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14/06/2024 06:00:00

Dopo il voto e la vittoria, ora la decisione di Tamajo e Forza Italia: Bruxelles o Palermo?

 Si è schierato durante la campagna elettorale Renato Schifani, niente imparzialità per il presidente della Regione, ha puntato le fiches su Edy Tamajo e ha vinto. E’ stato il primo degli eletti, è andato oltre le 122mila preferenze. Un big del consenso che ancora non ha deciso se restare in Regione o volare a Bruxelles.

Su Tamajo si sono misurati in tanti, cercando pure di spacciare il risultato elettorale per proprio, i dati rilevati nelle varie sezioni dicono però il contrario: Tamajo, che è assessore ancora alle Attività Produttive, è uomo di ambiente calcistico per questo motivo conosciuto in ogni piccolo centro della Sicilia, tiene rapporti ovunque.

Nel trapanese a sostenerlo l’avvocato Luigi Pipitone, la consigliera comunale di Trapani Grazia Spada, una serie di imprenditori, altri politici di Salemi che non sono forzisti, solo per citarne alcuni. Poi a sostenere Tamajo i vertici di partito Toni Scilla e la consigliera Elia Martinico, migrano pure verso l’azzurro assessore candidato i voti di una parte della DC,  basta dare una attenta lettura alle schede elettorali scrutinate.

L’accettazione del seggio al Parlamento Europeo o l’eventuale decisione di restare a Palermo è questione di equilibri interni al popolo forzista, dialogo aperto infatti con i vertici nazionali e con lo stesso Schifani. Tamajo potrebbe restare in giunta ma migrare verso altro assessorato, si guarda con attenzione a quello alla Salute, del resto l’attuale assessora Giovanna Volo in bilico c’è da sempre.

Se Tamajo lascerà Palermo l’ingresso in ARS è previsto per il primo dei non eletti, Francesco Cascio. Andrà via invece con certezza Marco Falcone, che lascia il posto in giunta ma anche in ARS, in arrivo a sostituirlo Salvo Tomarchio. La delega al Bilancio è delicata, il suo successore dovrebbe essere legato all’aria di Maurizio Gasparri e Giorgio Mulè, Schifani però ha già detto che vorrà decidere in autonomia.

Tempo di riflessioni anche in casa Cinque Stelle, la sconfitta pesa, Giuseppe Conte è un leader ma dietro di lui c’è il deserto, si è accorto che non basta più essere grillini per essere eletti e aprire il Parlamento con spot da scatoletta di tonno, c’è bisogno di competenza e di ramificazione sui territori. Meno urla e più concretezza. Il Movimento, insomma, deve svestire i panni di una rivoluzione perenne e incardinare quella del partito che ha una visione e anche una struttura.

E poi ci sono Azione e Italia Viva, in questo momento a livello nazionale i tentatavi di riunire i moderati in una unica area riformista è in campo. Il fatto molto semplice è che un terzo nome per il terzo polo sembra il titolo di una saga, si sa l’inizio e ancora non ci si arrende alla fine.

Carlo Calenda guarda al perimetro del centro sinistra e lo ha detto ai suoi al nazionale, con maggiore opposizione al governo guidato da Giorgia Meloni. Italia Viva pare, invece, che con l’area del PD abbia del tutto chiuso anche se le nostalgie possono attecchire ancora. Prossimo appuntamento di partito è il congresso di autunno a cui si è già candidato Luigi Marattin. Obiettivo: riunificare IV e Azione insieme ai Libdem, +Europa e altri cespugli da zero virgola qualcosa.
In Sicilia poi il problema più grande, quel terzo polo di cui si parla a parte i renziani è proprio inesistente. E le forze di centro hanno un margine di manovra e di legittimità politica.