Le nuove polemiche sulla seconda nave romana recuperata a Marausa
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Ci sono di nuovo polemiche in provincia di Trapani sui preziosi reperti archeologici e il luogo in cui devono essere esposti. E ancora una volta sono i ritrovamenti in fondo al mare a riaccendere il campanilismo. Nei giorni scorsi dal mare di Marausa, dove è rimasto inabissato per 1800 anni, è stato recuperato ciò che resta di una nave romana del III secolo d.C..
Un’operazione molto complessa.
Dopo la prima fase di scavo e documentazione, a cui sono seguite le operazioni di recupero del carico, è iniziata la procedura di messa in sicurezza del relitto, grazie a reti e tessuto e il successivo ingabbiamento in una struttura metallica con appositi supporti costruita sul posto, che ha consentito di sollevare il relitto nella sua interezza. Precedentemente, lo scafo era stato messo in sicurezza, protetto e avvolto da strutture appositamente modellate per consentire il trasporto via mare dal luogo di ritrovamento fino al porto di Marsala. Dal porto di Marsala il relitto è stato portato, poi, via terra e a passo d’uomo fino al Museo Archeologico Lilibeo di Marsala. Qui è stato immerso in una piscina con acqua dolce. Poi verrà sottoposto al processo di desalinizzazione e al successivo trattamento conservativo di consolidamento e restauro nei laboratori del museo.
Il museo ospita già la Nave Punica e la Nave Romana 1, ed è il principale candidato ad esporre il relitto una volta terminate le procedure di restauro.
Ma non tutti sono d’accordo.
La nave romana recuperata in questi giorni si trovava nel mare davanti a Marausa, in territorio di Misiliscemi. E del neonato comune della provincia di Trapani è la deputata regionale Cristina Ciminnisi, a cui hanno fatto storcere il naso le dichiarazioni dell’assessore regionale ai Beni Culturali Francesco Paolo Scarpinato che si è mantenuto generico sulla musealizzazione.
«Sappiamo anche che il reperto sarà ospitato al Baglio Anselmi di Marsala per il complesso recupero del fasciame e dei legni, ma – ha detto Ciminnisi – non vorremmo che questa collocazione, necessaria in questa fase, divenisse definitiva, tenuto conto che, l’ho già detto e lo ribadisco, ci sono voluti più di venti anni per indicare proprio nel Baglio Anselmi il luogo di musealizzazione della prima nave oneraria individuata nel mare di Marausa nel 1999. Nell’interrogazione senza risposta chiediamo anche quali progetti abbia l’assessorato per valorizzare compiutamente questo secondo reperto, tenuto conto che della prima nave il fasciame è a Marsala, mentre il carico di anfore è al Museo Pepoli di Trapani». La deputata non parla di campanilismo, e spera che un giorno Misiliscemi possa avere delle strutture adeguate per ospitare i reperti recuperati nel suo territorio per iniziare a dare un’identità culturale al nuovo Comune.
Non si sbilancia la direttrice del Museo Archeologico Lilibeo, Anna Occhipinti: “non entro nelle polemiche, io mi limito ad amministrare il museo” è in sintesi quanto sostiene la direttrice del museo marsalese.
Non è la prima volta, dicevamo, che in provincia di Trapani ci sono polemiche e campanilismo per i beni culturali.
La stessa “Marausa 1”, la prima nave romana recuperata a Marausa, fu al centro di uno scontro durato diverso tempo su dove dovesse essere sistemata. C’era chi la voleva al Museo Pepoli, a Trapani, perchè recuperata in uno specchio di mare che ricadeva ancora davanti il territorio trapanese. Mentre Marsala rivendicava il fatto di avere un museo della Nave Punica in cui il relitto avrebbe trovato, come è stato, più logica collocazione.
Il dibattito su dove dovessero andare reperti archeologici è sempre stato acceso, e ha scatenato negli anni ogni tipo di campanilismo. Altro genere di preoccupazioni sono sorte invece quando i beni culturali dovevano essere spostati per esposizioni temporanee in altre città. Come la battaglia fatta per non far partire il Giovinetto di Mozia alla volta del Museo Salinas di Palermo.
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