Dice di aver rispettato tutte le procedure, che gli enti interessati sapevano e hanno dato l'ok a quello che si stava realizzando. Presenterà ricorso e si definisce "danneggiato" da tutta la vicenda e non esclude esposti alla Procura. A parlare è Giuseppe Maurici, imprenditore, titolare della MaCeTra, che aveva iniziato a costruire il famoso solarium della discordia sulla costa di Levanzo. La realizzazione del solarium è diventato un caso, con polemiche e vertenze che vanno avanti da mesi. Nei giorni scorsi la Regione Siciliana ha annullato la concessione demaniale. Adesso Maurici dà la sua versione e annuncia ricorso al Tar. Ecco la lettera.
Ho avviato la richiesta per la concessione demaniale per il solarium di Levanzo oltre sette anni orsono, coinvolgendo, con la procedura della conferenza di servizi, diverse amministrazioni pubbliche, ciascuna delle quali titolari o esponenziali di interessi o vincoli sussistenti nella zona in cui dovrà sorgere.
Regione Siciliana-demanio marittimo, Comune di Favignana, Area marina protetta delle Egadi, Genio Civile di Trapani, Soprintendenza ai Beni culturali di Trapani, Azienda sanitaria provinciale e Agenzia delle Dogane, tutte hanno preso parte al complesso procedimento amministrativo che è culminato nella concessione demaniale tanto contestata.
Ritengo di essere stato ossequioso alle prescrizioni che mi sono state imposte, tuttavia ho dovuto registrare il ripensamento di alcune Amministrazioni che ha condotto sino alla revoca della concessione notificatami nei giorni scorsi, il cui contenuto è noto in quanto pubblicizzato dai mezzi di informazione.
In ragione della vasta eco che, in questi mesi, ha riguardato la vicenda intendo dire la mia, pur consapevole che le questioni tecniche e giuridiche dovranno essere affrontate davanti le competenti Autorità Giudiziarie.
Ho già provveduto ad adire il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia avverso il primo provvedimento della Soprintendenza di Trapani, mi accingo a fare lo stesso avverso quello di revoca della concessione.
Contesto sia nel merito che nel metodo tale annullamento poiché lo ritengo ingiusto per disparate ragioni.
Senza volere qui anticipare le motivazioni che verranno addotte nel ricorso al TAR, basti fare un giro per le Egadi, ovvero in altre aree marine protette del trapanese o della Sicilia per rendersi conto di quante strutture similari (ed anzi più consistenti) rispetto a quella che mi accingevo a realizzare esistono già.
Legno o ferro, cemento o ancoranti chimici si trova di tutto con il placet, ritengo, delle Amministrazioni interessate.
Si adduce che i lavori si stessero dipanando in maniera difforme per quel che attiene delle altezze, tuttavia nessuna delle Amministrazioni interessate ha rilevato difformità inerenti le dimensioni e la consistenza dell’opera.
L’ asserzione della difformità delle altezze mi sembra ingiustificata e priva di fondatezza in quanto nei provvedimenti autorizzatori non si è mai fatto riferimento ad altezze predefinite ma variabili, proprio perché l’orografia del luogo, fatto di una scogliera non omogenea ed in pendenza verso il mare, non consentiva e non consente di mantenere sempre uguali altezze della struttura portante in ferro.
In ogni caso gli elaborati progettuali forniscono dovizia di informazioni e particolari e sono corredati da un ampio dossier fotografico della zona.
Quando abbiamo effettuato i rilievi in fase di progettazione, il sito era occupato da automobili parcheggiate, barche in disuso e rifiuti, circostanza che non ha agevolato la misurazione analitica delle quote.
Entrati in possesso dell’area, abbiamo iniziato i lavori e, dopo avere sgombrato a nostre spese la zona, ci siamo accorti che le altezze reali (in taluni punti) differivano da quelle originarie, tant’è che abbiamo immediatamente sospeso le operazioni ed indirizzato una specifica nota alla Soprintendenza di Trapani, nota che è rimasta priva di risposta.
