Marisa, la donna del vino che lottava per i diritti delle donne
A Mazara del Vallo si doveva celebrare a ottobre l'evento "Donne del vino", un'iniziativa ideata da Marisa Leo, il cui ricavato sarebbe servito a combattere la violenza di genere. Purtroppo, Marisa non ha visto realizzarsi il suo progetto.
Marisa Leo era una donna solare, affabile e generosa. Era una madre premurosa, una professionista eccellente nel campo enologico e una sostenitrice convinta dei diritti delle donne. "Marisa era come una luce che illuminava tutto ciò che faceva", la ricordano amici e colleghi.
Responsabile marketing presso la cantina vitivinicola sociale "Colomba bianca", una delle più rinomate in Sicilia, Marisa era una figura di spicco nel suo settore.
Dedicava se stessa al lavoro, considerando i vini non solo una passione, ma una vera e propria missione. Amava profondamente la figlia di tre anni che aveva avuto con il suo ex compagno Angelo Reina, l'uomo che poi l'ha uccisa.
Nel 2020, aveva denunciato Reina per stalking e violazione degli obblighi di assistenza familiare, dimostrando grande coraggio. Marisa si impegnava attivamente nella difesa dei diritti delle donne, convinta che fosse possibile un cambiamento. In occasione dell'8 marzo, tre anni fa, scrisse un post su Facebook in cui denunciava la disparità di genere, ma si diceva fiduciosa che le cose sarebbero cambiate. "Una rivoluzione culturale è in atto", scriveva.
Proprio in quei giorni, con l'associazione "Donne del vino", stava pianificando un evento enologico che si sarebbe dovuto tenere a ottobre a Mazara del Vallo, con il ricavato destinato a un'organizzazione attiva contro la violenza di genere.
«Tutti possiamo far qualcosa: aiutare, sensibilizzare, diffondere, affinché non una donna in più subisca delle violenze», si legge nella didascalia di un video di Marisa Leo.
Queste parole fanno ancora più male oggi, dove è impossibile non imbattersi nelle ultime notizie che vedono gli abusi sulle sorelline di Monreale e ancora l’ennesimo femminicidio.
Gli ultimi casi come quelli di Palermo, Caivano, Monreale e adesso Marsala, devono servire per alimentare un dibattito costruttivo e rendere chiaro che la violenza sulle donne è un problema culturale che ha a che fare con la sopraffazione e richiede misure educative ad ampio raggio.
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