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14/06/2024 06:00:00

14 giugno 1986: la posa della prima pietra del Monumento ai Mille a Marsala

Un'immagine che, a suo modo, racconta un pezzo di storia, non solo locale. E' la foto scattata a Marsala il 14 Giugno del 1986. Quel giorno arrivò a Marsala il primo garibaldino d'Italia, Bettino Craxi, allora all'apice del suo successo. Era presidente del consiglio e venne a inaugurare i lavori, con la posa della prima pietra, del Monumento a Giuseppe Garibaldi e ai Mille, un'opera che la città attendeva da più di un secolo per celebrare gli eroi che fecero l'unità d'Italia.

L'immagine riemerge ora dagli archivi del defunto leader socialista, acquisiti al Senato. Quel giorno, venendo a Marsala, Craxi, raccontano le cronache, pronunciò una frase fatidica: "Spero che quest'opera non diventi l'ennesima incompiuta".

Ci aveva visto giusto. Dopo due anni si scoprirà, come abbiamo raccontato più volte su Tp24, che il monumento era totalmente abusivo. Da lì comincia una storia incredibile di ricorsi, leggine, sanatorie, che ha portato ad un nuovo monumento, un surrogato del progetto originario dell'architetto Mongiovì, irrealizzabile. Oggi, quello che chiamiamo "Monumento ai Mille" è di nuovo chiuso e abbandonato, in attesa che l'amministrazione batta un colpo. Qualche tempo fa il modellino di quello che doveva essere il visionario progetto di Mongiovì è stato anche esposto in consiglio comunale.  

La storia del Monumento ai Mille di Marsala su Tp24 l'abbiamo raccontata spesso. Qui c'è un approfondimento. La “prima pietra” del Monumento, apprezzato per l’arditezza delle dimensioni, per l’essenzialità della concezione compositiva e per la maestosità architettonica, viene posta con solennità il 14 giugno 1986 dal Presidente del Consiglio Bettino Craxi, cultore delle vicende risorgimentali, ma l’opera avviata, nonostante il cospicuo finanziamento regionale ottenuto per l’interessamento del concittadino on. Pietro Pizzo, si arresta al solo basamento comprendente dei vani da destinare ad attività culturali, con prospettive di animazione sociale e di incremento turistico.

Il progetto dell'architetto Emanuele Mongiovì prevedeva "due poppe di nave, in travertino e a grandezza quasi naturale, che si fondono in una sola prua a ricordare i due bastimenti dell’impresa, il Piemonte e il Lombardo, convergenti nell’unicità del Risorgimento". Misure: 70 metri di lunghezza per 26 di larghezza. Più «un albero maestro che si innalza per 47 metri». Più le vele: «Un panneggio marmoreo di 550 metri quadri. A prua, svettante per 5 metri, Giuseppe Garibaldi».

A fermare i lavori concorrono viluppi intricatissimi tra diverse istituzioni arroccate ciascuna nelle proprie competenze (Enti locali, Sovrintendenze, Demanio marittimo) e difficoltà tecniche per il rivestimento della struttura con lastre di marmo bianco con incastri a coda di rondine di non facile reperimento. In tutta questa vicenda il fatto paradossale è la scoperta che il monumento sorge non su un’area comunale ma sul demanio marittimo e quindi si tratta di una costruzione abusiva.

Con fatica e compromessi vari l’opera viene sanata e se ne limita il completamento col divieto tassativo di ulteriori elevazioni sul basamento realizzato. Si deve alla Giunta del sindaco Renzo Carini il tentativo di recuperare il manufatto, divenuto frattanto una discarica e un esteso laboratorio dei writers. Viene indetto un concorso di idee che suggerisca come utilizzare il basamento del Mongiovì con l’aggiunta di elementi architettonici che si richiamino ai Mille. E’ il giovane architetto catanese Ottavio Abramo ad aggiudicarsi l’incarico con il progetto denominato “Mille luci”, consistente nel collocare sul basamento due murate con il nome, cognome ed anno di nascita di tutti i 1089 volontari sbarcati a Marsala.

La ripresa dei lavori per il completamento dell’opera la si deve al Sindaco Alberto Di Girolamoil quale non ha esitato a destinare al monumento la somma ricevuta dalla Città di Marsala quale indennizzo dei danni subiti per la chiusura dell’aeroporto “Vincenzo Florio” al traffico civile durante le tensioni con la Libia.

Certamente il non aver realizzato compiutamente il progetto Mongiovì è stata una disfatta sotto molti punti di vista: estetico, monumentale, evocativo, simbolico e storico. E’ stata una disfatta emblematica anche dell’affievolirsi dei sentimenti e delle motivazioni ideali che nel tempo non trovano consensi diffusi e persistenti vincoli con le patrie memorie.