Avrebbero voluto parlare, ma decidendo loro a quali domande rispondere o facendo dichiarazioni spontanee.
Il presidente del collegio giudicante, però, il giudice Vito Marcello Saladino, seppur garbatamente, ha fatto notare che le regole del processo non le decide chi è chiamato a testimoniare. A maggior ragione se si tratta di “imputati di reato connesso”. E’ saltata, così, al Tribunale di Marsala, la prevista deposizione dei cugini Andrea Bonafede (classe ’69 e ’63), entrambi arrestati con l’accusa di avere favorito la latitanza del boss Matteo Messina Denaro, chiamati dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo a testimoniare nel processo al 71enne ex medico di base campobellese Alfonso Tumbarello, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e falso in atti pubblici per avere redatto numerosi certificati a nome di “Bonafede Andrea”, classe ’63, per consentire al capomafia castelvetranese, poi deceduto, di potersi curare. Entrambi i cugini Bonafede, infatti, dopo qualche battuta, e dopo essersi consultati telefonicamente con i loro legali, hanno detto di volersi avvalere della “facoltà di non rispondere”.
Il più giovane dei due Bonafede, quello che andava nello studio medico Tumbarello a prendere i certificati medici per conto del cugino omonimo e che avrebbe accompagnato il boss ammalato per accertamenti diagnostici a Marsala e poi per il ricovero all’ospedale di Mazara, ha in particolare affermato che avrebbe parlato solo se poteva decidere lui a quali domande rispondere, mentre il cugino classe ’63, dopo avere affermato, rispondendo a una domanda del pm della Dda di Palermo Gianluca De Leo, che a Matteo Messina Denaro diede la sua carta d’identità “per potersi curare”, ed accennato a qualcosa di analogo per una casa, ha chiesto se poteva rendere soltanto dichiarazioni spontanee. In entrambi i casi, il presidente del collegio giudicante, Vito Marcello Saladino, ha loro risposto che quanto chiedevano non era consentito dalle leggi che regolano i processi. “Le dichiarazioni spontanee – ha, in particolare, spiegato il presidente Saladino al più anziano dei cugini Bonafede – le può fare nel suo processo”. Poi, è stato ascoltato un investigatore, il luogotenente del Ros dei carabinieri Fabio Fornara, che ha riferito sulle indagini condotte sui tentativi dell’ex sindaco Dc di Castelvetrano Tonino Vaccarino di entrare in contatto con Salvatore Messina Denaro tramite il dottor Tumbarello, sui rapporti politici tra quest’ultimo e Vaccarino (“entrambi massoni, però di una loggia legale”) e sulla candidatura all’Ars, nel 2006, con una lista a sostegno di Cuffaro. In aula anche le telecamere della Rai, autorizzata ad effettuare le riprese, ma solo a condizione che le parti dessero l’ok.
Ma la difesa (avvocati Sbacchi e Pantaleo) si è decisamente opposta e chi è stato chiamato a testimoniare ha preferito non farsi riprendere. Per la prossima udienza, il 10 giugno, è previsto l’esame dell’imputato. Nel processo sono parti civili l’Ordine dei medici della provincia di Trapani, l’associazione Antiracket e Antiusura di Trapani, entrambi rappresentati dall’avvocato Giuseppe Novara, l'associazione “Antonino Caponnetto” (l’avvocato Alfredo Galasso è rappresentato dalla collega Mariella Martinciglio), i comuni di Campobello di Mazara e di Castelvetrano. E’ la prima volta che l’Ordine dei medici di Trapani si costituisce contro un proprio iscritto.