L'altro giorno riflettevo, e pensavo: la nostra terra è così bella ed accogliente d'estate, che ti senti sempre in viaggio anche se non lo sei.
Pensavo a tutto quello che ci offre a chilometro zero o quasi, e che in estate è centuplicato. Soprattutto se parliamo di cultura "fruibile a tutti", che raggiunge tutti, perché si "decentra" anche dai luoghi deputati a questo ruolo nella stagione invernale (teatri stabili, cinema, musei). Se parliamo in particolare di Trapani e della valle del Belìce e dintorni, in pochissimi chilometri ed in pochi giorni, ci accompagnano le grandi opere dell’Ente Luglio musicale trapanese, il Festival delle Orestiadi di Gibellina (vecchio di 42 anni ormai), il grande teatro e la grande musica al parco archeologico di Segesta ed in quello di Selinunte, la settimana del Premio Tomasi di Lampedusa a Santa Margherita di Belice, ArteMusiCultura a Partanna, con l'intento di valorizzare quest'anno, i luoghi del parco archeologico di contrada Stretto, oltre al Castello Grifeo. Se poi ci concentriamo sulla sola Salemi, quest'anno eletta terzo borgo più bello di Italia nel concorso Il borgo dei borghi della trasmissione TV Il Kilimangiaro, le offerte si amplificano con la Settimana delle Culture in particolar modo, spaziando dal Welcome back Tony Scott al CineKim al Salìber fest.
Ed è proprio sul fenomeno Salìber fest che mi voglio soffermare. Giunto ormai alla sua terza edizione, è la vera novità degli eventi che vogliono ampliare l'offerta culturale nel nostro territorio, ed è destinato a crescere sempre di più negli anni a seguire.
Il Salìber Fest è la manifestazione con il più giovane direttore artistico d'Italia, Filippo Triolo, ragazzo di soli 21 anni (ma riveste tale ruolo da quando ne aveva 18), con una competenza riguardo al mondo letterario e culturale, rari da trovare in giro. Filippo è soprattutto un ragazzo guidato da tanta passione, tanto entusiasmo e tanta umiltà. Supportato da una valida squadra di giovani universitari come lui, insegnanti e professionisti a vario titolo, che hanno fondato L'associazione Liber...i, il cui nome rimanda al doppio significato "libro" e "libertà", come Salìber è la sintesi tra Salemi e Liber.
Gente appassionata e competente che ha fatto crescere il Salìber fest di anno in anno, fino a portarlo ad essere un festival riconosciuto a livello regionale e nazionale, con il patrocinio, da quest’anno, dell' ARS e del Ministero della Cultura. Una magnifica vetrina per la città di Salemi e per chi decide di raggiungerla proprio nei giorni del Festival, che di prassi ormai si svolge nell'ultimo weekend di luglio.
Da sempre, gli scrittori invitati al festival sono autori di respiro nazionale ed internazionale.
Quest'anno davvero un parterre de roi, a partire dalla candidata al Premio Strega Maria Grazia Calandrone che ha messo su carta una drammatica vicenda di cronaca che per lei è anche vicenda di famiglia, a Petruccioli, traduttore italiano di George Orwell; dall'affermato Fabio Stassi agli esordienti e talentuosi Matteo Porru e Monica Acitu. Per finire con un commovente e sentito incontro con Giovanni Chinnici, autore di un libro che racconta il padre (Trecento giorni di sole, edito da Mondadori), svoltosi proprio nel giorno del 40esimo anniversario della strage di via Pipitone Federico a Palermo, nei luoghi che erano seconda casa per il giudice Rocco: infatti, San Ciro, luogo dove i Chinnici da sempre trascorrono le loro vacanze, è una splendida borgata di campagna del vasto territorio di Salemi.
Il festival si è svolto in tre pomeriggi, con un gran finale all'alba del quarto giorno, ideato dallo stesso direttore artistico Filippo Triolo insieme al regista Giacomo Bonagiuso. La scelta del direttore artistico è stata quella di unire, come è naturale che sia, letteratura e teatro, sul filo conduttore della "famiglia", tema portante di questa edizione, per omaggiare il "Lessico famigliare" della palermitana Natalia Ginzburg, di cui ricorrono i sessanta anni dalla prima pubblicazione.
