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30/01/2024 06:00:00

Uccidere per insegnare ... a non uccidere

 di Katia Regina

La crudeltà elevata a metodo per fare giustizia. Quante volte abbiamo detto dinnanzi a crimini efferati: senza pietà. Dopo quanto accaduto in Alabama (è stata eseguita la prima condanna a morte al mondo con il metodo dell’inalazione di azoto, che secondo le Nazioni Unite potrebbe essere assimilato a “una forma di tortura”) sento che sia più sopportabile uno Stato con meno giustizia, piuttosto che un'umanità senza pietà.

Dovrebbe bastare un dato per fare abolire la pena di morte, quantomeno nei paesi cosiddetti democratici: si calcola che in oltre trent'anni negli Stati Uniti siano state condannate a morte trecento persone che probabilmente erano innocenti. Tra questi il caso più orrendo, quello di George Stinney, aveva quattordici anni nel 1944 ed è stato il più giovane a essere giustiziato negli Stati Uniti nel XX secolo. La sedia elettrica non era adeguata alla statura di un ragazzo, le cinghie non aderivano alle sue gambe, pesava solo 40 chili e la sua altezza superava di poco il metro e mezzo. Dopo la prima scarica da 2400 volt la maschera che gli copriva il viso saltò via mostrando gli effetti devastanti sul volto del ragazzo che qui vi risparmio. Ma il dettaglio più raccapricciante è un altro, per fare in modo che giungesse in altezza alla maschera qualcuno pensò bene di posizionare sulla sedia un grosso libro, ebbene il libro scelto fu La Bibbia. Ora io non so se il diavolo esiste, ma se davvero dovesse esistere era lì quel giorno a godersi lo spettacolo. La condanna a morte del giovane Stinney venne revocata 70 anni dopo.

A quanti non provano nulla dinnanzi tale racconto, quelli del senza pietà, per intenderci, proverò a porgere la questione da un punto di vista diverso, fermo restando la necessità della pena per quanti commettono crimini, pene congrue, ben distinte dalla vendetta istituzionalizzata.

La pena di morte è inutile!

Nessuno studio ha mai dimostrato che la pena di morte sia un deterrente più efficace di altre punizioni. Tra i tanti intellettuali promotori di campagne per l'abolizione della pena di morte vale la pena ricordare Albert Camus e Arthur Koestler, proprio quest'ultimo racconta quanto accadeva in Inghilterra a inizio secolo durante l'esecuzione pubblica dei borseggiatori: l'assembramento di spettatori diventava l'occasione perfetta per altri borseggiatori nonostante uno di loro penzolasse dalla forca.

Scrive Camus nelle sue Riflessioni sulla pena di morte:

 Rispondendo con la pena di morte al delitto lasceremmo le cose come stanno, vale a dire in preda al male consustanziale al mondo nel quale si verifica. È come se la vittima e il colpevole precipitassero entrambi nello stesso baratro; la vittima per mano del suo assassino, l’assassino per mano del boia che assassino lo è per procura. Con la pena di morte sembra quasi che lo Stato voglia ricostruire la scena del crimine e riscriverne l’esito, ma senza per questo poter garantire la salvezza alla vittima, insomma il nastro del tempo, per quanti tentativi si possano fare, non si riavvolgerebbe a vantaggio della vittima.

Con la crudeltà dell'esecuzione di Kenneth Smith in Alabama si è superato ogni limite. Era già scampato a un primo tentativo di esecuzione con l'iniezione letale, e pensare che c'è stato un tempo in cui se, per qualche motivo, il tentativo falliva si poteva anche sperare nella commutazione della pena, se non nella Grazia. Si interpretava l'evento come una sorta di segno divino, o qualcosa di simile, e questa cosa mi fa avvertire ancora un anelito di umanità anche in quanti infliggono la pena di morte. Ma questa cosa io già l'avevo imparata da mio padre che non ha mai studiato i grandi pensatori, era un metalmeccanico e amava profondamente il mare. Durante le sue battute di pesca subacquea non avrebbe mai sparato una seconda volta allo stesso pesce scampato al primo colpo, quel pesce meritava di continuare a vivere, mi ha insegnato, senza aggiungere alcuna spiegazione.

La pena di morte ancora esiste e viene applicata in 53 Stati del mondo, alcuni di questi considerati democratici, ma di questo non si parla quasi mai, salvo casi eccezionali. Conosciamo i dati grazie alle associazioni che monitorano la mancanza dei Diritti fondamentali dell'uomo: Amnesty International, Nessuno tocchi Caino, per citarne due, per il resto si preferisce non parlarne; se provate a scrivere pena di morte in un post su facebook il sistema lo rimuove, senza considerare il contesto, se non si può risolvere una questione è meglio non nominarla.

Consigli per la lettura: L'idiota di Dostoevskij

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