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16/07/2024 06:00:00

La condizione allarmante delle carceri, i progetti alternativi 

E’ un carcere non eccessivamente affollato, ma ci sono tante criticità, tante carenze. Le carenze standard degli istituti italiani. Nel giorno dell’ennesimo suicidio in un penitanziario italiano (siamo arrivati quasi a 60 nel 2024), gli avvocati della Camera Penale di Marsala e i membri dell’associazione Nessuno tocchi Caino, hanno fatto una visita al carcere “Pietro Cerulli” di Trapani. Un istituto che seppur non eccessivamente affollato ha diverse cose che non vanno.
I risultati della visita sono stati presentati ieri pomeriggio in un incontro pubblico in cui erano presenti avvocati, magistrati, volontari.


“E’ un carcere in cui c'è carenza di attività trattamentali, c’è carenza di agenti di polizia penitenziaria nelle sezioni. Ci sono anche carenze strutturali, nell’alta sicurezza non esistono le docce nelle celle, le celle singole non sono adeguate per l’espiazione della pena, c’è il bagno a vista e i detenuti devono mettere i cartoni per non essere visti. Il piano terra è inadeguato. I passeggi dell’area sono dei pollai. E c’è un problema nella fornitura dell’acqua calda”, spiega Sergio D’Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino.

L’Italia è stata già sanzionata, pesantemente, oltre 10 anni fa per il trattamento disumano dei detenuti e per le condizioni delle carceri. “ C’è una concezione della giustizia penitenziaria per la quale non ci si pone il problema del rispetto dei diritti umani. Su 47 mila posti nelle carceri italiane ci sono 62 mila detenuti. La nostra idea è che se non c’è posto la persona non entra in carcere, in Italia invece si accumula. Nel 2013 siamo stati condannati per condizioni degradanti dei penitenziari. Arriverà un’altra condanna” aggiunge D’Elia. Un dato cita il segretario di Nessuno tocchi Caino: “ci sono 15mila detenuti in più nelle carceri italiane e 18 mila agenti in meno rispetto alla legge. E’ un trattamento inumano e degradante anche dei lavoratori”.

 

 

 


“Situazione allarmante” per Francesca Frusteri, presidente della Camera Penale di Marsala, “nonostante i numeri ci dicono che non c’è un eccessivo sovraffollamento. Non ci sono stati suicidi fortunatamente, ma i detenuti sono costretti a stare 20 ore in cella, con sole quattro ore di aria. C’è carenza nell’area educativa che in quella sanitaria. Noi possiamo sensibilizzare la politica per trovare delle soluzioni. Abbiamo attivato una collaborazione con Nessuno tocchi Caino e istituito una commissione carceri.

 

 

Nel frattempo in questi giorni si è concluso a Marsala il progetto “Per l’alto mare aperto”. ideato dalla dott.ssa Rosanna Provenzano, Direttore dell’ULEPE di Trapani. L’Ulepe è l’Ufficio per le esecuzioni alternative della pena.
Questo innovativo programma mira a promuovere la collaborazione e l’introspezione tra i partecipanti, che sono soggetti destinatari di misure e sanzioni di comunità.
Il progetto è reso possibile dalla collaborazione con i comuni di Trapani, Marsala, Mazara del Vallo, Castellammare del Golfo e Favignana, gli Istituti nautici locali e le sezioni della Lega Navale Italiana. Coordinato dalla dott.ssa Angela Adragna e dalla dott.ssa Oriana Ribaudo, con il supporto della psicologa vela-terapista dott.ssa Serena Di Marco, il progetto utilizza la vela come metafora della vita, spingendo i partecipanti a conoscersi e raccontarsi.
I primi incontri, svoltisi a Castellammare del Golfo e Marsala, hanno esplorato temi come la libertà e la responsabilità. Il progetto si è chiuso il 12 luglio con una giornata di restituzione alla collettività, dove i partecipanti hanno ripulito un fondale marino a Marsala, simbolicamente riparando il danno sociale causato dai loro comportamenti devianti. "Per l'Alto Mare Aperto" rappresenta un nuovo approccio alla giustizia di comunità, offrendo un percorso di rinascita e riconciliazione con la società.