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14/06/2024 20:30:00

Messina Denaro: il procuratore De Lucia: "Cerchiamo le talpe"

Nel corso della sua trentennale latitanza, il boss mafioso Matteo Messina Denaro ha potuto contare su una rete di protezione che si è evoluta nel tempo. "Quelli che lo proteggevano 30 anni fa non sono gli stessi che lo hanno protetto fino al giorno della sua cattura, o quasi", ha dichiarato Maurizio de Lucia, Procuratore capo di Palermo, che coordina l'inchiesta sui favoreggiatori del boss mafioso arrestato il 16 gennaio 2023 e morto lo scorso settembre a causa di un tumore.

La rete di protezione - Dopo la cattura di Messina Denaro, gli inquirenti sono alla ricerca di chi ha permesso all'ex latitante di sfuggire alla giustizia per così tanto tempo. De Lucia ha sottolineato come anche pezzi dello Stato abbiano aiutato Messina Denaro, proprio come accadde per Bernardo Provenzano. "Questa rete di fiancheggiatori c'è stata e c'è", ha spiegato il Procuratore, aggiungendo che alcuni dei nomi già individuati sono di professionisti di alto livello.

Il sostegno al boss non proveniva solo dalla famiglia di sangue, ma anche dalla "famiglia" mafiosa, che includeva insospettabili professionisti. Tra questi, Laura Bonafede, maestra di Campobello di Mazara e sentimentalmente legata a Messina Denaro. La Procura di Palermo ha chiesto per lei 15 anni di carcere per associazione mafiosa. Bonafede, figlia del boss Leonardo e cugina di Andrea Bonafede, il geometra che ha prestato l'identità al boss durante l'ultima fase della sua latitanza, sarebbe stata un pezzo fondamentale del meccanismo di protezione.

La sentenza di condanna a 14 anni di reclusione per Andrea Bonafede, il geometra che prestò l'identità a Messina Denaro, porta a cinque il numero delle condanne per i personaggi vicini all'ex superlatitante. La rete di protezione coinvolgeva anche la figlia di Laura Bonafede, Martina Gentile, ai domiciliari per favoreggiamento e procurata inosservanza della pena.

Nei giorni scorsi, al Tribunale di Marsala, si è tenuta una nuova udienza del processo contro un altro presunto fiancheggiatore del boss, il medico Alfonso Tumbarello, accusato di aver prescritto oltre 130 ricette a Messina Denaro. Tumbarello ha dichiarato in aula di essere stato ingannato, credendo di curare un paziente di nome Andrea Bonafede affetto da un tumore al colon. La Procura, però, sostiene che Tumbarello fosse pienamente consapevole dell'identità del vero malato.

La ricerca dei fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro continua, con l'obiettivo di smantellare completamente la rete di protezione che ha permesso al boss di rimanere latitante per tre decenni. "Lo sforzo investigativo è di ricostruire quello che è successo, a cercare le talpe di un tempo e più recenti, quelli che gli hanno dato protezione anche per un solo giorno", ha concluso il Procuratore de Lucia.