La novità di questi ultimi giorni sulla strage di via D’Amelio è l’agenda rossa. O meglio, la possibilità che questa possa spuntare da un momento all’altro, chiarendo finalmente chi e perché ha ucciso il giudice Borsellino, il 19 luglio del 1992.
Ci sarebbe un supertestimone, al quale l’anno scorso avrebbero proposto di custodirla e lui si sarebbe rifiutato.
Il nome del supertestimone è segreto, lo conosce soltanto la procura di Caltanissetta e gli addetti ai lavori. Come racconta Repubblica, non si tratterebbe né di un pentito di Stato e nemmeno di un ex mafioso. E’ una persona qualsiasi, “una come tante”, che nel marzo di quest’anno si presenta nella caserma dei carabinieri del Ros, dicendo che fino all’anno scorso l’agenda si sarebbe trovata nella cassaforte di un cognato dell’ex capo della Mobile Arnaldo La Barbera. Che però, quando questo cognato, nel settembre del 2022 è morto, la famiglia La Barbera avrebbe preferito che la tenesse qualcun altro. Uno esterno alla loro cerchia.
Il supertestimone queste cose le sa perché in quei giorni sua figlia gli avrebbe detto: “La mia amica Serena non si sente più di tenere una cosa di suo padre, che è morto nel 2002, era il questore di Palermo Arnaldo La Barbera. Potresti conservarla tu?”.
Lui le chiede di che cosa si tratti. E la figlia risponde: “E’ l’agenda rossa di Borsellino”.
Questo sarebbe successo a settembre dell’anno scorso. Ma l’uomo ne riferisce soltanto sei mesi dopo. Dice che aveva “un po’ di paura” ma che, dopo un colloquio con un generale e un avvocato, si sarebbe deciso a parlare. E dunque, nel settembre del 2023, dopo altri sei mesi dalla sua visita in caserma, i pm perquisiscono la casa di Roma della figlia di Arnaldo la Barbera. L’agenda rossa però non c’è. Perquisiscono anche la casa della moglie del superpoliziotto, a Verona, ma non trovano nulla nemmeno lì.
Il supertestimone dice anche che sua figlia gli ha raccontato un’altra cosa: la madre di Serena La Barbera, “su indicazione del marito prima di morire, ha usato la documentazione che nascondevano per fare assumere la figlia ai servizi di sicurezza”. Assunzione alla presidenza del consiglio in effetti avvenuta nel 2011. Ecco perché gli investigatori perquisiscono anche il suo ufficio, nella sede dei servizi segreti, l’Aisi. Ma niente, l’agenda rossa non c’è.
A questo punto, il supertestimone ipotizza che potrebbe averla proprio sua figlia. E suggerisce di controllare il garage del suo compagno. Non l’abitazione, ma proprio il garage. Anche lì però, nessuna traccia. E sui suoi rapporti con la figlia non proprio idilliaci, è lui stesso ad ammettere che in passato hanno litigato al punto da rivolgersi agli avvocati.
Il risultato di queste confidenze, alla fine, è un’indagine a carico della moglie e della figlia di Arnaldo La Barbera, per ricettazione e favoreggiamento con l’aggravante di aver favorito la mafia.
Se si dovesse credere a questo supertestimone, è come se la figlia dell’ex capo della Mobile (lo stesso che in passato ha creato il depistaggio attraverso il falso pentito Scarantino), avesse usato l’agenda rossa come ricatto per ottenere il posto di lavoro. Avrebbe ricattato la presidenza del consiglio del 2011? Se pensiamo che fino a metà novembre il presidente era Silvio Berlusconi, indagato e mai processato per le stragi del ’92 e del ’93, l’impressione è quella di trovarci davanti ad una storia già sentita.
La novità oggi è che, mentre cercavano l’agenda rossa, sono saltati fuori dei vecchi estratti conto di La Barbera, dove ci sarebbero diversi versamenti in contanti per milioni di lire.
Repubblica, scrive che La Barbera, a fine anni ’80 collaborava coi servizi (il Sisde) e che “il furto dell’agenda rossa e il depistaggio delle indagini sulla strage Borsellino con il falso pentito Scarantino, potrebbero essere state una missione affidata a La Barbera da ambienti deviati delle istituzioni”.
Certo, non si può fare a meno di chiedersi perché i familiari di La Barbera avrebbero proposto ad una persona qualsiasi di nascondere quell’agenda che tutti cercano da più di trent’anni.
L’impressione è quella di trovarsi di fronte ad una riedizione del teorema “trattativa Stato-mafia” come causa delle stragi del 92/93. Teorema bocciato al terzo grado di giudizio, che oggi sembra riprofilarsi all’orizzonte. Con i morti come principali responsabili. E con una storia che, almeno per il momento, definire curiosa sarebbe poco.
Egidio Morici