La Procura della Repubblica di Marsala ha fatto appello avverso la sentenza che ha visto assolta, in Tribunale, la 43enne mazarese Laura Bruno dall’accusa di molestie. Un fatto abbastanza insolito, il ricorso in appello, per un reato, in fondo, non gravissimo. Evidentemente, per la pubblica accusa, ci sono i presupposti per non arrendersi al verdetto di primo grado.
Secondo il capo d’imputazione, la donna (assolta lo scorso 2 febbraio dal giudice monocratico del Tribunale di Marsala con la formula “perché il fatto non sussiste”), a partire dal luglio 2019 “con l’utilizzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, recava ad Arangio Giuseppe Maria molestia e disturbo, ed in particolare effettuando diverse chiamate sull’utenza telefonica in uso al predetto, nonché inviandogli vari messaggi dal contenuto anche sulla piattaforma Whatsapp”. Giuseppe Maria Arangio (fondatore e presidente del Cum: Centro uomini maltrattati), è l’ex marito di Laura Bruno. Ad assistere l’uomo, parte civile nel processo, è l’avvocato Vincenzo Forti.
Nel suo ricorso in appello, il pm Maria Milia parla di “erronea valutazione di elementi di fatto ed erronea applicazione di principi di diritto”. Ed inoltre di “illogicità, carenza e contraddittorietà della motivazione” della sentenza di assoluzione. Pertanto, chiede alla Corte d’appello la condanna della donna.