Trapani. Il caso Iuventa, “ora bisogna indagare sulle indagini fatte male”
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Dai testimoni inaffidabili, alle informative della polizia distorte, le intercettazioni a tappeto, la mancata acquisizione di elementi chiave come le comunicazioni tra soccorritori e guardia costiera.
Fare luce sulle tante ombre della lunga inchiesta sulla nave Iuventa. E’ quanto hanno chiesto con una mozione congiunta gli avvocati di Iuventa, Medici Senza Frontiere e Save the children presentata al termine della lunghissima udienza preliminare del maxi processo alle Ong.
Un procedimento che si tiene al Tribunale di Trapani e coinvolte l'equipaggio della nave della ong tedesca "Jugend Rettet", accusato di favoreggiamento dell'immigrazione. L'imbarcazione fu sequestrata sette anni fa a dopo un salvataggio di migranti.
Il giudice ha annunciato che pronuncerà la sua decisione il 19 aprile prossimo. In seguito alla richiesta del pubblico ministero del non luogo a procedere, la difesa ha presentato un 'arringa finale, chiedendo non solo la chiusura del caso, ma anche il pieno riconoscimento della legittimità di tutte le azioni. La difesa ha inoltre richiesto di avviare un'indagine sulle circostanze del caso per stabilire chi sia responsabile per gli errori compiuti durante la fase investigativa e per le sue gravi implicazioni. “Il ministro degli Interni ha persino incaricato una sezione speciale della polizia di occuparsi delle indagini, il che indica una forte influenza politica”, scrivono le ong in un comunicato. Già nel 2019 le difese avevano presentato una corposa memoria per ottenere l’archiviazione.
Le quattro giornate conclusive dell'udienza preliminare del caso Iuventa sono iniziate mercoledì quando durante la presentazione delle memorie finali, il pubblico ministero, che è stato il primo a intervenire, ha richiesto il non luogo a procedere nei confronti dell'equipaggio nonostante abbia portato avanti il caso per quasi 7 anni. Tuttavia, la richiesta non si è basata sul riconoscimento che non siano stati commessi crimini, ma sul fatto che il dolo degli imputati non potesse essere sufficientemente provato. La richiesta della procura di archiviare il caso dice una cosa fondamentale: salvare vite in mare non è reato.
Le accuse, mosse nel 2017, si basavano su tre presunti casi di contatto tra l'equipaggio della Iuventa e trafficanti di migranti libici. I pm sostenevano che i soccorsi avvenissero in assenza di reale pericolo per i profughi, che venivano poi trasbordati sulla nave della ong scortati dai libici.
La Procura ha ora ammesso la "mancanza di credibilità dei principali testimoni" e l'assenza di prove concrete a sostegno dell'accusa
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