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18/04/2024 07:50:00

Il mio ultimo saluto a Giuseppe Leone

Giuseppe Leone è morto, Peppino per gli amici.

Un umanista, un intellettuale autentico figlio del suo tempo che ha raccontato tanto della nostra Sicilia con la sua Leica a telemetro. Ha ascoltato molto, dote rara in assoluto e si affidava.

Ha attraversato in quasi settanta anni di lavoro un tempo difficilmente immaginabile oggi, e il suo archivio (circa trecentomila negativi ) a testimonianza di questa ricerca costante e continua. Ha raccontato la vita di strada del quartiere ai suoi esordi da giovane, di treni persi nelle nuvole di vapore, di bambini che giocavano ovunque e con poco. Un amore incondizionato per l’architettura, per la musica - suo padre organista in Cattedrale a Ragusa - la folgorazione come tutti quelli della sua generazione per il cinema francese e poi per la fotografia.

Le nostre strade si incontrarono grazie ad Enzo Sellerio, via Siracusa 50 interno 1 la sede della casa editrice e lì dopo una certa ora chi era a Palermo bussava ed entrava. Lo studio di Enzo ospitava, poi posti in piedi e quando mi succedeva cedevo il posto e ascoltavo, ora di fotografia ora di letteratura ora di niente assoluto e quel niente era alta formazione.

Ci lascia un affresco meraviglioso, con tutti i toni del bianco e nero - amava poco il colore - e questo lavoro potrà essere studiato dai sociologi, dagli storici dell’arte e dell’architettura perché nulla sfuggiva al suo sguardo.

Un giorno risalendo verso lo studio mi fece notare nel giardino della Cattedrale le morbide pieghe di una panchina in marmo, me ne parlava la indicava e con le mani sembrava plasmare la materia_credo siano in archivio ritratte con una luce pazzesca quasi drammatica, era un poeta. Un marmo una pietra che emozioni danno? A lui bastavano pochi fotogrammi, la fotografia e la luce le aveva in testa, il resto era un semplice click.
Dolce&Gabbana anni addietro chiesero a Peppino alcuni scatti, loro gli enfant terrible della moda che potevano tranquillamente farsi raccontare da Bruce Weber, Mario Testino, Ellen von Unwerth vollero lui: la loro visione globale collimava nella composizione apparentemente semplice di un ragazzo con una camicia bianca, o di una festa di paese, il suo canone compositivo di un rigore formale vero a tal punto che la Maison di moda spiazzò tutte le agenzie di pubblicità e comunicazione (grande spinta la diede anni prima Ferdinando Scianna, altro gigante assoluto con la sua moda dans la rue).

C’è uno fotogramma noto che ritrae i tre meridiani - Gesualdo Bufalino, Vincenzo Consolo e Leonardo Sciascia alla Noce - con lui e i suoi racconti negli anni che ci siamo frequentati ho riletto le opere di questi autori, ho conosciuto le loro debolezze (quelle che si potevano raccontare) e il suo saper stare in mezzo a quei giganti della letteratura italiana.

Ci lascia un patrimonio di luce e con quella da domani noi faremo i conti. L’archivio è all’interno di uno stabile e sembra quasi una casa fiamminga stretta e alta cielo-terra, e lì dentro memoria viva autentica, le sue camere oscure le macchine tutte perfettamente efficienti il salone dove ospitava fotografie di altri e il suo sontuoso archivio di negativi e stampe sublimi: che si tenga d’occhio questo tesoro che è di tutti, che non si disperda in questi tempi dove tutto ha la consistenza di niente.

Oggi è il tempo della luce e del lutto, e sia.

Con rispetto il mio ultimo saluto Giuseppe Leone, Peppino per gli amici

giuseppe prode



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