Dopo poco tempo è iniziato il tam tam mediatico che ha suggerito a tutti di trovare un grimaldello per annullare la concessione.
Il problema dell’acciaio della struttura portante costituisce un falso problema, in prima analisi perché ad opera conclusa non sarebbe stato in alcun modo visibile, in quanto ricoperto dal legno, così come in previsione, ma inoltre perché nell’intera provincia vi sono almeno una dozzina di strutture in acciaio di dimensioni più rilevanti e più incombenti regolarmente autorizzate in aree demaniali.
Dalla disamina del provvedimento di revoca si rileva quanto ho sempre sostenuto, ovvero che il progetto assentito era stato in qualche modo variato dalle specifiche prescrizioni imposte dal Genio Civile di Trapani, prescrizioni che la Soprintendenza dei beni culturali ha affermato di non conoscere, pur avendo fatto parte della conferenza di servizi.
Sostengo, sin dall’inizio, che non vi è stata circolarità delle informazioni tra gli enti interessati, ma la responsabilità ed il danno di ciò non può e non deve ricadere sulla mia impresa che, ribadisco, ha dovuto fare proprie prescrizioni e pareri rilasciati dalle PP.AA.
Inutile dire che in tutti questi anni ho pagato imposte, tasse e canoni per potere completare la procedura ed in quei casi tutti gli Enti coinvolti hanno sempre incassato regolarmente il dovuto a fronte di autorizzazioni e nulla osta, senza eccepire alcunché.
La mia società opera da oltre cinquant’anni in maniera onesta e seria e mi ha amareggiato leggere commenti sopra le righe che hanno finito per tracimare nell’ offensivo, ed in ragione di ciò mi sono visto costretto a rivolgermi all’Autorità Giudiziaria mediante un apposito e circostanziato atto di denuncia e querela.
Posso accettare, pur non condividendola, la critica rivolta nei confronti dell’opera, sempre legittima in un paese democratico, ma non consento a nessuno di offendere me e la mia azienda sotto il piano personale.
Ribadisco che il solarium è stato assentito sotto tutti i profili in quanto oltre al Genio Civile, che si è espresso circa i materiali da utilizzare per costruire la struttura, è stato rilasciato dal Comune di Favignana un permesso di costruire in cui si è autorizzato espressamente l’utilizzo del ferro e le altezze variabili.
Sempre lo stesso Ente, prima di rilasciare la citata autorizzazione, ha effettuato uno screening sulla compatibilità ambientale dell’opera con esito assolutamente favorevole.
Nessuno ha potuto eccepire alcunché circa la legittimità del sito e della compatibilità dell’opera rispetto allo stesso, in quanto esso insiste su area portuale e non di riserva.
Inoltre la struttura andrà smontata al termine della stagione estiva; ciò presenta una notevole refluenza circa la mancanza di impatto ambientale.
Mi spiace constatare come il provvedimento del Demanio non dica nulla a tale proposito.
Ritenevo che l’Italia fosse un paese dove il diritto avesse ancora un valore centrale nel regolamento dei rapporti giuridici tra la Pubblica Amministrazione ed il privato cittadino, comprendo che oggi i social hanno maggiore peso.
Se mi avessero detto subito che l’opera non era realizzabile avrei evitato di fare un investimento così importante a Levanzo, ma stupidamente ho ritenuto che potesse costituire per l’Isola un momento di attrazione ed un volano di sviluppo.
Se le normative, nazionali e regionali, consentono tali tipologie di intervento ritengo che è nel mio pieno diritto poterla completare.
E’ paradossale sentirsi dire da uno o più Enti che non fossero a conoscenza delle caratteristiche del progetto, anche perché tali informazioni sono pubblicate su un apposito portale istituzionale dove tutti possono consultare i documenti progettuali che compongono il cuore della concessione.
Credo, conclusivamente, di essere stato danneggiato, e non poco, da questa vicenda e sto valutando insieme, ai miei difensori, la possibilità di esporre dettagliatamente l’occorso alla Procura della Repubblica di Trapani ed a quella regionale della Corte dei Conti, affinché possano evidenziarsi eventuali responsabilità penali e contabili.