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25/10/2023 06:00:00

Il patto tra politici e boss. Così la mafia aveva messo le mani sul Comune di Custonaci

Mafiosi che si vantano di aver incontrato Matteo Messina Denaro, piccole estorsioni, i soliti favori, i voti delle cosche per eleggere consiglieri e spingere nomine in giunta, interventi più o meno diretti nelle scelte amministrative e nell’erogazione di buoni Covid.

C’è tutto questo nell’ultima operazione antimafia scattata ieri in provincia di Trapani, a Custonaci. “Scialandro” è lo scoglio che si erge davanti alle coste di Custonaci, ed è il nome dell’indagine coordinata dalla Dda di Palermo e condotta da Dia, Polizia e Carabinieri. 21 le persone arrestate, di cui 4 ai domiciliari, su 37 indagati. Tra loro diversi esponenti politici, imprenditori ed esponenti di spicco della locale consorteria mafiosa.


Contestualmente sono state eseguite numerose perquisizioni anche nei confronti di ulteriori soggetti indagati a piede libero ed è stata altresì acquisita documentazione tecnico-amministrativa e contabile presso il Comune di Custonaci. Qui i nomi degli indagati. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, concorso esterno, estorsione, turbativa d’asta.


I boss imponevano al Comune i nomi di chi doveva ricevere i contributi economici post-Covid
. Sarebbero anche riusciti a pilotare l’affidamento di appalti pubblici in favore di ditte colluse o a loro riconducibili, una delle quali aveva assunto fittiziamente un ergastolano solo per consentirgli di beneficiare della semilibertà.
I mafiosi addirittura si vantavano di aver fatto eleggere un consigliere comunale, di aver determinato la nomina di un assessore.

Tra gli arrestati c’è anche Carlo Guarano, ex vice sindaco a Custonaci. Le intercettazioni l’hanno sorpreso mentre mostrava tutta la sua insofferenza per le manifestazioni in ricordo delle stragi di Capaci e di via D’Amelio. Il 20 maggio 2022 fu registrato mentre diceva: «Hanno sempre ‘sto minchia di Falcone Borsellino Falcone Borsellino, porca della miseria». Indagato è anche l’ex sindaco di Custonaci, Peppe Morfino, l’ex assessore Giovan Battista Campo. Tra i nomi noti spuntano anche quelli di Giuseppe Costa, Mario Mazzara, Paolo Magro, ritenuti esponenti della mafia locale.

 

 

 

Guarano alle dipendenze dei boss - Carlo Guarano, secondo gli inquirenti sarebbe stato eletto con i voti dei clan costituendo un punto di riferimento in giunta per le cosche. “Ancora un ‘altra vita ha … altri cinque anni si deve… a lui…a lui in questi cinque gli è servito di fare scuola guida… ora deve portare la macchina..”, dicevano di lui due mafiosi intercettati parlando del ruolo che aveva avuto il politico nel favorire i loro affari e di quel che ancora avrebbe potuto fare.
A svelare i rapporti tra Guarano e i clan, oltre alle intercettazioni, sono state le rivelazioni di un altro ex esponente della Giunta che ha raccontato che l' elezione di Guarano era stata sostenuta dai boss Giuseppe Costa e Paolo Magro.
Oltre a sovrintendere alle gestione illegale dei buoni spesa in favore delle persone segnalate da Cosa nostra, Guarano avrebbe spinto per l’assunzione del mafioso Costa in un cantiere lavoro del Comune di Custonaci da settembre a dicembre dell’anno 2020.
Il 13 settembre 2021, inoltre, è stata registrata una conversazione di Guarano con altri due mafiosi, Mario Mazzara e Giovanni Marceca dalla quale emergono con chiarezza sia i rapporti personali tra i tre, sia gli interessi di Mazzara riguardo all’attività politica dell’ex vicesindaco. E ancora il 21 settembre 2021 i tre discutevano di un affare relativo alla gestione di un supermercato grazie ad una variante del piano regolatore sul cambio di destinazione per alcuni terreni di proprietà della suocera di Costa.

