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10/03/2024 06:00:00

Tony Gentile e l'arte di far vedere il mondo

 Scrivo di un fotografo, un amico prima di tutto. Il suo compleanno il motivo di queste righe, un numero tondo importante e dove non si tirano linee, ma magari si guarda nello specchietto retrovisore di questo viaggio per un punto nave.

Fotografo per passione, professore in un istituto superiore poi ma al cuor non si comanda e si dimette dal posto fisso a sud, e questa è già una notizia e inizia a consumare scarpe raccontando. A scuola come molti studenti del tempo partecipa alle manifestazioni - contro il riarmo nucleare (la Sicilia aveva Comiso e Sigonella come basi di testate nucleari), per una scuola diversa e dall’altra parte del corteo una donna e un uomo sempre a raccontare fotografando: Letizia Battaglia e Franco Zecchin.

La passione è come un’onda, riesci a contrastare la prima forse, la seconda ma poi ti infili lì dentro e via nella corrente. Tony Gentile da Palermo, inizia nel 1989 collaborando col Giornale di Sicilia poi con altre agenzie nazionali, è un tempo in cui i quotidiani si vendono e dove le fotografie raccontano più di tanti articoli. E’ artigianato puro, torni dopo aver coperto la notizia e ti infili in camera oscura - sviluppo dei rulli e provinatura, e lì la verità ovvero se hai portato a casa la fotografia -, Henri Cartier Bresson sosteneva che l’istante decisivo era quando si riusciva a mettere in asse “testa occhio e cuore”.

Ci conosciamo da non so più quanti anni, molti, eppure è diventato famoso per una fotografia tristemente nota nel 1992; ma la testa mi diceva che dentro quell’archivio dietro anni e anni di mestiere c’era un filo rosso che va sotto il nome di poetica del raccontare. Fotografia umanista, so che già mi detesta perché gli do un’etichetta, ma lui fa parte a pieno titolo di quella Scuola di fotografia siciliana, famosa nel mondo. Qualche nome? Vado a caso, Enzo Sellerio, Nicola Scafidi, Giuseppe Leone, Letizia Battaglia, Ferdinando Scianna e credetemi faccio già torto a molti, ma non è questa la sede per elenchi generazionali, ma solo per dire che lui parte dai vicoli di casa sua - e il mestiere data la cronaca che raccontava, o lo imparavi correndo oppure era meglio fare altro. Decolla e diventa staff di una agenzia internazionale - Reuters - e dal quel momento, tre Papi, scioperi manifestazioni, Olimpiadi (estive e invernali), Campionati del Mondo di calcio e non solo e i suoi racconti occupano le prime pagine di mezzo mondo e non tutti riescono a toccare il cielo con un dito.

Ha carattere da vendere ma schivo fino all’inverosimile, si è reso conto tardi (lo posso dire) di aver costruito con quell’archivio un pezzo di storia italiana e non solo. E’ passato dall’analogico al digitale con leggerezza, perché è sempre la testa che fotografa… e scoprire storie fotografie dimenticate in negativi/files mai stampati è omaggio alla sua arte. Fotografare è raccontare in sottrazione, e così deve essere e se hai anche la ventura di vivere il dietro le quinte ovvero l’archivio capisci tanto su chi semplicemente spinge un tasto.

E’ quel tempo infinitesimale che neppure siamo in grado di pensare, loro questa razza meravigliosa i fotografi vedono non guardano e vanno oltre. Sanno quando abbassare la macchina fotografica, quando si può essere retorici e tutto questo richiede un mondo fatto di letture, di musica, di architettura di poesia visiva.

Questa forma d’arte, è una lama tagliente da qualunque lato la si prenda e ferirsi è un attimo: raccontare il dolore di un genitore, una strage, una smorfia di dolore fiero di un Papa impone regole rigide con se stessi, la gioia di una vittoria, un momento di confidenza complice e sorniona che la storia poi fa vivere ai più altrimenti. E’ un mondo complesso la fotografia, come scrivere un sostantivo un verbo una virgola stravolgono un periodo, qui è la luce un fuori fuoco un ritratto stretto e piccoli segreti del mestiere che poi restituiscono emozioni non comuni che la ritroviamo dentro un libro in una mostra in un museo in una prima pagina di un giornale.

Tony Gentile è una parte di quanto ho raccontato, ha avuto in dono la sorte e la capacità (come molti suoi colleghi del tempo) di essere nel posto giusto al momento giusto. Oggi non mi stupisco che cerchi la poetica di un paesaggio in una panoramica che sia urbano o dove una collina o un’onda del mare sono gli unici elementi di movimento di uno scatto. C’è un tempo per tutto, lui continua a consumare scarpe, inseguendo la fotografia che verrà perché quella sarà sempre la più bella. Auguri di cuore amico mio e grazie per le tue storie che sono diventate nostre, ad astra semper.

Giuseppe Prode

p.s. la fotografia tristemente nota del marzo 1992, è quella dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, divenuta icona di legalità e non solo il 20 luglio di quell’anno.



La Rubrica di Giuseppe Prode | 2024-07-14 06:00:00
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