L’alba a teatro si è svolta alle 5 di domenica 30 luglio, al Teatro del Carmine, piccolo capolavoro di acustica, realizzato dagli architetti Collovà, Aprile e Venezia su quel che rimaneva della Chiesa della Madonna del Carmine, distrutta dal terremoto del 1968. Con una posizione unica che ha permesso agli spettatori, in questa prima occasione, di poter godere, insieme allo spettacolo teatrale, anche dello spettacolo del sorgere del sole, parte integrante ed a pieno titolo della sceneggiatura di Giacomo Bonagiuso, che ha messo in scena la sua Medea, arcana opera in-canto, con il sottotitolo di “drammaturgia in lingua madre”.
Una rilettura della Medea in chiave moderna, non tradendola affatto, ma valorizzando quella che era la tragedia greca all'origine, cantata e non recitata. E con una trasposizione temporale nel Risorgimento (Salemi è città risorgimentale per eccellenza, essendo stata prima capitale d’Italia), omaggiando anche quella che è la nostra tradizione ottocentesca dell' opera, ed al contempo la lingua arcaica siciliana, che parlavano i contadini all' arrivo di Garibaldi.
La Medea di Bonagiuso è una contadina povera, che non può che esprimersi nella sua lingua arcana, in contrapposizione alla lingua piemontese, di sapore provenzale, che è quella di questo Giasone dell'Ottocento. Medea, con l’arrivo di Garibaldi e dei piemontesi, diventa straniera nella sua stessa terra, e con grande drammaticità, da siciliana posseduta ed abbandonata dall'uomo del Nord, finisce per condannarsi uccidendo i suoi stessi figli. Una lettura intensa che ha colpito con emozione i 166 spettatori dell'alba del Carmine, e con artisti di raro talento come Riccardo Sciacca, interprete di Giasone, ma anche compositore e curatore dell'intera colonna sonora, dalla importante presenza scenica rafforzata dalla sua tenorile e potente voce; o come la Medea unica di Roberta Scacciaferro, perfettamente in parte, e credibile nell'esprimere il dolore di questa donna"squarciata" che dà la morte ai suoi stessi figli.
Per quanto riguarda il coro, formato da tre magnifiche interpreti (Erika Cusumano, Gloria Stallone, Federica Nuccio), la narrazione cantata non è stata contorno, ma protagonista quanto i due interpreti di Giasone e Medea. Da sottolineare la bravura dei due musicisti che Bonagiuso stesso alla fine ha indicato come orchestra per la loro capacità di essere stati, con la musica, giusto sostegno, anche in termini di resistenza fisica, all'intera drammaturgia (Gabriele Genna e Gaspare Buffa alla tastiera ed al basso elettrico). In ultimo, da menzione, lo stesso Giacomo Bonagiuso, che come in tutte le sue messinscene si è ritagliato un ruolo di attore, e la giovanissima Matilde Sofia Fazio, già affermata attrice di cinema e teatro, apparsi in video nel ruolo di voci narranti -“coscienza”-fuori scena.
Una nota anche per il pubblico di questa Medea, che è stato ben felice di accompagnare l’alba insieme agli attori ed al regista, e che alla fine si è augurato, insieme al direttore artistico, di ripetere questa esperienza per ogni anno a venire, sperando in una lunga vita del Festival. Gli organizzatori hanno salutato tutti offrendo una gustosa colazione, sempre sul tema di quello scambio familiare ed intimo, che ha accompagnato tutta la manifestazione, e con un commosso arrivederci al 2024.
Quindi, anche noi ci auguriamo lunga vita per il Salìber Fest, restando in attesa delle novità della quarta edizione.
Enza Adriana Russo
P.S.: per quanto riguarda la Medea di Giacomo Bonagiuso, dopo la prima di Salemi e l’anteprima di Mazara del Vallo, sarà in scena tutta l’estate, toccando il Teatro Andromeda di Lorenzo Reina, il parco archeologico di Selinunte e la città di San Vito Lo Capo.