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03/07/2024 14:33:00

Favoreggiamento e calunnia, indagato l'ex presidente del Tribunale di Marsala 

 L'ex presidente del Tribunale di Marsala, Gioacchino Natoli, pm del pool antimafia di Palermo,  è indagato a Caltanissetta per favoreggiamento alla mafia e calunnia e sarà interrogato il prossimo 5 luglio dal pool stragi della procura nissena. La vicenda giudiziaria nasce dal filone su "Mafia e appalti" che avrebbe accelerato la strage di via D'Amelio nella quale vennero uccisi Paolo Borsellino e la sua scorta.

Natoli avrebbe insabbiato elementi dell'inchiesta a Massa Carrara - poi confluiti nel 'Mafia e appalti' - nell'ambito della quale gli inquirenti avevano intercettato diversi imprenditori per dimostrare che gli affari di Cosa nostra si muovevano in Sicilia, ma anche in Toscana. Natoli avrebbe agito in concorso, secondo le accuse, con l'ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco (deceduto) e con l'allora comandante della Guardia di Finanza Stefano Screpanti.
Lo scorso anno su ordine della procura di Caltanissetta le bobine dell'indagine di Massa Carrara - che inizialmente si era detto che erano state distrutte - sono state portate nella sede del Ros di Roma e qui è iniziato l'ascolto di tutte le conversazioni. Un anno dopo l'avvio delle operazioni i primi indagati della procura nissena.


Natoli è stato invitato a presentarsi dinanzi alla procura di Caltanissetta per fare fronte alle gravi contestazioni dei magistrati nisseni, su tutte "l'aggravante di aver agito al fine di favorire l'associazione mafiosa denominata Cosa nostra con riferimento - come emerge dall'invito "a presentarsi davanti al pm quale persona sottoposta alle indagini' - agli interessi della stessa nel settore dell'aggiudicazione degli appalti (operazione gestita unitamente al mondo imprenditoriale e a quello della politica)".


In relazione al reato di calunnia, Natoli, mediante "brevi note di chiarimento", datate 23 gennaio 2024, "inviate spontaneamente" alla procura di Caltanissetta a mezzo pec il 6 febbraio scorso, avrebbe affermato "falsamente" che fosse stato compiuto "il reato di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici"); segnatamente, "sostenendo che la locuzione manoscritta 'e la distruzione dei brogliacci', vergata sul provvedimento di smagnetizzazione delle bobine delle intercettazioni telefoniche eseguite nel procedimento penale n. 3589/1991, recante la sua firma e depositato il 25 giugno 1992, era stata apposta dopo il deposito dell'atto presso la segreteria del Centro intercettazioni telefoniche", incolpando "l'allora responsabile amministrativo di tale ufficio, che aveva ricevuto il provvedimento del delitto di falso materiale, pur sapendolo innocente".


Con "la circostanza aggravante", si legge ancora nell'invito a presentarsi notificato a Natoli, "di aver commesso il fatto per nascondere il reato di favoreggiamento alla mafia, "in quanto in concorso con l'allora procuratore Pietro Giammanco", quale "istigatore"; con "l'allora capitano della Guardia di finanza Stefano Screpanti, quale coesecutore materiale", "aiutava Antonino Buscemi, Francesco Bonura, Ernesto di Fresco, nonchè Raoul Gardini, Lorenzo Panzavolta, Giovanni Bini (gli ultimi tre al vertice del cosiddetto Gruppo Ferruzzi) ad eludere le investigazioni dell'autorità".


In questo modo, secondo la procura nissena, "insieme al capitano Screpanti, svolgeva, in seno al procedimento penale n. 3589/1991 R.G.N.R.Mod.21 della procura di Palermo, una 'indagine apparente', richiedendo, tra l'altro, l'autorizzazione a disporre attività di intercettazione telefonica per un brevissimo lasso temporale (inferiore ai 40 giorni per la quasi totalità dei target) e solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione, per assicurare un sufficiente livello di efficienza delle indagini".


Natoli avrebbe disposto "d'intesa con l'ufficiale della Guardia di finanza, che non venissero trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato, dalle quali emergeva la 'messa a disposizione' di Di Fresco in favore di Bonura, nonchè una concreta ipotesi di 'aggiustamento', mediante interessamento di Di Fresco, del processo pendente innanzi alla Corte d'Assise di Appello di Palermo, sempre a carico di Bonura, nonchè di Stefano Fontana e Vincenzo Di Maio per il duplice omicidio Chiazzese-Dominici".


E non avrebbe avviato "alcuna indagine nei confronti degli imprenditori Luciano Laghi e Claudio Scarafia, "sebbene i due fossero risultati a completa disposizione di Francesco Bonurace dei suoi familiari". Avrebbe poi richiesto l'archiviazione del "procedimento penale n. 3589/ 1991 Mod .21" della procura di Palermo "senza curarsi di effettuare ulteriori approfondimenti e senza acquisire il materiale concernente le indagini effettuate dalla procura della Repubblica di Massa Carrara; infine, per occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche, ha disposto la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci.

Con l'aggravante di aver agito al fine di favorire l'associazione mafiosa denominata cosa nostra con riferimento agli interessi della stessa nel settore dell'aggiudicazione degli appalti (operazione gestita unitamente al mondo imprenditoriale e a quello della politica").