Fine Giugno: Prefettura di Trapani, c’è una riunione con tutti i Sindaci per parlare di prevenzione degli incendi. Non si vorranno mica ripetere gli errori degli anni passati, no. Il 2022, in particolare, che estate orribile. Lo scorso anno gli incendi in Sicilia hanno percorso 56.000 ettari con danni per 22 milioni E quindi è meglio organizzarsi. Le idee non mancano. I terreni da pulire, le vedette, i controlli a cavallo, le “campagne di informazione per la popolazione”. Gli strumenti ci sono. In particolare c’è un progetto, si chiama “Occhio virtuale”: piccole telecamere e droni che su boschi e riserve, in modo da intervenire nel più breve tempo possibile. Una buona idea, no? Si alza il rappresentante dell’associazione dei cacciatori. L’idea è ottima, anche per loro. C’è un problema, però: la privacy. “Il sistema di sorveglianza - spiega - lede la privacy di noi cacciatori, ma anche degli agricoltori”. E’ un punto da approfondire, concorda qualche Sindaco. Si vedrà il da farsi. Tanto, questo Giugno sembra Ottobre, con il maltempo che c’è. Riunione finita.
Qualche giorno dopo, arriva il primo vero caldo, e quindi anche gli incendi. Poca roba, quasi un test. Nella nuova Giunta del presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, eletto a Settembre (il suo predecessore, Nello Musumeci, è adesso Ministro della Protezione Civile) ad avere la delega a Territorio e Ambiente è Elena Pagano. La nomina ha suscitato imbarazzo ed ironie. Pagano è la moglie dell’avvocato Ruggero Razza pupillo proprio di Musumeci, ed ex assessore alla sanità (attualmente indagato, con interdizione dalla professione di un anno, in un’inchiesta sulle nomine nella sanità della Procura di Catania). Elena Pagano era stata eletta deputata regionale all’Ars con i Cinque Stelle, poi è scoppiato tra i banchi l’amore con Razza, e lei lascia i Cinque Stelle per Fratelli d’Italia. Candidata alle Regionali nel suo collegio, perde. Premio di consolazione: diventa assessore al Territorio e Ambiente.
E’ lei che tre settimane fa, di fronte ai primi incendi, rassicurava tutti:“Abbiamo aggiornato le procedure operative di contrasto agli incendi - annunciava - e ciò sta consentendo interventi più rapidi ed efficaci, per avere una risposta più incisiva”.
25 Luglio. La Sicilia è devasta dal caldo, dallo scirocco. E dagli incendi.
Palermo assediata dalle fiamme. A fuoco parchi archeologici e riserve naturali. Vittime. Feriti tra i vigili del fuoco e gli operai della Forestale. Città senza luce e senza acqua. Aeroporti chiusi. Ospedali evacuati. Turisti salvati via mare. L’appello dei Sindaci: “Mandate i Canadair”.
E la domanda che si fanno tutti, nell’ennesimo day after della conta dei danni, dello “stato di emergenza”, delle “misure urgenti”: Perché? Cosa c’è dietro tutto questo?
Purtroppo una risposta non c’è. Si può tentare un’indagine, mettere insieme i pezzi. E’ tutto un complesso di cose. Un territorio fragile. Una politica incapace. Una burocrazia complice. E tanti criminali.
L’ultimo paradosso, ad esempio, riguarda i concorsi. La Sicilia brucia, e al corpo dei Vigili del Fuoco, nell’Isola, già in carenza di organico, mancano in questi giorni caldissimi 130 unità. Dove sono? A fare un corso di formazione, di ben cinque settimane, per diventare Capo Squadra. Il corso è organizzato dal Ministero dell’Interno, proprio nel periodo in cui servirebbe la massima presenza dei vigili del fuoco sul campo. Ma non è una coincidenza. La stessa scena si è vista l’anno scorso: 70 operatori via, a lasciare sguarnite le caserme.
