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26/10/2023 06:00:00

Mafia in Lombardia, c’è un mafioso di Castelvetrano a capo di Cosa nostra milanese?

 Abbiamo già scritto qui dell’indagine sulla mafia in Lombardia che ha portato in carcere 11 persone e sequestrati oltre 223 milioni di euro per profitti illeciti legati a reati finanziari.

Si tratta di una maxi inchiesta della procura di Milano, in cui viene descritta una grande alleanza tra Cosa nostra, ‘Ndrangheta e Camorra, tutte insieme per spartirsi gli affari in Lombardia.

Erano state chieste 154 misure di custodia cautelare, ma il Gip ne ha riconosciute soltanto 11. E di queste 11, soltanto 8 con le aggravanti mafiose.

 

In questo grande “network criminale evoluto”, il rappresentante di punta di Cosa nostra sarebbe un 77enne castelvetranese, residente ad Abbiategrasso dal 1975: Paolo Aurelio Errante Parrino, che tutti chiamano “zio Paolo”.

Il particolare interessante è che il suo nome non figura tra gli 8 arrestati con le aggravanti mafiose. E nemmeno tra i rimanenti tre che le aggravanti non ce l’hanno. Fa invece parte della schiera dei 143 indagati a piede libero (anzi 142 dal momento che nel frattempo una persona è deceduta).

L’assunto principale della procura di Milano è che lo “zio Paolo” sia contiguo con Matteo Messina Denaro e, grazie a questa vicinanza, abbia un particolare carisma nel garantire la pax mafiosa, nel dirimere le controversie e nell’occuparsi degli affari illeciti per conto di Cosa nostra in Lombardia. Una contiguità che deriverebbe soprattutto da una parentela col boss di Castelvetrano, morto lo scorso 25 settembre.

 

Il grado di parentela è descritto nella relativa ordinanza di custodia cautelare di quest’operazione, firmata dal Gip il giorno dopo la morte di Messina Denaro: Errante Parrino Paolo Aurelio è coniugato con la cugina di Gaspare Como, a sua volta  coniugato con la sorella del boss, Bice Maria. Insomma, un cugino acquisito di una delle sorelle del latitante.

Il Gip non contesta che l’Errante Parrino abbia fatto parte del mandamento mafioso di Castelvetrano ai tempi di Francesco Messina Denaro, padre di Matteo, ricevendo una condanna per mafia (416 bis) definitiva nel 1997. Ma, scrive nell’ordinanza, “Non vi sono elementi, se non di tipo suggestivo, per affermare che Errante Parrino Paolo Aurelio abbia continuato a far parte del sodalizio anche in epoca successiva”.

 

La procura ha descritto anche il rapporto di quest’ultimo con Girolamo Bellomo (detto Luca), sposato con Lorenza Guttadauro, figlia di Filippo e di Rosalia Messina Denaro, un’altra sorella del boss: in una sentenza del 2015 vengono documentati due incontri al bar Las Vegas, tra l’Errante Parrino ed il Bellomo. Non si sa che cosa si siano detti, ma la procura sottolinea che in un caso il Bellomo sia arrivato all’aeroporto di Pisa per poi ripartire quasi subito per Palermo e che è difficile che ciò sia avvenuto soltanto per salutarlo.

Ma per il Gip queste circostanze non costituiscono certo la prova che lo “zio Paolo” abbia proseguito, “anche dopo la prima condanna del 1997, il suo rapporto di affiliazione al mandamento di Castelvetrano, né tantomeno all’associazione lombarda ipotizzata dalla pubblica accusa”.

 

Dall’indagine emerge anche un suo stretto contatto con la famiglia Messina Denaro: nel novembre 2021 incontrerà più volte le sorelle Bice e Giovanna, Gaspare Como, il nipote Vito Panicola e la madre Lorenza Santangelo.

Il Gip però scrive: “Non si tratta di dimostrare l’esistenza del gruppo associativo castelvetranese, ma di una associazione mafiosa (di tipo confederativo, secondo l’ipotesi accusatoria) che agisce nella provincia meneghina, dunque necessariamente autonoma, seppur connessa, a quella costituita nel territorio di origine”.

Per la procura, i principali affiliati a questo clan trapanese capitanato dallo “zio Paolo” sarebbero i Pace: Bernardo, Domenico e Michele. Ma, come sottolinea ancora il Gip, ai Pace “non risulta contestato  alcun reato in materia di narcotraffico”. E, in definitiva, gli unici elementi in qualche modo indiziari a loro carico, sono costituiti dalla vicenda della controversia insorta tra  loro e Gioacchino Amico, “rispetto alla quale è intervenuto Errante Parrino Paolo Aurelio”, e “il contributo fornito dai Pace rispetto alle spese per i detenuti”.

 

Un po’ poco per una Cosa nostra guidata da un 77enne che, insieme a ‘Ndrangheta e Camorra deciderebbe il bello e il cattivo tempo nella provincia di Milano.

Alla fine, in questa maxi operazione, la solita “ombra di Messina Denaro” che accompagna la maggior parte delle inchieste giudiziarie per mafia, sembra essersi sgonfiata ancor prima di arrivare a processo.

In tanti però, dopo l’arresto e la morte dell’ultimo latitante, aspettano di sapere chi lo ha nascosto e chi ha fatto affari con lui per trent’anni. Purtroppo l’impressione è che, così come accadde per Riina e Provenzano, la verità non si saprà mai.

 

Egidio Morici



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