I media nazionali, sollecitati pesantemente dai rappresentanti del Governo nazionale, ci bombardano da mesi con il connubio tra sicurezza e migranti, creando nella percezione delle persone comuni un nesso quasi automatico tra questi due argomenti, entrambi seri, ma che non è detto che debbano essere trattati congiuntamente.
Le settimane che aspettano il Governo Meloni sono tutt’altro che semplici. Dopo le difficoltà riscontrate con il raggiungimento dei target stabiliti dal PNRR e l’incognita dei tagli ai tanti progetti, alcuni già in essere, annunciati dal Ministro Fitto, si aggiunge la sfida della salvaguardia dei conti pubblici e il difficile cammino verso la futura legge di Stabilità.
Per evitare questi nodi, che riguardano la vita quotidiana di professionisti, cittadini e imprese, la destra ha deciso - senza alcun tocco di originalità, questo dobbiamo ammetterlo - di gridare all’invasione dello straniero e di ergersi come unico difensore dei confini della Patria. Tra l’altro, guardando i dati sugli sbarchi, senza alcun risultato.
Dal “blocco navale” sbandierato per anni dai banchi dell’opposizione, si è passati allo smantellamento del già fragile modello di accoglienza attraverso il cosiddetto “decreto Cutro”. In questa operazione di “distrazione di massa” il Governo ha dichiarato lo “stato di emergenza”, cercando di alimentare la percezione di invasione nei propri concittadini, ma evitando coscientemente di governare il fenomeno dei flussi migratori. L’equazione, dopo tutti questi anni, dovrebbe essere chiara: maggiore caos = crescita dei consensi elettorali.
Ma il fenomeno dei flussi migratori lo si può considerare un episodio emergenziale? Per non farla eccessivamente lunga penso però che alcuni numeri possano aiutarci per smontare questa lettura. Attualmente la popolazione mondiale (dati delle Nazioni Unite https://www.un.org/development/desa/pd/) è pari a 7,94 miliardi e nel 2050 raggiungerà i 9,6 miliardi. La popolazione dei paesi occidentali (continente europeo e nord americano, per capirsi) oggi è pari a 1,1 miliardi e nel 2050 rimarrà pressoché stabile. Il continente africano (comprensivo dei paesi dell’Africa del Nord, quella subsahariana e dell’ovest dell’Asia, come la Siria) detiene oggi una popolazione pari a 1,7 miliardi e nel 2050 arriverà a 2,86 miliardi.
Nel 2050, quindi, il peso sul totale della popolazione mondiale dei cittadini del continente africano sarà pari al 29,5% e quello dei cittadini occidentali (Eu + USA e Canada) sarà pari all’11,6%.
A queste informazioni si aggiungono quelle della Banca Mondiale, che evidenzia come la ricchezza pro-capite continuerà ad essere più elevata nei paesi dell’Occidente rispetto agli altri continenti, consolidando le disuguaglianze con il continente africano.
Queste informazioni ci inducono a capire che il fenomeno dei flussi migratori, da un continente, quello africano, che ha un tasso di fertilità di 4,5 nascite per donna, ovvero di quattro volte maggiore al tasso italiano (ad esempio), non si estinguerà a breve, ma anzi ci accompagnerà per tutto il secolo in corso.
Per queste ragioni è una vergogna che sia trattato come fenomeno emergenziale. Un paese come il nostro avrebbe bisogno di saper governare questo fenomeno investendo in questi cittadini, provando a mettere in campo politiche concretamente protese all’integrazione.
Pochi giorni fa il sottosegretario La Pietra attaccava il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, per la sua ferma opposizione sia alla sottoscrizione dell’intesa sullo stato di emergenza, sia alla realizzazione dei Centri di Permanenza e Rimpatrio (CPR). Il sottosegretario raccontava la solita novella della sinistra che vuole accogliere tutti indiscriminatamente, insinuando che gli amministratori del centrosinistra fossero quasi complici e causa dell’insicurezza diffusa.
Francamente, però, da un alto rappresentante del Governo ci dovremmo aspettare qualcosa di più, rispetto alla semplice propaganda elettorale. Quella poteva andare bene fino a che era sui banchi dell’opposizione, ma adesso che si trova dall’altra parte della “barricata”, dovrebbe almeno compiere lo sforzo di fare un passo in più.
E le soluzioni messe in campo “per difendere la Patria” quali sarebbero?
