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29/09/2023 06:00:00

La morte di Messina Denaro: la situazione dei processi a Marsala

Con la morte di Matteo Messina Denaro si chiude anche il suo ultimo capitolo giudiziario al Tribunale di Marsala. E cioè il processo avviato lo scorso 13 settembre nell’aula “Paolo Borsellino”, con lui unico imputato.

Nell’occasione assente “rinunciante”. Formalmente, il processo verrà stoppato, per “morte del reo”, alla prossima udienza, fissata per il 18 ottobre (inizio: ore 15). In quella data, il presidente del collegio, Alessandra Camassa (giudici a latere sono Francesco Paolo Pizzo e Massimiliano Alagna), quasi certamente sarà già in possesso del certificato di morte che arriverà dall’ospedale de L’Aquila e chiuderà ufficialmente il processo, che vede riunite due indagini della Dda di Palermo: “Annozero” sulle “famiglie” del Belicino e “Xydi” su quelle dell’Agrigentino. Operazioni che vedevano il boss castelvetranese tra i principali indagati, ma la cui posizione era stata stralciata in fase di udienza preliminare in quanto all’epoca era latitante.

Lo scorso 13 settembre doveva essere presente in video-conferenza, ma le sue condizioni di salute non l’hanno consentito. Nelle prime battute, infatti, la presidente Camassa ha comunicato che al Tribunale era pervenuta una “rinuncia a comparire” in udienza firmata dall’imputato, anche se sulle sue condizioni di salute non era arrivata alcuna comunicazione. “Non sappiamo neppure se ha la febbre – disse la presidente del collegio giudicante – Non abbiamo altro oltre alla rinuncia, se non notizie giornalistiche”. Il difensore d’ufficio di Messina Denaro, l’avvocato Luca Bonanno del foro di Palermo (studio Fragalà), chiese quindi un rinvio per accertarsi personalmente delle “reali condizioni di salute” del suo cliente. “Soprattutto sul piano psicologico - dichiarò il legale – e se è in grado di partecipare al processo”. Per questo, l’udienza fu rinviata al 18 ottobre. In questo processo, a Matteo Messina Denaro si contestava di avere impartito direttive, attraverso “rapporti epistolari” (i famosi “pizzini”), costituendo il punto di riferimento mafioso decisionale in relazione alle attività e agli affari illeciti più importanti, gestiti da Cosa Nostra, in provincia di Trapani e in altre zone della Sicilia. A sostenere l’accusa: il pm della Dda Gianluca De Leo. Numerose le parti civili ammesse in fase di udienza preliminare dal gup di Palermo. Tra queste, anche la Cgil Camera del Lavoro di Trapani, rappresentata dall’avvocato Salvatore Rizzo, l’Antiracket di Trapani (avvocato Giuseppe Novara), Pasquale Calamia (avv. Marco Campagna), l’associazione “Antonino Caponnetto” (avv. Mariella Martinciglio in sostituzione dell’avvocato Alfredo Galasso), l’associazione “Giovanni Falcone”, Codici Sicilia (avv. Giovanni Crimi), l’Antiracket Alcamese, Sos Sicilia, i Comuni di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Canicattì. Intanto, è in fase d’appello, a Palermo, il processo “Annozero” per gli imputati che avevano chiesto il rito ordinario e che il 15 febbraio 2022 vide il Tribunale di Marsala infliggere tredici condanne per complessivi 166 anni di carcere. Esattamente quanti ne avevano invocati i pm della Dda di Palermo. Tra i legali degli imputati, gli avvocati Vito Cimiotta, Fabio Tricoli, Giuseppe Oddo, Massimiliano Miceli, Luisa Calamia e Lillo Fiorello.

L’operazione antimafia “Annozero” scattò all’alba del 19 aprile 2018. L’indagine, condotta dai carabinieri, ha visto coinvolti presunti mafiosi, tra i quali anche due cognati del superlatitante Matteo Messina Denaro (Gaspare Como e Rosario Allegra, quest’ultimo deceduto il 13 giugno 2019, a 65 anni, a seguito di un aneurisma cerebrale, nell’ospedale di Terni) e fiancheggiatori di Cosa Nostra nel Belicino. In primo grado, le pene più severe (25 anni di carcere ciascuno) sono state sentenziate per Gaspare Como, al quale si contesta un ruolo di vertice nella “famiglia” di Castelvetrano, e per Dario Messina, ritenuto dagli inquirenti il nuovo reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo.

Già in precedenza, il Tribunale di Marsala aveva giudicato Matteo Messina Denaro. Il 31 gennaio 2011, il collegio presieduto dal giudice Renato Zichittella gli inflisse 30 anni di carcere (27 + 3 in continuazione con una precedente sentenza) per associazione mafiosa. Era il processo in cui il boss era imputato insieme a Giuseppe Grigoli, ex gestore dei supermercati Despar in Sicilia occidentale. In appello, a Messina Denaro la condanna venne confermata, seppure con uno “sconto” di sette anni. Il 9 novembre 2006, invece, per detenzione di armi ed esplosivi, il Tribunale marsalese gli inflisse 4 anni e mezzo di reclusione. Alla stessa pena fu condannato il coimputato Giuseppe Graviano, boss palermitano del quartiere Brancaccio. La pena fu sentenziata in continuazione con quella irrogata loro dalla Corte d’assise d’appello di Firenze il 13 febbraio del 2001. Gli esplosivi sarebbero stati quelli che il capomafia di Castelvetrano e quello palermitano, avrebbero fatto partire, agli inizi del 1992, da Mazara, per essere utilizzati negli attentati commessi a Roma e Firenze nel 1993.