Salemi. Nel centenario della morte, il ricordo di Alberto Favara, pioniere dell’etnomusicologia
Una mattinata tutta dedicata alla figura di Alberto Favara, uno tra i piu’ illustri figli della città di Salemi. Teatro dell’incontro, l’Aula Magna dell’Istituto Comprensivo Statale Garibaldi.
Bene ha fatto il suo dirigente Salvino Amico ad avvalersi, senza por tempo in mezzo, del bando regionale emanato in piena estate.
E’ corretto sottolineare che il bando non e’ venuto dal nulla. Lo si deve ad un intervento di Pino Apprendi, ex deputato regionale, avanzata nel mese di giugno all’assessore Mimmo Turano.
“Sono state 46 le scuole che hanno risposto al progetto” - ci dice Apprendi- . grazie a questa disposizione assessoriale e’ stato possibile a questi istituti dell'isola di fare ricerca su questo illustre personaggio dimenticato da tutte le altre Istituzioni, a
100 anni dalla sua scomparsa, contribuendo alla formazione culturale e musicale.” Perché Apprendi? Presto detto. L’ex deputato non e’ noto solo per la sua lunga attività parlamentare e per il suo impegno di garante di detenuti, ma anche per il suo amore per la figura di Alberto Favara.
Tanto grande il suo amore da avere istituito alcuni anni addietro il Premio “Rosa Balisteri-Alberto Favara”. Un modo per onorare la memoria di due grandi protagonisti del canto popolare siciliano, ci ha detto. Ebbene. Questo premio e’ stato assegnato annualmente da un ventennio circa. E, caso abbastanza sorprendente, grazie ad una collaborazione tra l’Associazione che fa capo ad Apprendi e il Comune di Petralia Sottana. Proprio cosi. Un comune delle alte Madonie! E non Salemi che ha dato i natali al
musicista Favara. Una delle tante stranezze di questa isola pirandelliana.
Nella città del grande clarinettista Tony Scott , invece, si sono limitati ad intestargli una via e una banda musicale cittadina, peraltro non piu’operante. Mentre nelle altre città del trapanese manco questo, fatta eccezione per Valderice e Dattilo, la
frazione dei cannoli.
Per capire l’ignoranza (nel senso etimologico del termine) che regna attorno al personaggio “Favara”, pensate che una testata giornalistica della Valle del Belice, scrivendo di Favara, in occasione di questa ricorrenza del centenario ha pensato bene di definirlo un “grande artista nostro conterraneo” . Non cita la città natale, e definisce ‘Artista’ uno scienziato!
Come si vede, dopo un secolo, viene ancora ignorato chi fosse in realtà Alberto Favara e quale posto occupa nel mondo della cultura mondiale. Non sia che fu un grande studioso, uno scienziato di alto profilo internazionale e che, insieme
all’ungherese Béla Bartók, pose le fondamenta di una nuova disciplina scientifica, che ha dato il nome di “etnomusicologia” alla quella branca della musicologia che studia le tradizioni musicali orali dei popoli.
Ecco perché abbiamo valutato positivamente l’iniziativa intrapresa dalla scuola salemitana, il cui progetto presentato a approvato dalla Regione, non a caso, ha come titolo “Alla scoperta di Alberto Favara”. Proprio quello che occorre fare. Favara e Bartok, legati idealmente dalla passione per lo stesso tipo di studi, ma accomunati anche dal medesimo triste destino.
Non essere stati apprezzati in vita dai loro contemporanei come avrebbero meritato. Cosa che purtroppo accade ai grandi. Succede quasi sempre quando si precorrono i tempi, quando si e’ molto in avanti rispetto ai contemporanei. E non solo perché ad
entrambi non arrivò mai un riconoscimento economico. Bartók morì poverissimo e solo a New York, con appena una decina di amici al suo funerale. Favara non ebbe mai un riconoscimento morale ed economico adeguato. Fatto piu’grave per Favara, ove si pensi che, in quella metà dell’ottocento, dominava il movimento culturale del verismo che raccontava il popolo e i cui maggiori
rappresentanti, guarda caso erano tutti siciliani come lo erano Verga, Capuana, De Roberto e anche il Pirandello degli inizi.
Prima di Favara c’erano stati studiosi siciliani come il Pitrè, e Salomone Marino che avevano effettuato ricerche nel mondo del lavoro, dei contadini, degli usi e costumi popolari, ma avevano trascurato gli importanti legami tra vita popolare e musica e
poesia. Favara andò oltre. Approfondì gli aspetti metrici, storici, filologici, risalendo perfino ai collegamenti con gli antichi modi ellenici.
