Gente che scrive che i barconi bisogna affondarli. Quelli che, quando una donna viene picchiata, commentano dicendo: beh, qualcosa avrà combinato. Chi ci augura la morte, perché ce l’ha con noi per qualcosa che abbiamo detto o scritto. I no vax, no euro, no tutto.
Ogni tanto in redazione veniamo presi dallo sconforto, leggendo i commenti e il “dibattito” sui social intorno ai nostri articoli. Ma davvero ci meritiamo questo? ci chiediamo. Davvero lavoriamo e ci facciamo un mazzo così per un popolo largamente ignorante, xenofobo, analfabeta, razzista? Ma chi ce lo fa fare?
Io ho raggiunto ormai una saggezza zen. Dopo anni ed anni di questa vita, non è rassegnazione, ma una strategia di sopravvivenza. Spiego ai miei che il nostro giornale, Tp24, ha, solo su Facebook, 150mila follower. Un’enormità. Su questi, quanti saranno gli ignoranti, xenofobi, etc? L’1%? Su, siamo ottimisti: l’1%.
L’1% di 150mila sono 1500 persone. In percentuale sono pochissime, nei numeri reali sono tantissime. Queste 1500 persone, che sono, diciamolo con franchezza, quei cretini che abitualmente riconosciamo intorno a noi, occupano lo spazio. E dicono che ai barconi bisogna sparare. Che il Covid è un complotto. E dicono Mussolini ha inventato la tredicesima, o che il cambiamento climatico è una balla.
E dicono che Matteo Messina Denaro era un santo, un eroe.
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Nei media, in questi giorni, si ripete uno schema che abbiamo visto all’opera già a Gennaio, dopo l'arresto del boss. Si manda l’inviato del tg a Castelvetrano o a Campobello di Mazara. Si fermano le persone per strada, in piazza. Si chiede a queste persone: “Cosa pensa di Messina Denaro?”. Il primo non risponde perché ha fretta, il secondo magari sta muto, il terzo dice: è un mafioso, che vi devo dire, il quarto si lancia in qualche panegirico sulle verità che ci nascondono, infine poi c’è quello che dice: “Messina Denaro? La sua morte è una grande perdita, per noi ha fatto solo bene. Siamo in lutto”. Bingo. Su quest’unica risposta, si costruisce un montaggio, ed un servizio tv, ed il servizio in questione è: “Castelvetrano piange Messina Denaro”. La città, insomma, come la Sicilia, è irredimibile, non cambierà mai; d’altronde lo scriveva pure Leonardo Sciascia, di questi siciliani qua ... questa non è Italia, signora mia, ma poi ha visto, sui social, quante condoglianze, quanta gente che si strappa le vesti per quel criminale?
Che peccato. Che giornalismo (se è giornalismo) pigro, bacchettone, quello che sfugge alla complessità del mondo, ancora una volta, e che semplifica.
E’ uno schema che si ripete, lo schema della trappola che semplifica.
Perchè poi, dallo scandalo per le condoglianze a Messina Denaro, nasce il talk show in studio con gli esperti (solitamente: un parrino, uno psicologo, un parente di una vittima di mafia e l’ex soubrette o un Paolo Crepet), che non sono mai stati in Sicilia (se non per le vacanze da piccoli, magari, come la nostra deputata fantasma Marta Fascina) però parlano, e commentano, lo scandalo di questa comunità mafiosa, di più, mafiogena, generatrice di mafia, dove già è all’opera il nuovo Messina Denaro. Anzi, c’è tanta voglia di mafia che magari le cosche faranno anche le primarie, per evitare polemiche.
E poi è giusto che dica la sua Roberto Saviano, ci mancherebbe, o Selvaggia Lucarelli: una giornalista con tutti questi follower ha sempre ragione.
E al salotto televisivo risponde la piazza, e quindi ecco il corteo, l’ennesimo, per dire che non è vero che qui siamo tutti mafiosi, e ci sono i Sindaci in testa, sempre un parrino, o il Vescovo, e le scuole con gli striscioni, e poi ci si conta, perché la semplificazione è un vortice, e come un buco nero che inghiotte il ragionamento, attira ancora più semplificazione insomma, e quindi, se vai al corteo e ti fai vedere sei antimafioso, se non ti va o critichi (addirittura!), beh, sei tu l’alleato nell’ombra di Messina Denaro.
Che peccato. Io, che questo territorio lo conosco bene, cerco di raccontarlo come posso, e non è facile. Non sempre ci riesco, ma non è questo il punto. Il punto è che ci provo. E tutto è complesso, ed ogni giorno non è mai uguale all’altro, e nella lotta alla mafia abbiamo fatto passi enormi, e si, abbiamo delle eccellenze in questa provincia che l’Italia se lo sogna, e si, c’è chi ha ancora chi ha voglia di mafia, ma sono la minoranza, e prevalgono loro, nel racconto, perché fanno notizia. Il silenzio delle persone responsabili non fa notizia, ma anche quello andrebbe raccontato.
Che poi, mi dico, se vai a Milano e fermi dieci persone e chiedi cosa ne pensano di Messina Denaro, anche lì troverai quella persona che ti dice che per lui ha fatto anche cose buone, e che fai, poi, il servizio al Tg dicendo che a Milano c’è chi tifa per la mafia? Ma, suvvia, si sa che la mafia ed i suoi supporter sono solo nel Meridione (e adesso forse anche in Sardegna, ajò).
La trappola della semplificazione è il vero regalo che in questo momento possiamo fare alla mafia, ridurre il territorio a macchietta, stereotipo, sfondo per le ficiotn sulla mafia che verranno, quelle dove i siciliani parlano ancora con il verbo alla fine della frase, e le donne si mettono il fazzoletto in testa prima di entrare in chiesa.
Noi, andiamo avanti. E lo facciamo, come sempre, come avevo già scritto dopo la morte di Bernardo Provenzano (lo schema, mutatis mutandis, si era ripetuto). Matteo Messina Denaro sta all’inferno, forse. Noi siamo nell’inferno a binario unico dei viventi. Che è sempre quello descritto da Italo Calvino: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
Giacomo Di Girolamo