Smantellamento del già fragile modello “sistema accoglienza integrazione” (SAI) attraverso il c.d. “decreto Cutro” (L. 50/2023).
Il SAI, che era stato cancellato dai decreti Salvini e reintrodotto dal ministro Lamorgese, è l’unico che permette oggi di governare i processi di integrazione, in un rapporto sinergico e collegiale tra territorio e istituzioni locali. Questo modello permette ai migranti accolti nei percorsi di essere accompagnati nell’insegnamento della lingua e soprattutto nell’avviamento ai corsi educativi o di formazione professionale. Nel tentativo, sacrosanto, di renderli autonomi e indipendenti dal sostegno pubblico, dando loro gli strumenti per un’emancipazione concreta.
Realizzazione dei centri di permanenza e rimpatrio in ogni regione, per rimandare nei paesi di origine gli immigrati irregolari.
Peccato che per compiere tutto questo siano necessari gli accordi bilaterali tra l’Italia ed i paesi di origine e questi sono del tutto assenti. Questo piccolo elemento fa pensare che i CPR servano solo per togliere dalla strada i migranti, segregandoli in ex caserme o edifici simili, come se fosse un’operazione di make-up per nascondere le occhiaie o il colore pallido del volto.
Introduzione della garanzia finanziaria di 4.938€ per evitare l’ingresso nei CPR.
Questa è la vera novità introdotta dal decreto attuativo della legge 50/2023 (decreto Cutro), che prevede il pagamento di quasi cinquemila euro a persona, per evitare l’ingresso nel CPR. Direi che si commenta da sola, senza approfondire ulteriormente la gravità di questa norma.
Quindi cosa fare? A temi complessi ed articolati non esistono risposte e soluzioni semplici, nonostante molti populisti (da sinistra a destra) arricchiscano il dibattito pubblico con slogan elettorali fini a se stessi.
Vi è la necessità di dare stabilità a una politica migratoria, che non venga stravolta ogni cinque, quattro, tre anni, perché questo - come anche in altri settori - non garantisce alcun tipo di investimento o di progettualità di lungo periodo.
Il fenomeno demografico dell’Italia e dell’Europa richiederebbe un’azione coraggiosa congiunta sul tema delle migrazioni. È del tutto evidente che i paesi di confine sul Mediterraneo, come la Grecia, la Spagna o l’Italia non potranno mai affrontare in solitudine questo fenomeno che, come si evince dai dati delle Nazioni Unite, non smetterà ma anzi si intensificherà nei prossimi decenni. L’Europa, vittima dei sovranisti dei paesi dell’est, sodali amici della Meloni e del ministro Salvini, è in stallo e sta mostrando tutta la sua debolezza di fronte a questo epocale fenomeno.
L’Italia, nel suo piccolo, dovrebbe gestire questo fenomeno scevra dalle tifoserie in campo e provando a guardare più in là del proprio naso. Non dovrebbe limitarsi ad amministrare (per ora male) il presente, ma a immaginare il futuro. Per questo dovrebbe investire risorse nel sistema SAI ed in tutti quei percorsi che realmente mettono a disposizione dei cittadini migranti un percorso di apprendimento e di formazione. Il sistema produttivo italiano richiede molta forza lavoro che oggi è assente per ragioni culturali e demografiche, e dovremmo avere la lungimiranza di far incrociare la domanda e l’offerta, attraverso però un percorso di mediazione culturale e di integrazione. Pensare, come faceva La Pietra alcuni giorni fa nella sua dichiarazione, di accogliere solo cittadini migranti già formati e capaci di inserirsi nel sistema produttivo è pura utopia.
Infine, anche le Regioni possono svolgere, seppur non abbiano competenze specifiche in materia di accoglienza, un ruolo determinante. Soprattutto nei percorsi di formazione linguistica e professionale. Questa è una sfida che sta davanti a loro e che merita di essere colta e combattuta. Diversi progetti sono già oggi in campo, ma molti altri potrebbe essere lanciati in accordo con le forze sociali e imprenditoriali del territorio.
La destra ha scelto la strada delle soluzioni semplici a problemi complessi, sfruttando la comunicazione parziale e fuorviante, e alimentando la percezione della paura e dell’insicurezza nei cittadini. Ai progressisti e democratici spetta invece di rilanciare un nuovo “umanesimo”, come lo ha definito Papa Francesco, che veda al centro la persona e la sua dignità.
Riccardo Trallori