La danza contemporanea e le note ricercate e al tempo stesso popolari, che sfidano i confini del tempo,
sono al centro della programmazione del 23 e 24 agosto del Segesta Teatro Festival, giunto all’ultima settimana di programmazione.
Il 23 alle 21.00 appuntamento al Tempio con il concerto In viaggio dall’Europa ai Balcani di Nubras Ensemble, formazione internazionale votata alla costruzione di un ponte tra musica colta occidentale e le tradizioni sonore di Balcani e Medio Oriente, unendo musicisti under 35 provenienti dal mondo della classica, del jazz e della musica popolare. Nubras in arabo è la lanterna di chi apre nuove strade. E molteplici sono le strade percorse dai componenti di un ensemble che riunisce un trio d’archi tutto al femminile - una violinista veneziana, una spagnola, una violoncellista polacca – un sassofonista trentino, un percussionista e un fisarmonicista napoletani. Sono strade dove lasciarsi andare a danze bulgare e ad ascoltare suite rumene e brani di tradizione serba e macedone, tra momenti di festa e piccoli quadri intimi di villaggi dell’Est Europa, tra fanfare e violini, darbuka e fisarmoniche.
I brani in repertorio, arrangiati ad hoc dai musicisti di Nubras, nascono dai viaggi, dagli incontri fatti in questi anni in Macedonia, Grecia, Bulgaria, Romania. Ognuno di loro è portatore di una storia, di uno scambio con musicisti locali e con professionisti che da anni si occupano dello studio di tale repertorio. Il concerto, della durata di 90 minuti, è una produzione Smart e verrà eseguito da Carla Mulas González e Giulia Anita Bari al violino, Rachel Blueberger al violoncello, Giorgio Gadotti al sax, Luca Cioffi alle percussioni (darbuka, tamburi a cornice, tabla) e Nino Conte alla fisarmonica.
Giovedì il 24 agosto doppio appuntamento: alle 19.30 al Teatro Antico arriva la danza contemporanea di Sofia Nappi, coreografa indipendente per importanti compagnie internazionali come National Theatre Mannheim, Staatsoper Hannover, Scottish National Ballet, Introdans e Nederlands Dans Theater 2, nonché direttrice artistica e co-fondatrice del progetto KOMOCO supportato da Sosta Palmizi. Sofia Nappi/Komoco presenta al Segesta Teatro Festival due coreografie in successione: Dodi e Ima.
Il primo, un duetto che trae il titolo dall’ebraico “dono; mio amato” e ha ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali, parte dall’esplorazione dello stato di tormento e insoddisfazione che maggiormente plasma l’esistenza umana. Il desiderio costante di quel qualcosa in più nelle nostre vite può spesso produrre un senso di solitudine e quindi paura. Con il loro incontro e il rispecchiarsi l’uno nell’altro, due entità attraversano un viaggio di auto-esplorazione e accettazione, condividendo onestà di espressione, che richiede una profonda trasformazione e annullamento di stereotipi culturali. Il duetto esprime intimità, fiducia, sensualità, rapporto umano, delicatezza, leggerezza e passione.
Dodi offre un senso di profondità dell’esistenza umana nel riscoprire la sottile poesia del rapporto con l’altro, per ritrovare un ascolto profondo del momento presente e nuove possibilità in questa realtà: questo innato senso di tormento appare ora come uno dei doni più preziosi che tutti condividiamo e la consapevolezza di esso ci aiuta ad andare più? in profondità, trovare accettazione di noi stessi e infine libertà.
Prodotto da Sosta Palmizi con Sofia Nappi/Komoco, Dodi ha una durata di 10 minuti, in scena ci sono Adriano Popolo Rubbio e Paolo Piancastelli, i costumi sono ideati dalla stessa Sofia Nappi che firma la coreografia, mentre il light design è affidato ad Alessandro Caso. Qui il trailer https://vimeo.com/641855468 .
È un titolo che rimanda ad altre lingue anche quello della performance Ima, termine giapponese che indica “il momento presente” mentre in aramaico ed ebraico ha anche il significato di madre, nella sua accezione di rinascita e rinnovamento. Il quintetto è stato immaginato durante il periodo di distanziamento sociale.
Come racconta Sofia Nappi: “Ci siamo ritrovati soli nella nostra vera casa – il corpo – dove la principale dimensione temporale tangibile è il presente, dove il nostro esistere diventa più sensibile alle piccole cose. In questo spazio, il bisogno di rapportarsi con l’altro da noi, in assenza di contatto fisico, porta a raggiungere un profondo senso di connessione sensibile e nostalgia di co-creazione. Essere soli con il proprio corpo permette di percepire chiaramente che tutto, dentro e intorno, non si è fermato, ma è in continuo divenire in una danza che è interconnessione universale.”
Presentato in una prima breve versione alla Biennale di Venezia XIV e, successivamente, in numerosi festival in Europa e in Messico, Ima è una produzione Sosta Palmizi, Komoco/Sofia Nappi, in coproduzione con La Biennale di Venezia, COLOURS – International Dance Festival, Centro Coreográfico Canal e con il sostegno residenziale di Orsolina 28, Centro di Residenza della Toscana (Fondazione Armunia Castiglioncello – CapoTrave/Kilowatt Sansepolcro), Opus Ballet Firenze, Istituto Italiano di Cultura di Madrid.
In scena i danzatori Arthur Bouilliol, Leonardo de Santis, Glenda Gheller, India Guanzini e Paolo Piancastelli. Assistente alla coreografia è Adriano Popolo Rubbio, le luci sono di Alessandro Caso, i costumi sono stati disegnati da Luigi Formicola e realizzati da Silvia Salvaggio e Elisa Varvarito, grazie alla collaborazione con Manifatture Digitali Cinema Prato di Fondazione Sistema Toscana. Ima ha una durata di circa 50 minuti.
A seguire, alle ore 21.00 al Tempio, il Segesta Teatro Festival 2023 presenta in prima nazionale il concerto Teleion del Duo Lopez Arevalos, un viaggio indietro nel tempo nei territori della musica greca antica reinterpretata con sensibilità contemporanea e strumenti ricercati come la shruti box e la tanpura indiana. La formazione, composta dalla cantante e attrice Camilla Lopez e il pianista compositore Matteo Ramon Arevalos, in questa occasione si focalizza su 12 opere di musica greca antica, liberamente trascritte – con l’aiuto della traduzione e traslitterazione di Dimitris Soukoulis - senza seguire uno studio filologico, pur mantenendo però l’integrità della struttura e delle melodie frammentate.