È stato firmato ieri il decreto che permetterà di spedire i rifiuti della Sicilia all’estero per un intero anno, fino al prossimo 30 giugno. Stavolta, la destinazione sarà la Finlandia.
L’assessorato regionale ai Rifiuti ha stabilito che dalla Sicilia partiranno almeno 3 mila spedizioni di immondizia indifferenziata, trattata negli impianti Tmb, che non è più possibile smaltire nell’isola. In totale, saranno circa 90 mila tonnellate di rifiuti a lasciare la Sicilia per essere smaltite all’estero. Il tutto è stato deciso a causa della saturazione delle discariche locali, come quella di Lentini, gestita dalla Sicula Trasporti.
Questa spedizione oltre i confini nazionali, però, non sarà indolore per i Comuni siciliani, che vedranno applicarsi un costo extra. Lo smaltimento in Sicilia costava tra i 200 e i 250 euro a tonnellata, mentre in Danimarca, nel termovalorizzatore vicino Copenaghen, la cifra è salita a 400 euro a tonnellata. Ora, l’immondizia di circa 150 Comuni siciliani, soprattutto della Sicilia orientale ma anche del Trapanese, Agrigentino e Palermitano, finirà in Finlandia: nel termovalorizzatore della società Loviisan Sataon Oy Satamatalonkatu 1, a Valko. Ed è prevedibile che i costi lieviteranno ulteriormente.
Il decreto non indica alcun prezzo né fornisce un sostegno economico ai sindaci, che già dall’anno scorso avevano chiesto uno stanziamento extra per fronteggiare i costi. La situazione è ora più complessa con l’avvento del 2024.
I grillini, con il vicepresidente dell’Ars Nuccio Di Paola, fiutano il pericolo di una manovra inevitabile per la Regione: «Se spedire i rifiuti in Finlandia è la soluzione di cui tanto parlava Schifani pochi giorni fa, allora c’è davvero da preoccuparsi. Parliamo di cifre da capogiro che alla fine graveranno sulle casse pubbliche. Con queste cifre, una amministrazione coscienziosa avrebbe dovuto stringere i tempi per accompagnare le due grandi città siciliane, Catania e Palermo, a ridurre il quantitativo di raccolta non differenziata. Invece a quanto apprendiamo, la musica non cambia. Lo avevamo visto già con Musumeci, continuiamo a vederlo con Schifani».