Il sorriso di Marisa Leo non si è spento
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Da giorni Marsala, Salemi luoghi che amo sono in un tunnel di dolore. Una donna una mamma uccisa ad un appuntamento dove è andata e parafrasando un libro “la fine è nota”.
Una Comunità che piange, le fotografie e il sorriso di Marisa Leo un contraltare alla morte. Da padre mi pongo domande che non trovano risposta alcuna, da uomo sento il peso del fallimento, l’incapacità di abitare questo tempo.
Un passo di lato, disinnescare anche nei momenti dove la dialettica tocca il fondo con il rischio di passare il segno. Non sono capace oggi a elaborare pensieri, confuso drammaticamente incapace anche a immaginare. Attorno il buio vero, delle parole dei pensieri.
Mi aggrappo al bello, ci provo, non ho altri strumenti, e in questa estate trascorsa a riavvolgere un film di ricordi e provare a blindarmi per altro che arriverà, pensare scrivere incontrare quelle poche persone che non sono evaporate al caldo metropolitano.
Fogli consumati, pensieri affastellati, idee strampalate che iniziano a prendere forma e con un comune denominatore, l’essere nelle intenzioni parte attiva in processi partecipativi. Questo so fare con il mio lavoro, suggerire percorsi confrontarsi e se del caso cambi di rotta e procedere via via coinvolgendo persone istituzioni imprenditoria. Connettere le energie migliori aprendo l’agenda e capire che con la Cultura puoi essere di aiuto, tutti insieme - perché siamo in molti in Città - possiamo non essere più pedine solitarie ma attori di un cambiamento autentico.
Un processo partecipato, che sia una lettura di una poesia, una marcia, una panchina da posare richiede un comune denominatore: la Comunità. Queste azioni richiedono tempo, costanza e voglia di fare tutti insieme.
Poi arriva la cronaca, un omicidio e tutto sembra non avere più senso. La scossa è arrivata a tutti, forte come non mai e da più parti ho letto di un senso di scoramento di fallimento a quanto fatto fino ad oggi da molti e credo che dal fondo in cui siamo tutti possiamo riemergere ma insieme.
Abbattere steccati muri, agire col sorriso e con l’educazione al rispetto e se al più possiamo perorare comportamenti coerenti e maturi con gli adulti, con chi è a scuola non è più un auspicio. Ho toccato con mano che i ragazzi, i nostri ragazzi se coinvolti da un Maestro non da un professore, ne riconoscono l’indirizzo la via indicata; non conoscono sabato pomeriggio che sia, si fanno coinvolgere e stupiscono con il loro essere figli del tempo che vivono.
Dai bambini ai ragazzi, da una lettura ad alta voce a farsi ambasciatore per una visita ad un monumento ad una chiesa (è prossima la nuova edizione a Marsala de La via dei Tesori), dal carteggiare un pezzo di ferro che sarà l’anima di una panca a diventare giuria per un Premio; tutte tessere di un puzzle complicatissimo per la costruzione di una coscienza.
La famiglia spesso ha abdicato a questo ruolo delegando, e comprendo che viviamo tempi diversi rispetto a venti trent’anni addietro, ma alcuni punti fermi sono d’obbligo.
Il sorriso di questa donna non si è spento, gli occhi di questa mamma non dimentichiamoli e che siano viatico già oggi di un percorso che Lei aveva iniziato da tempo col suo lavoro con le sue azioni responsabili.
L’acquerello…
A marzo scorso, in occasione della giornata mondiale della poesia nella sede della Fondazione Bellonci, veniva presentata la prima edizione dello Strega Poesia; Sergio Rubini leggeva Umberto Saba, Giuseppe Ungaretti, Sandro Penna, Anna Achmatova, Amalia Rosselli, Patrizia Cavalli, uno schermo mandava in diretta il Maestro Alessandro Sanna che su un foglio e i suoi pennelli con velocità sapiente ha tratteggiato un acquerello: i versi sospesi in aria, ora l’orecchio ad una parola ora l’occhio a ciò che sarebbe stata l’opera finita.
Un blue quasi impenetrabile, poi una luce.
A Marisa Leo
Poesia dell’ultimo incontro (1911, Anna Achmatova)
Il petto senza forza raggelava,
eppure leggeri erano i passi.
Ho infilato il guanto di sinistra
nel posto della destra.
Sembrava che i gradini fossero tanti,
ma io sapevo che erano soltanto tre!
Nell’autunnale sussurro degli aceri
mi ha chiesto: “Muori con me!
Mi ha ingannato infatti il triste,
incostante, crudele mio destino”.
Gli ho risposto: “Caro, caro!
Anche me ha ingannato. E morirò con te…”
Questo è il canto del nostro ultimo incontro.
Ho guardato la casa buia all’ultimo istante.
Solo nella camera ardevano candele,
di una luce gialla, indifferente.
giuseppe prode
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