di Katia Regina
Comincerei proprio dalla querelle sull'immagine della presunta Ultima cena che ha fatto innervosire i fedeli, anche dopo aver saputo che la raffigurazione non era quella da loro intesa.
Se l'intento dei creativi era quello di farne parlare, ci sono riusciti: 1 a 0. Dunque non è minimamente pensabile che Gesù, se mai tornasse in questa epoca storica, possa scegliere di sedere accanto a una figura gender.
Mi chiedo in quale versetto del Vangelo viene affidato il ruolo di cerimoniere a un'entità terza. Chi mai può arrogarsi il diritto di sapere chi sia degno o meno di consumare un pasto con l'Uomo che ci ha insegnato a non discriminare nessuno e anzi accogliere il prossimo come fratello o sorella? Equivoco a parte, rispetto all'opera, questo odore di zolfo che tanti avvertono ogni volta che si parla di diversità, non avrà per caso origine da un difetto (fatale?) del loro apparato olfattivo? Questo continuo sentore di minaccia mi ricorda l'aneddoto del tizio che dice di avvertire dolore in tutte le parti del corpo toccate con il dito indice, salvo poi scoprire che il problema era proprio nella frattura del dito indice. Per pura cautela una bella visita da un bravo otorinolaringoiatra la consiglierei.
Vietato gioire per un quarto posto! Tutti gli atleti devono vincere, anche contro la matematica che ne decreta solo tre per disciplina. In ambito letterario sarebbe come provare un forte rammarico per essere entrato tra i finalisti del Premio Strega. Infatti, quando ciò accade a un autore, i signori del marketing prontamente fanno stampare striscette da mettere sui libri con scritto: questo libro non ha vinto il Premio Strega. Sulla commentatrice in studio preferisco mordermi la lingua anziché commentare, se ha vissuto con questo spirito la sua attività agonistica temo stia ancora scontando la sua pena.
La vicenda più interessante resta quella sull'incontro di boxe tra due donne, dal momento che sono state definite tali da organi preposti a farlo penso sia inutile ogni commento privo di adeguata documentazione. Se poi tutto si basa su un'evidenza fisica insindacabile, allora non vale neppure la pena scomodare la scienza biologica, il verdetto spetta alla vista, che notoriamente non può sbagliarsi, un metodo empirico tanto caro a mia nonna che postulava con la nota massima: unni c'è vista un ci vole prova.
Ho tenuto per ultimo questo argomento perché vorrei provare a buttare la palla in tribuna, allargare la riflessione facendo una considerazione facilmente attaccabile da chicchessia. Ma davvero si può considerare una disciplina sportiva due individui che si massacrano a suon di pugni? Mi sta bene la competizione tra chi salta più in alto, chi rema più forte, chi corre più veloce, chi lancia più lontano... ma prendersi a pugni in faccia che senso ha? Uomini o donne che siano, sottomessi alla regola del peso corporeo equivalente e al divieto di colpi in determinate parti del corpo, come dire: ti meno, ma fino a un certo punto. Ma perché? Che genere di piacere si prova dinanzi a un simile spettacolo? Quale parte del cervello rettiliano si risveglia? È proprio necessario stimolare questa zona dopo secoli di civilizzazione? Non ci siamo mai liberati del tutto dalla barbarie di certi spettacoli cruenti che i nostri antenati romani praticavano per distrarre la massa, i nuovi gladiatori ora se la passano meglio, certo, quando non subiscono danni permanenti per i pugni ricevuti sotto l'incitazione del pubblico.
Che poi, nel frattempo, siamo riusciti anche a capire che era il caso di vietare simili incontri tra gli animali, farlo diventare reato, giustamente, ciononostante. continuiamo a considerare un evento sportivo quando due esseri umani schizzano sangue dal volto dopo un pugno ben sferrato all'interno però di precise regole. Davvero non mi capacito, scusate. Bene ora potete cominciare a lanciare le freccette, preferisco quelle alle vostre motivazioni.
Consigli per la lettura a proposito di cose che non ha detto Gesù: Questo è il mio sangue di Francesco Mercadante
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