Il caldo che non perdona, un calendario che da tempo non guardo più ma poi una data_19 luglio_ e per alcuni di noi non è un numero della ventinovesima settimana dell’anno, è qualcosa di più.
Dopo anni di assenza da Palermo, Tony Gentile fotografo che tanto ha raccontato per Reuters e non solo, apre una bellissima installazione al Teatro Garibaldi a Palermo nella sua città: “Luce e Memoria”, titolo che ricorda le sue origini di famiglia della Contea di Modica.
Lenzuoli fotografici a mo’ di lapidi a chiudere quel che resta dei palchi in una idea di teatro. Emozioni tangibili: entri e esci da lì diverso.
È la forza della fotografia quando racconta.
E' la forza di una storia che non è solo isolana ma che ha toccato tutti noi italiani nel 1992.
Oggi e da giorni poi, dibattito sulle commemorazioni per la strage di via D’Amelio, e non entro nel tourbillon inutile sul numero ridicolo di cortei che andranno a ricordare il dottor Paolo Borsellino e gli agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina: ci sarà quello governativo ci saranno altri che rivendicheranno la memoria con percorsi diversi e dividendosi su un qualcosa che dovrebbe essere terreno comune, ma questo lo immaginiamo solo noi della strada.
Altrove pensano che sia giusto così. Trentuno anni da allora, antimafia rendite di posizioni, divisioni su tutto o quasi e dove giustamente noi non arriviamo a comprendere certe sottigliezze (il dottor Giovanni Falcone separato da morto dalla moglie Francesca Morvillo, un esempio tra i tanti e una buona fetta di società si chiede ancora il perché). Quattro processi per via D’Amelio e una delle cose che meglio ci riescono in Italia - i depistaggi - e siamo così maestri… il cambiamento climatico che picchia durissimo e le date che ritornano impietose e mai banali.
A proposito, quando è stata inaugurata la mostra-installazione di Tony leggo della chiusura il 9 luglio e trovo bizzarra la scelta: siamo a Palermo (non a Bergamo) e dieci giorni per arrivare laicamente a ricordare un momento durissimo ancora vivo in tutti noi, cosa costava?
E qui entra in gioco il destino che si fa beffe di noi della memoria e dove un banale problema tecnico oscura la mostra fin dalla fine di giugno; biglietti in prevendita file fuori dal teatro appelli alla manutenzione e via andare ovvero nulla da fare. Il 9 luglio arriva, la mostra non la vedrà più nessuno e sia.
Siamo nel capoluogo di regione, siamo nella città dove sono avvenute le stragi del 1992, siamo a Palermo teatro dell’assurdo, inutile scomodare Ionesco Beckett, Pirandello, noi contemporanei sappiamo fare molto meglio.
Oscuriamo i ricordi, ce ne fottiamo dei 57 giorni che passarono dallo scatto di una fotografia (ritenuta non buona da un allora solerte direttore di giornale), al 23 maggio e poi al 19 luglio_esiste il caso? Salvo poi diventare storia il 20 luglio 1992.
Si lui è l’autore di una fotografia triste, drammaticamente tragica e dove non ci ho visto mai altro che questo.
Siamo inutilmente contemporanei nel dividerci in tanti rivoli per ricordare, lavoriamo da anni con le scuole, con gli incontri, pubblicando libri e andando tra la gente portando il verbo di un pensiero condiviso, che illusi.
E poi la politica e non solo fanno altro.
Lenzuoli alle finestre, fotografie diventate icona, cortei, non ci credo più, Camilleri direbbe “se ne katafottono” di noi, del nostro senso dello stato, della nostra memoria. La vita mi ha regalato l’amicizia di giornalisti, scrittori, magistrati a vario titolo pienamente coinvolti dentro quel periodo, e se ancora vorrò coltivare le loro persone mi dovrò tenere alla larga da certi ricordi.
Strana la vita, un esercizio di stile al contrario
Giuseppe Prode