri e sulla natura.
Queste persone, che sono i padroni di Cala Rossa, Cala Minnola, Cala Fredda, Cala Tramontana e via dicendo, che si divertono in gommone o in barca, usano volumi altissimi di “musica” che arriva fino al posto più “isolato dell’isola”. Il disturbo della quiete pubblica è reato, l’inquinamento acustico però interessa a pochi.
Sono tutti fedeli all’appropriarsi di un luogo, di consumarlo in tutti i modi e il più presto possibile mostrando con arroganza di essere i padroni del mondo.
Ma quali sono i guadagni di questo fenomeno turistico? Le amministrazioni dovranno investire somme di danaro per pulire (quando riescono a farlo), bonificare e risanare. I decisori politici che sostengono questo tipo di turismo non hanno considerato che bisogna gestire seriamente l’accozzaglia di gente che si riversa sulle spiagge e sulle città, gente che spesso sporca, irrispettosa sia degli abitanti del luogo che della natura.
Ma allora chi si arricchisce veramente? I privati.
Con i voli low cost abbiamo avuto in Sicilia turisti da più parti d’Europa.
Qui non si vuole accusare il comportamento del turista secondo la sua provenienza, ma generare una consapevolezza comune su un serio problema per favorire decisioni e operatività.
Noi siciliani amiamo i turisti, i forestieri come li chiamava mia nonna, però accogliamo con amore solo quelli che sanno rispettare noi abitanti, la nostra cultura, le nostre tradizioni e la nostra terra.
Con rammarico dobbiamo ammettere però che a volte sono proprio alcuni siciliani che non hanno rispetto per la loro terra e a volte sembra impossibile arrivare ad un comune senso civico.
Il fenomeno è stato analizzato e discusso da autorevoli esponenti della letteratura e del giornalismo, ma sarebbe interessante oggi dar luce all’importanza del senso civico per riportarlo al centro del dibattito sociopolitico e culturale.
Patrizia Lo Sciuto