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27/06/2024 06:00:00

Strage di Ustica. I figli di una delle vittime: “44 anni dopo è l’ora di dire la verità”

 “Dopo 44 anni ci manca ancora un pezzo di verità. Sapere chi è stato e cosa è successo a nostro padre e agli altri passeggeri”.

Enzo e Claudio Bosco, figli di Alberto Bosco, una delle 81 vittime della Strage di Ustica, non si arrendono. E anche oggi, a 44 anni dalla strage del Dc9 Itavia, chiedono verità e giustizia. Claudio aveva 7 anni, Enzo appena 18 mesi, quando la sera del 27 giugno 1980 il padre non arrivò a casa. Inghiottito nel Tirreno meridionale, a poche miglia dall’isola di Ustica, insieme alle altre 80 persone a bordo del volo Bologna-Palermo.
Una famiglia, Bosco, di Valderice, che ha sempre creduto nelle istituzioni. Nonostante le verità nascoste, nonostante i depistaggi. “Nostra madre è stata ineguagliabile - raccontano i fratelli Bosco - ha sempre creduto nelle istituzioni, ma non abbiamo avuto niente in cambio. E’ l’ora di dare dignità alle vittime, di sapere la verità”. 44 anni di indagini, 44 anni “di lotta civile. Fino a quando la verità non verrà fuori i nostri cuori non potranno avere pace. Vogliamo sapere chi è stato ad abbattere l’aereo”.


Sulla strage di Ustica c’è anche un museo, a Bologna. Un museo della memoria in cui è stato ricostruito l’aereo. “C’è il dolore da parte di tutti quei familiari di quelle persone che erano davanti ai radar, gli siamo vicini perchè anche per loro non sarà stato facile. Ma adesso lanciamo un messaggio, di dire la verità, ci vuole coraggio, ed è il momento di dire basta”.
Qui l’intervista integrale ai fratelli Bosco.

 

 


Cos’è successo
Erano le 20.59 del 27 giugno 1980, quando il Dc9 dell’Itavia, in volo da Bologna a Palermo, con settantasette passeggeri a bordo e quattro membri dell’equipaggio, sparì improvvisamente, inabissandosi nelle acque dell’isola di Ustica, nel Mar Tirreno meridionale. In quell’esatto momento, l’aereo civile perse il contatto con il Centro di Controllo d’area di Roma Ciampino, da dove gli operatori ne stavano seguendo il regolare tragitto. Poi, il nulla, fino al mattino successivo, quando furono ritrovati i resti del velivolo e i resti soltanto di alcune delle persone a bordo. Non si salvò nessuno. Quella notte, persero la vita ottantuno persone. Da quella notte, sono trascorsi 44 anni anni e la verità, tutta la verità sulla strage di Ustica, non è ancora stata conosciuta. E, probabilmente, non la si conoscerà mai.


Le ultime indagini
La Procura di Roma riaprì le indagini nel giugno del 2008, dopo aver convocato e sentito come testimoni il presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, e Giuliano Amato, ai tempi sottosegretario alla presidenza del Consiglio. L'iniziativa fece seguito alle dichiarazioni di Cossiga, secondo il quale ad abbattere il DC 9 sarebbe stato un missile "a risonanza e non ad impatto", lanciato da un aereo della Marina militare francese. Agli atti dell'indagine ci sono i verbali di audizione di alcuni piloti francesi, che hanno confermato come quella notte fu intenso il traffico aereo dalla base militare in Corsica. In una sentenza del 2013, poi la Cassazione afferma che la tesi del missile "è abbondantemente e congruamente motivata" e che il fallimento della società Itavia potrebbe essere legato alla "significativa attività di depistaggio" messa in atto negli anni intorno alla vicenda.
Le perizie hanno stabilito che il Dc9 dell'Itavia sarebbe stato abbattuto dall'onda d'urto di un missile, che è esploso a poca distanza dalla fusoliera. Esclusa, quindi, la pista della bomba a bordo, una delle ipotesi inizialmente contemplate, come pure l'idea di un cedimento strutturale del velivolo, oppure di una collisione con un altro aereo militare.


Il contesto
In quegli anni, era in corso una guerra dichiarata tra Italia, Malta, Libia, Francia e Stati Uniti, per il controllo dei giacimenti petroliferi del Mediterraneo e la sfera di influenza di Malta, allontanatasi dagli USa per tenere una posizione di neutralità e, quindi, avvicinatasi dapprima alla Libia di Gheddafi e poi all'Italia. In quello stesso periodo, il Tirreno meridionale, era usato dalla Nato per esercitazioni militari. In questo scenario, quindi, si verificarono scontri armati nei cieli e nei mari di quell'area geografica.