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22/11/2023 06:00:00

Le storture dell’antimafia. “Ecco come sono stata trattata dagli amministratori di un’azienda confiscata a Mazara”

“La mafia dava lavoro, lo Stato lo toglie”. E’ una frase che abbiamo sentito spesso in Sicilia, quando si parla di aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata. Aziende che, finite in amministrazione giudiziaria, finiscono in un meccanismo ingolfato. In una gestione “distratta”, che porta le aziende a perdere le posizioni di mercato, e colare a picco. E di mezzo ci vanno i dipendenti.


Quella che raccontiamo oggi però è una storia diversa. Fatta di diritti non rispettati, zero empatia, gestione lacunosa, stipendi non pagati da parte di chi doveva portare un'azienda confiscata alle cosche nel solco della legalità. Invece la direzione presa è stata diversa.


“Non mi sono sentita tutelata, sono stata lasciata sola. Dopo che sono rimasta incinta gli amministratori sono spariti e non sono stata pagata”.

Silvia Passalacqua è una brillante dottoressa in Scienze Ambientali. Dopo la laurea inizia a lavorare per la Mestra Srl, un’azienda che si occupa di rifiuti, inerti, smaltimento di amianto, bonifiche e movimento terra.
Le sue mansioni sono tecniche ma anche amministrative, si occupa del controllo dell’impianto e delle lavorazioni. Ha un contratto, fa le sue otto ore al giorno, viene pagata regolarmente. Tutto fila liscio, per un anno circa, fino al 20 dicembre 2016.


IL SEQUESTRO DELLA MESTRA
All’alba riceve una telefonata. Le dicono di andare subito in azienda. Lì trova decine di carabinieri. “L’azienda è stata sequestrata”, le dicono. I titolari, infatti, sono i fratelli Carlo e Giuseppe Loretta, arrestati per mafia quella stessa mattina perchè. Sono ritenuti vicini al defunto capo mafia di Mazara, Vito Gondola, il referente di Messina Denaro nel mandaento mazarese. Le vicende processuali dei Loretta sono diverse (uno dei due è protagonista, ad esempio, della storia della casa abbattuta sempre a Mazara). Il processo che riguarda i Loretta, dopo le condanne nei primi gradi di giudizio, in Cassazione ha visto una rivisitazione delle pene.
Nel frattempo il procedimento sulla confisca dei beni è andato avanti, e un paio d’anni fa il patrimonio da 1,8 milioni di euro, è passato in mano allo Stato, definitivamente.

Nel frattempo, però, le cose per l’azienda, affidata ad un amministratore giudiziario, non sono andate benissimo, come racconta Silvia Passalacqua. A partire da quella mattina. “Mi è stato comunicato che i miei titolari erano stati arrestati per associazione mafiosa, con loro altre persone e che l’azienda era stata sequestrata preventivamente. Ho creduto di svenire, ma non ho avuto il tempo di riprendermi perchè subito mi hanno intimato di sedermi al pc, hanno iniziato a chiedermi di stampare documenti su documenti, e poi domande, migliaia di domande, su persone, situazioni e eventi di cui io ero completamente all’oscuro. Io non facevo altro che il mio lavoro, le mie 8 ore al giorno e mi sentivo in un vero e proprio film. Mi sono ritrovata catapultata in una situazione allucinante, non avevo mai avuto sentore che a detta loro ci fosse qualcosa di poco trasparente, giuro e mi sembrava tutto assurdo”. Ma è solo l’inizio.

 

 

 

L’ARRIVO DEGLI AMMINISTRATORI
Il giorno dopo l’arresto dei fratelli Loretta e i sigilli all’azienda, arriva l’amministratore giudiziario. E sarà una delle poche volte che si vedrà in quel di contrada Ramisella, sede dell’azienda. Si tratta dell’avvocato Ernesto Forte. “Comunica a me e ai dipendenti miei colleghi che da quel momento lui (insieme a una ventina di consulenti tra fiscali, del lavoro, ambientali) avrebbe amministrato l’azienda e che tutto si sarebbe sistemato”, racconta Passalacqua che provando a non sbagliare i conti dice che nei successivi sei mesi avrà visto al massimo una decina di volte l’amministratore giudiziario o i suoi collaboratori. “Da quando sono arrivati ho subito avuto l’impressione che non avessero intenzione di portare avanti l’azienda, di gestire i servizi, ma di recuperare i crediti e pensare ai soldi”.


