Elezioni europee terminate, occhi puntati sul rimpasto di giunta ma soprattutto sulle nomine in sanità, che adesso dovrebbero essere definitivamente ratificate.
I commissari delle Asp potrebbero passare alla nomina piena di manager. Lunedì si discuterà di questo proprio durante la convocazione della giunta, sono 18 i direttori generali, designati a gennaio, a Trapani Ferdinando Croce riveste i panni ancora del commissario, questo vale anche per Daniela Faraoni a Palermo, Giuseppe Laganga Senzio a Catania, Giuseppe Cuccì a Messina, Giuseppe Capodieci ad Agrigento, Salvatore Lucio Ficarra a Caltanissetta, Mario Carmelo Zappia a Enna, Giuseppe Drago a Ragusa, Alessandro Caltagirone a Siracusa.
Questa partita si accosta a quella degli assessorati, nel rimpasto di giunta che la posizione di Giovanna Volo, attuale assessora alla Salute.
Il Movimento Cinque Stelle incalza la maggioranza di governo: "La Sicilia agonizza. La siccità sta facendo danni incalcolabili e il rischio incendi presto si potrebbe trasformare in emergenza incendi. La ricreazione della campagna elettorale è finita ed è ora di pensare ai problemi dell'isola e non a come riassemblare i pezzi della macchina di governo regionale per accontentare i
partiti della maggioranza. Se Schifani deve fare un rimpasto lo faccia subito, non possiamo aspettare l'insediamento del Parlamento europeo a metà luglio perché qualcosa si muova a palazzo d'Orleans secondo i desiderata dei suoi alleati”.
E’ netto il capogruppo del M5S all'Ars Antonio De Luca, che continua: “È già scandaloso che da metà aprile siamo senza assessore all'Agricoltura in un momento più che drammatico per questo settore e che i manager della sanità, solo nei prossimi giorni, dopo mesi di attesa e risse nella maggioranza, a quanto sembra, potrebbero essere finalmente nominati con decreto per cercare di porre rimedio ai tanti disastri della sanità pubblica siciliana, quali i pronto soccorso intasati, le infinite liste d'attesa e la carenza di organici medici e infermieristici. Ricordi, Schifani, qualora lo avesse dimenticato, che quelli a cui deve dare risposte non sono i deputati che lo sostengono, ma i siciliani”.
Equilibri che dovranno fare i conti con gli eletti, con chi ha contribuito, ad esempio, a consolidare il consenso in Forza Italia, DC e MPA. Marco Falcone, secondo degli eletti con 100 mila preferenze, ha tenuto a sottolineare che: “Il partito che il presidente Berlusconi ha fondato nel 1994 cammina oggi sulle nostre gambe, nel solco dei valori e del messaggio liberale di sempre. Per molti FI doveva essere liquidata, oggi invece miglioriamo ovunque le nostre percentuali, sia rispetto alle ultime Europee, che alle Politiche. Gli elettori, per quanto ci riguarda, hanno poi riconosciuto la nostra azione di buongoverno, le battaglie di questi anni. Il popolo azzurro si è così espresso premiandomi con oltre 100mila voti in Sicilia e Sardegna. Un consenso diffuso ovunque, ottenuto senza apparati alle mie spalle, né protesi artificiali. Ora lasceremo i conti in ordine all'Assessorato all'Economia, varando la manovra correttiva con gli aiuti ai Comuni e alle imprese siciliane, per poi a luglio insediarci a Bruxelles”.
Infine ha ricordato il risultato del partito e quello suo personale: “A livello nazionale siamo al 10 per cento, in Sicilia addirittura al 23,7 per cento. Forza Italia deve proseguire nell'aggregazione di tutti i popolari e i liberali che si riconoscono nel Ppe, caratterizzandosi per il pluralismo e la lealtà nel confronto, sia con gli avversari che negli equilibri interni. Questo sta già
avvenendo a Roma, sotto la saggia e determinata guida del segretario nazionale Antonio Tajani. Davanti a noi, infatti abbiamo due obiettivi come partito: da un lato rafforzare l'azione in Regione, attraverso uomini autorevoli e realmente rappresentativi del nostro partito, per dare seguito al buongoverno di questi anni. Dall'altro, proseguire nel radicamento di Forza Italia in Sicilia, facendo prevalere il merito e facendo funzionare il partito al meglio, con equilibrio ed equità per tutti. Come ha affermato più volte Tajani, il
partito non è né un autobus, né un albergo a ore, né tantomeno una caserma dove vige il pensiero unico”.