E' passato un mese dall'inchiesta della Procura di Palermo ed eseguita dai carabinieri che ha portato all'arresto del consigliere comunale di Mazara del Vallo, Giorgio Randazzo, meloniano, accusato di ricettazione e tornato libero nelle settimane scorse, del carabiniere Luigi Pirollo, accusato di accesso abusivo al sistema informatico e violazione del segreto d'ufficio, si trova ancora ai domiciliari (potete leggere qui).
I due secondo l'accusa avrebbero tentato di vendere a Fabrizio Corona (indagato), documenti segreti che riguardavano le indagini sulla cattura di Matteo Messina Denaro. Adesso si vedrà come evolverà tutta la vicenda anche dopo la scarcerazione di Randazzo, il cui caso è stato escluso dal Triunale del Riesame dalla competenza della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo.
L'inchiesta - Il boss castelvetranese è stato arrestato il 16 gennaio alla clinica La Maddalena, e da quel giorno sono iniziate a venir fuori notizie sulla sua latitanza allegra, alla luce del sole, come una persona qualunque. Era però l’uomo più ricercato d’Italia. Dalle indagini venne fuori che Messina Denaro era in contatto con tante donne. Da qui quelli che erano retroscena di una latitanza si sono trasformati in gossip. In questo contesto si inserisce l’inchiesta con l’arresto ai domiciliari dei due mazaresi e il coinvolgimento di Corona, che risulta indagato. Pirollo e Randazzo si conoscono da tempo, e quei file per entrambi avevano valore diverso. Per il maresciallo quei file avrebbero alimentato teorie complottistiche sulla cattura di Messina Denaro, per il consigliere comunale avevano un valore economico. C’è da dire che dall’indagine non emerge il “quantum”, cioè quale sarebbe stato il prezzo per i file.
Teorie complottistice e file riservati - Per il maresciallo quei file avrebbero alimentato teorie complottistiche sulla cattura di Messina Denaro, per il consigliere comunale avevano un valore economico. C’è da dire che dall’indagine non emerge il “quantum”, cioè quale sarebbe stato il prezzo per i file. Secondo quanto emerso dalle indgini il carabiniere, in servizio al N.O.R. della Compagnia di Mazara del Vallo si sarebbe introdotto illegalmente nel sistema informativo dell'arma e avrebbe estratto copia di oltre 700 file riservati sulla cattura di Messina Denaro. I file poi li avrebbe consegnati a Randazzo, che avrebbe contattato Corona cercando di vendergli i documenti. Randazzo, su indicazione dello stesso Corona, si sarebbe rivolto a Moreno Pisto, direttore del quotidiano online Mow, per vendergli il materiale. I carabinieri hanno anche perquisito la casa milanese del fotografo, che risulta indagato per ricettazione.
Le intercettazioni su Corona e il via alle indagini - Sono state proprio le intercettazioni disposte a carico di Corona a dare input all'inchiesta sul tentativo di vendere documenti riservati su Matteo Messina Denaro. Dopo la cattura dell'ex latitante, il fotografo venne in possesso di una serie di audio di chat tra il boss e alcune pazienti da lui conosciute in clinica durante la chemioterapia quando, ancora ricercato, usava l'identità del geometra Andrea Bonafede. La circostanza spinse gli inquirenti a mettere sotto controllo il telefono di Corona. In una delle conversazioni intercettate, che risale al 2 maggio scorso, il fotografo fece riferimento a uno "scoop pazzesco" di cui era in possesso un consigliere comunale, poi identificato in Randazzo, grazie a non meglio specificati carabinieri che avevano perquisito i covi del capomafia e che volevano vendersi il materiale. Nei giorni successivi Corona ha continuato a manifestare l'intenzione di rivendere il materiale che il consigliere gli avrebbe procurato. Il 25 maggio Pisto, Randazzo e il fotografo si sono incontrati. In quella occasione il giornalista di Mow, con uno stratagemma, è riuscito in segreto a fare copia dei file a lui mostrati e offerti dal politico. Visionatili e resosi conto della delicatezza del materiale si è rivolto a un collega che gli ha consigliato di parlare con la polizia. Pisto, allora, è andato alla Mobile di Palermo e ha raccontato tutta la vicenda. Sulla base delle sue testimonianze gli investigatori hanno cominciato a indagare e hanno scoperto, attraverso indagini informatiche, che i documenti copiati dal giornalista ad insaputa del consigliere erano stati rubati e che l'autore del furto era Pirollo che aveva lasciato tracce del suo "ingresso" nel sistema e che era uno dei soli due ufficiali che avevano avuto accesso al server della Stazione di Campobello.
"Corona ha denunciato" - "Ho fatto il mio lavoro e mi sono comportato da cittadino onesto e corretto e nonostante tutto eccomi ancora qua in questa situazione". Così si difende Fabrizio Corona lasciando il commento al suo legale Ivano Chiesa. Moreno Pisto, direttore del quotidiano online Mow, ha chiarito l'avvocato Chiesa, "ha denunciato tutto e subito in accordo con Fabrizio Corona". "Ogni giorno è pieno di pazzi che gli propongono delle cose, che lui rifiuta, Corona fa soltanto il suo lavoro, cerca gli scoop, e ciò che mi amareggia è che quando c'è di mezzo Corona il diritto e la realtà vengono storpiati"
Randazzo è tornato in libertà - Nelle settimane scorse il Tribunale del Riesame ha accolto il ricorso di Randazzo e del suo legale, e tra l'altro ha escluso il suo caso dalla competenza della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo. Resta invece, ai domiciliari, Pirollo. Lo ha comunicato luo stesso Randazzo con una sua lunga dichiarazione su facebook: "19 giorni in cui il la mia casa è stata trasformata in prigione , forse, per la necessità di qualcuno di riempire un vuoto mediatico. 19 giorni di “bavaglio” a chi non ha mai indietreggiato di un millimetro dinanzi all’ipocrisia e all’omertà che pervade le radici di questa terra “bellissima e disgraziata". 19 giorni di lacrime e sangue in cui l’unico pensiero è stato pensare e ripensare a cosa non ho fatto e se tutto questo avrebbe consentito a me e la mia famiglia di sapere se ci fosse o meno un domani nella quale vivere".Ho sempre pensato che essere un uomo libero “senza prezzo” in maniera inversamente proporzionale avrebbe potuto “istituire” una sorta di taglia sulla mia testa scatenando una continua caccia di certi e determinati ambienti, al fine magari di liberarsi di chi non si è mai girato dall’altra parte dinanzi ai diritti della gente e al dovere di interpretare al massimo i concetti di libertà, legalità e trasparenza - continua Randazzo - Non ho commesso nessun reato “giuridico e morale”, e sebbene ci vorranno anni per la verità processuale che spesso non coincide con la verità reale, oggi riparto da qui: dal “processo mediatico”, ripreso da oltre 350 organi d’informazione, che combatterò fino all’ultimo dei miei giorni".