Poi non c’è la manutenzione dei boschi e delle aree a verde. O meglio, si fa, ma anche quest’anno è partita con grande ritardo, a Maggio. Ed è ancora in corso. La manutenzione dei viali parafuoco, ad esempio, finirà a Settembre, quando la stagione degli incendi sarà terminata. E’ anche così che si arrivano ai numeri di queste ore: tre vittime, quattro feriti, quattrocento incendi in un giorno e mezzo, cinquemila sfollati. Non che manchino i soldi. Nel bilancio della Regione Siciliana c’è stato quest’anno addirittura un extra budget di lusso per i siti archeologici e culturali: 2,2 milioni di euro. Finanziamento deciso però il 19 Maggio, a primavera inoltrata. Ecco perché poi le fiamme intaccano i templi e le aree archeologiche.
E poi ci sono i criminali. Partendo da un punto: l’autocombustione, dicono gli esperti, non esiste. Dietro c’è sempre la mano dell’uomo. A volte il dolo. Mettendo insieme le tessere del puzzle, per le Procure che in Sicilia sono riuscite a venire a capo di qualche incendio, dietro chi dà fuoco ci sono motivazioni diverse. Una è quella di una piccola parte dei forestali, che appiccano il fuoco per garantirsi la chiamata ed il lavoro. Questo perché i forestali regionali addetti sono quasi tutti nel bacino dei precari al lavoro per 78, 101 o 151 giornate l’anno, con uno stipendio di 1.200 euro. La loro età media è sopra i 55 anni. Ma sono problemi noti da anni.
Poi ci sono i pastori che si contendono i pascoli. Poi, ancora, chi ha fretta di rendere un terreno edificabile. Le fiamme, insomma, sono una specie di sanatoria. Per il resto, un dato va tenuto in considerazione. Gli incendi si ripetono sempre con le stesse modalità: coincidenza assoluta con le condizioni meteo idonee, contemporaneità degli incendi in località diverse, partenza del fuoco all’inizio delle ore serali (non ci sono i soldi per garantire il servizio di controllo notturno) punti multipli degli inneschi e scelta dei luoghi con “professionalità” da conoscitori, in punti impervi.
La Regione continua nella via del precariato (che è sempre un bacino clientelare che funziona, in termini di consenso) e contrattualizza ogni anno 20mila operai forestali. Secondo la Corte dei Conti incidono nel bilancio in 60 milioni di euro l’anno. La Sicilia ha il paradosso di essere tra le ultime regioni italiane per copertura forestale (secondo l’inventario forestale nazionale sono 381.647 gli ettari boscati della Regione) ma ha il più alto numero di persone dedicato alla gestione e alla sorveglianza. Nonostante questo, nell'ultimo decennio è stata fra le prime regioni d’Italia per le superfici coperte dal fuoco.
Una prima cosa da fare, oltre alla programmazione degli interventi di prevenzione, sarebbe allora quella di formare i precari, e stabilizzarli. Sono cose che il Ministro della Protezione Civile, Nello Musumeci, che in queste ore parla di “eventi eccezionali”, dovrebbe conoscere molto bene. Perché era lui Presidente della Regione fino a pochi mesi fa. E ogni estate, per cinque anni, si sono vissute le scene di questi giorni, con le stesse analisi e le stesse conclusioni, numero più, numero meno. Per non parlare dei mezzi: vecchi, mal tenuti. Il 25 Luglio è successa una cosa particolare: ben sei Canadair sono andati in avaria nel pomeriggio, lasciando la Sicilia senza assistenza. Così come molte torrette di avvistamento sono sguarnite o non sono più funzionanti, e alcuni mezzi hanno più di trenta anni di servizio. Un corposo dossier, dettagliato, è stato presentato due anni fa alla Regione e alle Procure interessate dal comitato “Salviamo i boschi”, un gruppo di cittadini che ha fatto verifiche sul campo, consultato anagrafiche ed atti, per consegnare una risposta meticolosa alla domanda: “Perché ogni anno ci sono tutti questi incendi in Sicilia?”. Il loro lavoro è rimasto lettera morta. Noti i problemi, note le soluzioni, cambiano i governi, si riuniscono i tavoli tecnici, ma ogni estate la Sicilia sembra sempre di più una scatola di fiammiferi pronta ad accendersi.