E tuttavia gli fu ripetutamente negata anche la direzione di quell'Istituto che, di fatto, per anni aveva retto con tanti risultati e successo. Vittima di troppe invidie in una città, da questo punto di vista, culturalmente provinciale, nonostante che la
Palermo dell’epoca oggi una certa moda ama dipingerla esclusivamente come “città europea dei Florio”. Definizione valida forse solo per le classi elevate caratterizzate da una notevole prosperità economica parassitaria e da una vita salottiera e
d’alcove.
L’opera completa di Alberto Favara, costituita da manoscritti e unificata nel “Corpus di Musiche Popolari Siciliane”, fu donata dalle figlie al Museo di Tradizioni Siciliane "G. Pitrè" di Palermo. Un percorso travagliato quello avuto dal “Corpus”, basti sapere che vide la luce solo nel 1957 con la pubblicazione da parte dell’Accademia Scienze, Lettere ed Arti di Palermo, a cura di Ottavio Tiby, suo genero.
Questo straordinario e pioneristico impegno purtroppo fu apprezzato soltanto da pochissimi contemporanei, come si e’ detto. Ma anche questi non seppero valorizzarne le motivazioni e il metodo, che restano ancora oggi in parte validi ed esemplari dopo più di cento anni. Un autentica pietra miliare dell’etnografia musicale in Italia e nel Mondo. Contiene 1089 melodie ascoltate, tra il 1898 e il 1905 circa, da Favara nelle campagne di Salemi, del trapanese e nei vicoli di Palermo, e da lui stesso trascritte e
commentate.
Un inestimabile patrimonio, un immenso archivio della vita popolare e del costume di un tempo in cui è possibile individuare influenze delle civiltà che si sono avvicendate in Sicilia nei secoli e che hanno lasciato la loro traccia anche nella musica.
La manifestazione salemitana si e’articolata in due fasi. Una lectio magistralis tenuta da Sergio Bonanzinga, professore di etnomusicologia dell’Università’ di Palermo. L’attenzione e’ arrivata al massimo quando sono state proiettate le testimonianze audiovisive di personaggi salemitani del passato.
L’emozione e’ stata grandissima quando si e’ diffusa nell’aria il tintinnio dei martelli danzanti sull’incudine ad opera del fabbro “mastro” Vartulu Maltese; oppure il sinuoso suono del “friscalettu” soffiato dal santupatraru Peppino Accardi; e Vito
Adamo, il mitico “Chiuviddu”, che con la sua voce roca al pari di un megafono diffondeva tra le antiche mura della “strata mastra” le sue “abbanniate annuncianti l’arrivo della “tunnina” ; o l’ossessivo rullare, apparentemente monocorde delle “tammuriniate” di Nitto Di Dio.
Dopo l’esibizione di Irene Ientile, una cultrice di canti popolari siciliani, discendente della famiglia Favara, che ha regalato alla platea “Cantu a Timuni”, e’ arrivata quella corale dei giovani allievi con l’Orchestra “Garibaldi” della scuola diretta dal maestro
Rosario Rosa e dal secondo direttore Raffaele Barranca e la direttrice del coro Monia Grassa. Una conclusione coinvolgente che ha fatto conoscere dal vivo canti e brani tratti dal “Corpus di musiche popolari siciliane”.
Una giornata memorabile che speriamo sia un punto di ripartenza. I salemitani, mi si permetta di dirlo con una certa enfasi, hanno il dovere di tributare l’onore che merita ad un autorevole personaggio come Alberto Favara in maniera ufficiale.
Seguendo lo stesso metodo adoperato per Tony Scott, un altro suo figlio illustre. Vogliamo sperare che per il prossimo rinnovo del Consiglio Comunale e della Giunta, i candidati Consiglieri e Sindaci includano nei loro programmi l’impegno a rimediare
finalmente a questa lacuna.
“Se noi appoggiamo l’orecchio alla terra, allora sentiamo risuonare le perenni sorgenti della melodia, il canto immortale della terra nostra…”. Vogliamo sperare che questi futuri amministratori di Salemi che facciano proprie queste bellissime. Che non sono nostre, ma dalla Cantautrice, ricercatrice e Cantastorie Sara Cappello che da anni porta avanti il progetto ‘Alberto Favara Divulgare il canto e la musica popolare siciliana’. Magari, cominciando ad invitarla per un concerto ai piedi del Castello.
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