Giovanni Luppino, l'autista di Matteo Messina Denaro fu arrestato dai carabinieri del Ros il 16 gennaio 2023 nei pressi della clinica La Maddalena assieme al boss castelvetranese. Lo aveva accompagnato, come già aveva fatto tante volte nei mesi precedenti. Ieri, ad un anno e quasi due mesi dall'arresto, il gup di Palermo lo ha condannato per favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati, a nove anni e due mesi, meno rispetto ai 14 anni e 4 mesi chiesti dalla procura.
Luppino, secondo l'accusa, rappresentata in aula dai pm della Dda Piero Padova e Gianluca De Leo, ha inoltre chiesto soldi per conto del capomafia e, insieme ai suoi figli, (Antonino e Vincenzo) arrestati a febbraio scorso, ha curato spostamenti, traslochi e diversi aspetti organizzativi della latitanza del padrino di Castelvetrano. A Luppino la Procura aveva inizialmente contestato il reato di favoreggiamento, ma nel corso delle indagini l'accusa era stata modificata in associazione mafiosa.
Chi è Giovanni Luppino - 60 anni, imprenditore e commerciante di olive, Luppino fino al giorno dell'arresto - quando era stato sorpreso a Palermo, assieme al boss, in possesso di un coltello a serramanico della lunghezza di 18,5 cm, e di due cellulari posti in modalità aereo prima di essere spenti - era incensurato. Da tempo Giovanni Luppino gestiva insieme ai figli, un centro per l'ammasso delle olive nei pressi della periferia di Campobello di Mazara. Nell'attività di famiglia aveva il ruolo di intermediario tra i produttori e i grossi acquirenti che arrivavano in zona dalla Campania. Insieme alla produzione di olio, la famiglia Luppino aveva interessi economici anche nel campo dell'energia eolica. Nel 2014 un maxisequestro aveva colpito le attività economiche dei Luppino proprio in questo settore, considerato da sempre cruciale nelle attività imprenditoriali del boss latitante Matteo Messina Denaro.
La difesa di Luppino: "non lo conosco" - Luppino sin dal suo arresto si era sempre difeso dicendo che ignorava la vera identità del boss, e che stava facendo solamente un favore ad una persona amica di un conoscente, Andrea Bonafede, che voleva essere accompagnata per andare a fare le chemioterapia a Palermo.
La richiesta di pizzo - La versione di Luppino regge poco, c'è la conferma in tribunale durante il processo. E' stato chiamato a testimoniare un imprenditore che ha raccontato come lo stesso Luppino, a fine 2022, cercò di estorcergli del denaro dicendo che serviva per la latitanza di Messina Denaro. L'imprenditore lo mandò via, minacciandolo che avrebbe chiamato i carabinieri.
L'auto di Messina Denaro in un garage di Luppino - L'Alfa Romeo Giulietta nera, l'auto che aveva a disposizione il boss Matteo Messina Denaro, era stata trovata dalla polizia, vicino al terzo covo e alla casa di Giovanni Luppino, il suo autista. Nel borsello del capomafia i carabinieri avevano trovato una chiave di un'Alfa Romeo. Dal codice della chiave, i pm sono arrivati alla Giulietta.
"Sapevo chi era. L'ho aiutato per ragioni umanitarie", queste le parole di Giovanni Luppino, lo scorso dicembre in tribunale quando ha chiesto di essere ascoltato. "L'ho aiutato per ragioni umanitarie" - Da quel momento, consapevole della grave malattia del boss, Luppino lo avrebbe continuato ad accompagnare alle terapie. "Mi ha detto che stava morendo e l’ho aiutato per ragioni umanitarie". Il padrino gli avrebbe di volta in volta lasciato nella cassetta delle poste un biglietto con l'orario dell'appuntamento successivo. Anche questa versione per gli inquirenti, però, non era assolutamente credibile. Luppino ha negato di avere rapporti di frequentazione con Bonafede e con la cugina, la maestra Laura, arrestata, ma gli investigatori hanno scoperto che la donna è la madrina dei figli di Luppino.
Ha accompagnato Messina Denaro 50 volte in clinica - Dalle analisi delle celle telefoniche di Luppino, è emerso che avrebbe accompagnato Messina Denaro in clinica per ben 50 volte in due anni. Ma gli inquirenti hanno accertato che Luppino, avrebbe chiesto soldi ad alcuni imprenditori presentandosi come un emissario del padrino di Castelvetrano e che il denaro era destinato al boss. Circostanza confermata dai testimoni a cui l'autista del capomafia aveva chiesto le somme, che però hanno negato di aver pagato.