Gentile redazione di tp24, conosco bene il mondo agricolo e della viticoltura, ecco una mia riflessione e perché sono contro le proteste degli agricoltori.
Agricoltura tra i settori più inquinanti - La protesta degli agricoltori è un fenomeno complesso che richiede una profonda riflessione. Risulta sorprendente leggere su un giornale un articolo decisamente in controtendenza rispetto a quelli visti in questi ultimi giorni.
Gli agricoltori oggi protestano contro un ambientalismo estremista, un comportamento paradossale considerando che dovrebbero essere i primi a sensibilizzarsi sulle conseguenze del cambiamento climatico, dato che ne subiscono direttamente gli effetti. È incredibile sentir sostenere che la siccità non dipenda dall’uomo, quando è proprio l'attività umana a contribuire in modo significativo all'inquinamento globale, che a sua volta incide sull'aumento delle temperature.
Bisogna però dire che il settore agricolo risulta essere tra i più sussidiati. La tanto odiata Unione Europea ha stanziato, nel periodo 2007-2027, 1.319 miliardi di euro. L’obiettivo della Commissione non è quello di garantire un reddito a perdere agli agricoltori, bensì quello di rendere sostenibili le produzioni, riducendo l’impatto ambientale e migliorando la redditività delle aziende. Purtroppo sembra che molti agricoltori non abbiano compreso appieno questi obiettivi, e i fondi destinati all’agricoltura finiscono per proteggere il settore danneggiando il libero mercato e i consumatori finali.
Il vero problema del settore agricolo, oggi, va individuato nelle dimensioni ridotte e nella frammentazione delle imprese, fattori che le rendono meno competitive rispetto a nazioni come gli Stati Uniti e il Canada.
Le aziende agricole, specialmente quelle dedite alla produzione di uva o vino, beneficiano di diversi contributi, tra cui quelli destinati all'impianto di vigneti, agli investimenti aziendali e alla promozione dei prodotti al di fuori dell'Unione Europea. Il Programma di Sviluppo Rurale (PSR) prevede una vasta gamma di contributi, una quantità che non si riscontra in nessun altro settore. Inoltre, gli agricoltori possono usufruire del regime IVA forfettario, del gasolio agricolo a prezzi agevolati rispetto al comune gasolio utilizzato dagli autotrasportatori, e godono di benefici significativi riguardo alle imposte sui redditi e al lavoro dipendente stagionale.
Oltre le proteste. I veri problemi della viticoltura trapanese - Ci troviamo in giorni caldi sia dal punto di vista climatico che per quanto riguarda le proteste degli agricoltori. Questo momento suscita molte riflessioni.
Le mie parole saranno certamente accolte con critiche e disprezzo. Gli agricoltori, in particolare i viticoltori, sono purtroppo abituati a risolvere i loro problemi con sussidi anziché con soluzioni reali e a lungo termine, il che porta ciclicamente a proteste. La prima questione che desidero affrontare riguarda le dimensioni medie delle imprese agricole. Queste realtà, sebbene spesso gestite con passione e dedizione, si trovano ad affrontare significative limitazioni in termini di economie di scala e competitività sui costi. La mancanza di risorse e di capacità operative limitate ostacola la loro capacità di investire in tecnologie moderne e di adottare pratiche agricole innovative, mettendo a rischio la loro sostenibilità nel lungo termine. Le cooperative agricole, teoricamente concepite per unire le forze degli agricoltori e migliorare la loro posizione sul mercato, risultano attualmente inefficienti, mancando all'obiettivo di creare maggiore valore per i soci e difettando di idee che potrebbero rendere meno costose le produzioni.
In provincia di Trapani mancano esempi di centralizzazione dei costi - Nessuna cooperativa acquista materiali essenziali per la produzione agricola al fine di distribuirli tra i propri membri, né si adopera per mettere in comune risorse e attrezzature al fine di ridurre i costi individuali per ciascun socio. Un altro tema cruciale riguarda la programmazione sulle varietà colturali: allo stato attuale, la produzione agricola è affidata alle scelte del viticoltore, il quale spesso non ha competenze commerciali tali da poter fare scelte corrette. La cooperazione dovrebbe partire dagli impianti, in modo che gli stessi siano pertinenti alle richieste e allo sviluppo di determinati canali commerciali. È importante notare che le grandi aziende vitivinicole siciliane, che registrano consistenti profitti, operano nello stesso settore delle cooperative menzionate, usufruendo degli stessi aiuti e finanziamenti. È chiaro che nel percorso seguito dalle cooperative qualcosa non ha funzionato.
