
Stagnone di Marsala, i 40 anni di una riserva nata male
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Con D. A. n. 215 del 4/7/1984 è stata istituita la riserva naturale orientata “Isole dello Stagnone di Marsala” e dell’ambiente marino circostante, per l’estensione di circa 3.380 ha.
Prima della costituzione della riserva, lo specchio acqueo marino, dotato di basso fondale per buona parte dell’estensione, con le isole ricche di saline, con le lame d’acqua di San Todaro (o San Teodoro) e con l’insenatura di Punta d’Alga era, tra l’altro, un paradiso per gli uccelli, nonostante la pratica dell’attività venatoria. Con i laghi Pontini e con il lago Dummer (Germania, Bassa Sassonia), tra gli anni ’70 e ’80, fu riconosciuto “zona umida di importanza internazionale per la marzaiola”, attraente anatrella che tra marzo ed aprile, sostava allo Stagnone anche con presenze di duemila individui al giorno e più di ventimila esemplari nel corso della migrazione primaverile. Le folaghe cantavano e si lasciavano osservare in ogni angolo dell’arcipelago. Con l’Istituzione della riserva arrivarono le imbarcazioni da diporto e tante altre attività impattanti che hanno fatto abortire sul nascere la protezione ambientale che il D. A. 215 avrebbe dovuto garantire.
A nulla è valso il “Regolamento recante le modalità d’uso ed i divieti vigenti nella Riserva Naturale” anche perché l’Ente gestore non sembra che abbia tenuto mai conto delle “Misure di tutela di specie ed habitat di importanza comunitaria” (Art. 10 del Regolamento), “l’Ente gestore è onerato di attuare speciali misure di tutela atte a garantire l’integrità dell’habitat, vietando tutte le attività che possano recare disturbo…….”; non sembra che abbia tenuto mai conto dell’Art. 13, “Norma finale: Nella Riserva è inoltre vietata ogni altra attività che possa compromettere la protezione del paesaggio, degli elementi naturali, della vegetazione e della fauna”. Sarà stata la disattenzione, la smania degli Enti pubblici, gestori delle riserve naturali, di fare girare l’economia, che hanno dato corpo ad un sistema di protezione del patrimonio naturale regionale che fa acqua?
A pensarlo non è solo il sottoscritto, ma anche solerti Dirigenti regionali del Servizio del Dipartimento regionale Ambiente che soprintende ai Parchi e alle riserve naturali regionali. Uno dei più noti di questi, a proposito della vigilanza e dei controlli nelle aree naturali protette, non si è trattenuto dal dichiarare: “E’ necessario vigilare con la presenza fisica: nei posti civili basta un cartello. Qui non è così”. Ed ancora un Dirigente generale a proposito degli enti gestori, ad esclusione di uno, data: “la volontà di questo di separare la gestione amministrativa dalla politica attiva, operazione nella quale altre associazioni ambientaliste non riescono……”, come si può leggere a pag. 9 del Quotidiano di Sicilia dell’1/2/2008. E da allora, la situazione sembra peggiorata.
Enzo Sciabica

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