UN’AZIENDA SMANTELLATA
L’azienda viene sostanzialmente smantellata, come accade spesso in questi casi. Perchè non solo i Loretta, ma anche i familiari e altri collaboratori più stretti, ritenuti in qualche modo coinvolti, vengono estromessi dalla gestione dell’azienda. Silvia Passalacqua si ritrova da sola, quindi, a fare il lavoro di quattro, cinque persone. “Ho detto agli amministratori che non potevo fare tutto da sola, loro mi hanno detto che venivo pagata per fare questo”. Dopo varie richieste arriva una ragazza, dopo alcuni mesi, per dare una mano. Ma non cambia molto, questa ragazza non aveva le competenze per affiancare Passalacqua nella gestione dell’azienda. Gestione che, appunto, doveva essere di competenza degli amministratori giudiziari. I dipendenti, però, vengono lasciati soli. “Ogni tanto veniva un consulente dell’avvocato, un certo Flavio De Bellis, per regolare conti, firmare documenti, e calmare i dipendenti lasciati allo sbando”. Passalacqua racconta di atteggiamenti prepotenti, e “senza umanità”.


FURTI E RAID
Intanto l’azienda, già nelle prime settimane del sequestro preventivo, subisce raid e furti. Anche di giorno. “Spesso ero da sola in azienda, ed è capitato che entrassero persone a rubare materiale. Io ero impotente e impaurita”. L’azienda cola a picco. I clienti sono via via di meno. Chiedono dei preventivi che arrivano, dagli amministratori, in ritardo e con prezzi altissimi. I fornitori vengono lasciati alla porta, e non vengono pagati. La situazione alla Mestra, nel giro, di qualche mese si fa insostenibile.

LA GRAVIDANZA
Sei mesi dopo il sequestro dell’azienda e l’inizio della gestione straordinaria dell’amministrazione giudiziaria, Silvia riceve la più bella delle notizie. E’ incinta di due gemelli. Però è già da subito una gravidanza a rischio, rischia di perdere i bambini. I medici non le raccomandano altro, deve stare a riposo. Lo comunica all’amministratore giudiziario della Mestra, che almeno inizialmente non avrebbe potuto fare sopralluoghi, ma poteva solo fare lavoro d’ufficio. Ma rispondono senza umanità. “Vengo ricoverata in ospedale e non hanno dimostrato nessun tipo di sensibilità. Mi chiedono soltanto quando sarei rientrata, mi hanno fatto sentire in colpa di essere incinta”, racconta. Silvia è costretta a fare tutta la gravidanza a casa, a letto, per il rischio di perdere i bambini. Da quel momento inizia il vero inferno. Gli amministratori si fanno sentire sempre meno, la escludono, e sul suo conto i pagamenti non arrivano. Ci sono solo degli acconti. Gli amministratori non pagano. “Mi lasciano così senza un euro con due figli in arrivo e senza alcuna motivazione né avviso”. Nessuna telefonata, neanche quando i gemelli vengono alla luce, e sono miracolosamente in salute.

LA CAUSA
L’azienda va sempre peggio. Chi rimane racconta di acque molto agitate. Gli amministratori non si fanno vivi, Silvia non viene pagata, ha diversi arretrati e la maternità da percepire. E’ stata fatta fuori. “Trascorrono i primi mesi di vita dei miei figli e decido di rivolgermi ad un sindacato per capire il da farsi. Mi dicono di usufruire di una legge che tutela le mamme con figli minori di un anno e che permette alle stesse di licenziarsi e percepire la disoccupazione. Decido di farlo subito, consigliata anche dal sindacato e dall’avvocato, perché così almeno avrei percepito per circa 16 mesi la disoccupazione e avrei potuto andare avanti con la mia famiglia, i miei figli e mio marito, almeno per qualche tempo”.
Silvia Passalacqua fa causa e vince. Devono corrispondergli circa 13 mila euro più gli interessi. E’ il 2019. Da allora nessuno le ha pagato quanto le spetta, dopo 4 anni.
Ora l’azienda non naviga in buone acque. E’ stata definitivamente confiscata, ma è rimasto l’avvocato Forte ad amministrarla. Silvia Passalacqua racconta questa storia con molta amarezza. “Dovevano riportare la legalità nell’azienda, invece l’hanno portata in brutte acque, sono stata trattata male, con poca umanità, e non sono stata pagata. Voglio continuare a credere nello Stato. Ma non in questo tipo di Stato, in questo tipo di antimafia. Voglio che si rispettino i diritti, e non mi fermerò”.

Qui l'intervista.

 

 

Qui la replica dell'avvocato Forte, amministratore giudiziario di Mestra Srl.