Il consiglio che vorrei dare ai viticoltori è di abbandonare la richiesta di sussidi che, seppur temporaneamente, alleviano i problemi. Se le aziende non sono strutturate, è preferibile considerare l'uscita dal mercato o unirsi in associazioni per aumentare la forza collettiva. Il cooperativismo non dovrebbe limitarsi al mero conferimento delle uve, ma piuttosto alla creazione di aziende agricole di dimensioni significative per ammortizzare i costi fissi. È cruciale, ora più che mai, investire nella ricerca di varietà di uva resistenti alla siccità, nell'automazione dei processi e nell'innovazione generale per rimanere competitivi in termini di costi. Se queste strategie non vengono adottate, è evidente che la nostra provincia rischia di diventare un vasto parco fotovoltaico.
La domanda che vorrei porre ai lettori è la seguente: "Perché il viticoltore medio trapanese riceve una remunerazione scarsa per le uve prodotte mentre le aziende agricole di dimensioni più grandi riescono a produrre ricchezza?” - La risposta è scontata: nella nostra provincia ci sono troppe aziende agricole di dimensioni ridotte, per le quali è insensato continuare a produrre uva in quanto non è possibile sfruttare economie di scala ed essere competitivi sul fronte dei costi con le aziende di dimensioni maggiori. Le cooperative non riescono a creare valore per i piccoli agricoltori, non ci sono esempi di accentramento dei costi, e l’agricoltore medio è diffidente nel supporre di usare la cooperativa come centrale da cui acquistare beni utili al ciclo produttivo o allo stesso tempo di mettere in comune dei mezzi per ridurre il costo pro capite. Le stesse aziende si ritrovano a gestire la sola produzione di vino e la rivendita, affidandosi spesso a mediatori, erodendo margini e senza una programmazione a medio-lungo termine. Nelle grandi cooperative del trapanese non c’è nessun programma delle varietà da impiantare, lasciando solo all’agricoltore la decisione di produrre in base alle rese, ottenendo prodotti di qualità inferiore alle potenzialità e con successive difficoltà nel confrontarsi con i competitor. L’unico obiettivo sembra essere quello di accaparrarsi la maggiore quantità possibile di uva per ammortizzare gli ingenti costi fissi che gravano pesantemente su strutture che vedono più che dimezzati gli ammassi rispetto alle scorse vendemmie.
Un’altra riflessione da fare riguarda gli investimenti fatti dalle cooperative e dai privati: indifferentemente dalle dimensioni e dalla forma societaria, le aziende agricole possono accedere ai fondi OCM. È dunque nelle modalità di spesa di questi fondi da ricercare parte delle colpe del settore cooperativistico che non ha minimamente retto il confronto con le aziende private. "Perché, pur appartenendo allo stesso settore, si è venuto a creare un divario così ampio tra queste tipologie di aziende?”
Il suggerimento è smettere di chiedere sussidi - Il suggerimento che, in conclusione, mi sento di dare ai viticoltori è quello di smettere di chiedere sussidi che risolvono i problemi solo temporaneamente. Qualora non si disponga di aziende strutturate, è bene considerare l'opzione di uscire dal mercato o associarsi per diventare più forti. Il cooperativismo non può limitarsi al semplice conferimento delle uve, ma deve partire dalla costituzione di aziende agricole di dimensioni considerevoli, in modo da poter ammortizzare i costi fissi che un’azienda deve sostenere. È importante oggi più che mai ricercare varietà resistenti alla siccità, automatizzare i processi e innovare in generale le imprese per essere competitivi sul fronte dei costi. Se queste linee guida non vengono seguite, sembra chiaro che la nostra provincia rischi di diventare un grande parco fotovoltaico.
Un lavoratore del comparto