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18/03/2024 06:00:00

La Sicilia si spopola: giovani in fuga, scompaiono i borghi

 La Sicilia è tra le Regioni del Mezzogiorno che più soffre lo spopolamento, dove la pecentuale di aree classificate come interne, comuni non necessariamente lontani dal mare, supera il 70%. Qui l'assenza dei servizi sta accentuando il processo di impoverimento, vista la migrazione di giovani e l'innalzamento progressivo dell'età media.

Nel Nisseno c'è il caso di Gela con più di 72mila abitanti, centro classificato come periferico, perché manca una stazione ferroviaria con almeno duemila e 500 passeggeri al giorno. Vittoria nel Ragusano con poco di 62mila residenti, è classificato come intermendio per l'assenza di ospedale avanziati e stazioni. Tra i capoluoghi di provinca classificati come aree interne spicca Enna per la mancanza di una stazione ferroviaria. In assenza di provvedimenti per contrastare il fenomeno dello spopolamento in futuro andrà sempre peggio. La previsione da qui fino al 2030 è di un calo della popolazione italiana di circa 600mila persone.   

Italia sempre più spopolata, solo il 23% dei cittadini decide di continuare a vivere in zone interne, che compongono il 58% dell’intero territorio nazionale. Si allontanano cambiando residenza tutti gli abitanti delle zone interne che non godono di medesimi servizi di chi abita in città, a spopolarsi sono perlopiù le zone interne del Meridione. Eppure i borghi, 5.521 in tutta Italia, sono bellezza e tradizione, la mancanza di grandi centri commerciali e di sfruttamento massivo li rende vivibili e salubri. Dovrebbero attrarre non solo visitatori ma soprattutto persone che decidono di viverci, eppure accade esattamente il contrario.

La carenza di servizi essenziali legati essenzialmente alla scuola, alla sanità e alla viabilità rendono debole l’offerta, nonostante il periodo della pandemia da Covid avesse fatto riscoprire le piccole comunità come necessarie per lasciare le grandi città sempre più inquinate e affollate.

E’ nelle aree interne che si gioca il futuro dell’intero Paese, perché dai borghi possono partire progetti ed idee, tenendo presente che ogni area è diversa e che servono azioni mirate di welfare ma anche incentivi affinché chi non è residente decida di viverci senza sentirsi marginalizzato.

Nel corso degli anni si è assistito ad assenza di politiche nazionali adeguate che tamponassero l’emorragia. Anche i piccoli Comuni dovrebbero fare la loro parte, attingendo non solo alle risorse del PNRR ma anche ai fondi comunitari, dove si registra invece una non richiesta di partecipazione ai bandi, quasi certamente per mancanza di personale adeguato.

Investire nel campo del lavoro da remoto potrebbe portare ad una soluzione, che ha già funzionato molto bene durante il lockdown, una buona e seria proposta per evitare ulteriore spopolamento. Più un quarto della superficie italiana rischia di rimanere fuori da ogni opportunità di sviluppo, dunque non c’è bisogno di messaggi spot elettorali, dalla politica regionale e nazionale, intrisi di benaltrismo e sganciati dalla
realtà.

Ad onor del vero se piccolo è bello, a misura d’uomo, salutare, non sempre è dinamico. Al contrario spesso predomina il conformismo, un adeguarsi a un contesto sociale sempre uguale e riduttivo.



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