A gestire, a Trapani, la “piazza” di spaccio del popolare Rione Sant'Alberto, sarebbe stato Antonino Beninati.
Uno dei cento nomi fatti dal pacecoto Antonino Tranchida, oggi collaboratore di giustizia, ai Pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Luisa Bettiol e Gianluca De Leo. Pagine e pagine di verbali dove vengono indicati i pusher ma anche i “pezzi grossi” coinvolti nel traffico di sostanze stupefacenti sulla rotta Palermo-Trapani.
E uno dei primi nomi fatti dal collaboratore è stato proprio quello di Antonino Beninati.
“Era – racconta - un capo piazza nel rione Sant’Alberto. Ho cominciato a rifornirlo proprio quando c’è stato l’arresto del figlio Giuseppe. Penso che dobbiamo essere nel 2016”. A Trapani arrivavano fiumi di cocaina, hashish e marijuana per un guadagno settimanale che oscillava tra i 50 e i 70 mila euro.
“ Questa piazza – spiega Tanchida - era già ben attiva, la forniva Giovanni Alagna. Lui organizzava la piazza e aveva dei ragazzi che lavoravano con lui”.Il collaboratore è un vulcano in piena: “Aveva un appartamento che veniva utilizzato per lo stoccaggio della droga e il confezionamento a dosi e poi i vari ragazzi la vendevano al dettaglio giù sotto la sua casa. Era un vialetto della via Michele Amari, è una rientranza della via Michele Amari”.
Il collaboratore prosegue: “ Poi è subentrato Salerno che lavorava con Massimo Ferrara che di nascosto di me gli hanno dato qualche paio di chili di cocaina. Quando io l’ho scoperto non l' ho voluto più fornire, abbiamo bloccato i rapporti perché io volevo l’esclusiva”.
Il nome di Ferrara, detto il "Papa”, prima che finisse in carcere era emerso in un filone investigativo che portava a Ignazio Traina, oggi sotto processo, personaggio chiave nello scacchiere del mandamento mafioso di Santa Maria di Gesù. Erano stati monitorati i suoi incontri con Settimo Mineo, l’anziano capomafia di Pagliarelli che nel 2018 ha presieduto la nuova cupola di Cosa Nostra a Palermo. Traina ha un lungo curriculum criminale ed è da sempre legato agli Adelfio di Villagrazia.
Tranchida ha poi ricostruito le rotte della droga: “La marijuana arrivava da Partinico, l’hashish da Palermo, la cocaina da Palermo ma anche Partinico”. Vengono fuori i nomi dei Vitale.
“Io, Michele Vitale del ’92, Giuseppe Accardo e Giovanni Sierra – ha dichiarato Tranchida – eravamo andati lì perché sapevamo che c’era una piantagione e dovevamo rubare quella piantagione che gestiva Cusumano… noi sapevamo che il terreno era di Cusumano, ma Michele Vitale del ’68 sosteneva sempre che questa piantagione era di tale Totò Primavera che io non conosco, perché lui aveva sempre Totò Primavera in bocca. Michele Vitale è impazzito che non ha trovato questa cosa e comincia lui a incendiare tutto… diceva loro non devono fare niente a Partinico”.
Ed ancora: “Con Michele Vitale del ’68 abbiamo trovato anche un’altra coltivazione però io non so identificare il posto perché ci siamo spostati in moto. Era fuori Partinico, da casa di Michele Vitale si vedevano le pale eoliche sulla destra. E questa piantagione poi ho scoperto dopo che era di Salvuccio Coppola solo che Salvuccio Coppola aveva delle telecamere là dentro, ha visto noi con le moto, con i caschi, non ci ha riconosciuto, gli sembrava che potevamo essere della polizia e l’hanno distrutta loro”.
Coppola è stato colui che ha fatto incontrare Tranchida e Lombardo “perché io prima ho conosciuto Salvuccio Coppola e poi ho conosciuto lui che era in società di marijuana che poi si sono litigati. Lui ha avuto dei pestaggi dai fratelli Guida e per questo motivo si era affiancato a Michele Vitale perché ci serviva la forza”.
Un giorno accadde che “Lombardo ha iniziato a fare concorrenza e poi a lui hanno bruciato furgoni macchine e tutti. Chi di preciso è stato non lo so, ma io questa cosa io l’ho accennata a Michele Vitale del ’68 e lui si è fatto una risata e mi ha detto ‘significa che se lo meritava’”.