 


L’estorsione da 50 euro
- C'è anche un'estorsione piccola, ma significativa, di soli cinquanta euro, tra le pieghe dell'operazione antimafia di ieri.
Riguarda Gioacchino Barraco, classe '73, uno degli indagati, e Pietro Armando Bonanno, criminale con una condanna per omicidio e associazione mafiosa, appartenente alla cosca dell'agro ericino, e oggetto di numerosi capitoli dell'inchiesta. Il boss mafioso di Trapani fu arrestato nel 2005 in Argentina dopo un anno di latitanza: era scappato dall’Italia il giorno dopo la sentenza di condanna all’ergastolo resa definitiva dalla Corte di Cassazione per omicidio. Bonanno abbandonò il Paese in fretta e furia prima che la condanna diventasse esecutiva. Nell’’89, Bonanno uccise a Trapani Pietro Ingoglia.

Pietro Bonanno è anche noto per una vicenda che fece tanto scalpore in Italia qualche tempo fa. Fece a Modena un aperitivo con una giudice che poi venne trasferita. (Raccontiamo qui l'episodio)

 

Chi è Giuseppe Costa - E' un personaggio molto noto a Custonaci e negli ambienti mafiosi trapanesi. Costa,  per Conto di Cosa nostra, è stato tra i carcerieri del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino rapito e sciolto nell’acido dopo una lunga prigionia.

Fu Matteo Messina Denaro, latitante dal ’93, a chiedere al capomafia di Trapani, Vincenzo Virga, di trovare un luogo sicuro dove tenere prigioniero il piccolo Di Matteo. A indicare la disponibilità di Costa, fu Vito Mazzara, killer di mafia e zio della moglie. Il bambino arrivò nella sua casa di campagna a Purgatorio, frazione di Custonaci, rinchiuso nel bagaglio di un’auto e incappucciato. Per lui era stata realizzata anche una cella. 

Nel 2021 Costa fu condannato a 12 anni di carcere per mafia. Qui un approfondimento. 

 

L’incontro con Messina Denaro - Durante la sua latitanza, il boss Matteo Messina Denaro si sarebbe occupato di un ammanco nelle casse della famiglia mafiosa di Valderice. Erano, infatti, spariti 50 mila euro, frutto delle estorsioni. Così si sarebbe mosso direttamente “quello con gli occhiali che quelli cercano di continuo” e cioè l’ultimo dei corleonesi.


Emerge da una intercettazione datata 15 agosto 2021. A parlare tra di loro sono Vito Manzo e Giuseppe Maranzano. Di quel furto venne accusato Francesco Todaro definito “u tragediatore” dagli altri componenti del clan e pertanto ritenuto non idoneo alla guida della famiglia.
Il boss latitante avrebbe scritto una lettera, affidandola al cognato Filippo Guttadauro, con un ordine perentorio: “Mettetevi in riga”. In seguito a quella missiva, Francesco Todaro – racconta Manzo - sarebbe stato condotto in un villino abbandonato di Pizzolungo, dove venne picchiato.
Sempre secondo la versione di Manzo, Todaro si sarebbe difeso, accusando dell’ammanco i “santovitari” che avevano eseguito, però, l’estorsione per contro dello stesso Todaro. C’è poi un’altra intercettazione datata primo settembre 2021. A parlare sono sempre Maranzano e Manzo.

Quest’ultimo racconta di un incontro avuto con il latitante in una grotta a testimonianza della sua “affidabilità e della fiducia nutrita in lui dai vertici di Cosa nostra”.

  

Sull'operazione antimafia sono intervenuti, esprimendo il plauso alle forze dell'ordine, diverse sigle sindacali e politiche del territorio: come la Cisl, la Uil, il deputato regionale del Pd Dario Safina. 

 



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