Nelle settimane scorse la Cassazione ha confermato la condanna a trent'anni per il boss palermitano Vincenzo Galatolo, accusato di essere uno dei mandanti della strage di Pizzolungo in cui la mafia, tentò di assassinare il magistrato Carlo Palermo, uccidendo, invece, Barbara Rizzo e i suoi due gemellini, Giuseppe e Salvatore Asta, che transitavano in auto nel momento dell'esplosione. Con Galatolo salgono a cinque i mandanti condannati in via definitiva, le ombre, però, rimangono.
Le sentenze per Galatolo - Al boss palermitano il 5 aprile del 2022 era stata confermata in secondo grado la condanna a 30 anni di reclusione dalla Corte di Assise di appello di Caltanissetta, anche lui tra i mandanti dell’attentato che Cosa nostra organizzò per uccidere il giudice Palermo a Pizzolungo, Il 13 novembre del 2020, 35 anni dopo quella strage Galatolo veniva invece condannato in primo grado. Ad accusare Galatolo anche la figlia Giovanna, divenuta collaboratore di giustizia.
Le accuse a Galatolo e la riunione a Castelvetrano - Una strage quella di Pizzolungo, che secondo le dichiarazioni del pentito Santino Di Matteo venne decisa, in una riunione di mafia a Castelvetrano, alla presenza dei capi assoluti di Cosa nostra trapanese, Ciccio e Matteo Messina Denaro, padre e figlio. Ad accusare Galatolo fu a figlia “ribelle” Giovanna Galatolo e il pentito Francesco Onorato. «Non appena il telegiornale diede la notizia mia madre iniziò a urlare, i bambini non si toccano. Mio padre le saltò addosso, cominciò a picchiarla, voleva dare fuoco alla casa». «Avevo vent'anni - il racconto di Giovanna, che oggi collabora con la giustizia - a casa sentivo mio padre che diceva: “quel giudice è un cornuto”. Poi, si verificò l'attentato. E mi resi conto, anche mia madre capì. Non si dava pace”».
Libera - "Un altro importante tassello di verità - dice l'associazione Libera in una nota - viene scritto nella ricostruzione del contesto e delle responsabilità di quella strage. Una sentenza importante che riconosce il grande, tenace lavoro dei magistrati Amedeo Bertone, Gabriele Paci e Pasquale Pacifico. Il nostro pensiero lo rivolgiamo a Margherita Asta, la figlia maggiore di Barbara, che non si è mai arresa per far emergere la verità e chiedere giustizia. Margherita, da molti anni una delle colonne portanti di Libera, è riuscita a trasformare l'immenso dolore di quegli affetti strappati nell'impegno a dare speranza a tutti coloro che si disperano di trovarla".
La strage - E’ la mattina del 2 aprile 1985. Il giudice Carlo Palermo è a Trapani da 40 giorni. Prende il posto di Gian Giacomo Ciaccio Montalto, un magistrato coraggioso, ucciso da Cosa nostra due anni prima. Dalla villetta presa in affitto a Bonagia, il giudice Palermo e la sua scorta, ogni mattina percorrono la strada di Pizzolungo per andare a Trapani. E’ l’unica, la più veloce. Cosa nostra sa delle abitudini di Palermo, di quel tragitto fatto ogni giorno. Per eliminarlo, perché Palermo indaga sulla mafia, e negli anni 80 chi indagava sulla mafia veniva ammazzato, Cosa nostra pensa di piazzare un’autobomba sul ciglio della strada di Pizzolungo. Quella mattina del 2 aprile Palermo è sulla sua auto, con l’autista Rosario Maggio. Hanno fretta, davanti a loro c’è un’altra auto con a bordo Barbara Rizzo e i suoi gemelli, Giuseppe e Salvatore Asta di 6 anni, li sta portando a scuola. Procede a velocità moderata, l’auto con il giudice Palermo la sorpassa, anche se nel bordo della strada c’è un’auto parcheggiata. E’ l’auto imbottita di esplosivo messa lì dai sicari per il giudice. Nello stesso istante sono allineate le tre auto, quella con a bordo Barbara Rizzo e i suoi figli si trova in mezzo. L’esplosione è violentissima. Ci sono rottami ovunque. Muoiono disintegrati la donna e i suoi due figli piccoli. Carlo Palermo viene sbalzato fuori dall’auto, ma è miracolosamente vivo.
Gli altri tre processi e chi sono gli altri condannati - Dei tre processi per la strage di Pizzolungo, bisogna ricordare che, il primo si è svolto contro gli esecutori, tutti appartenenti al clan mafioso di Alcamo, poi assolti in via definitiva dalla Cassazione, dopo una prima condanna in primo grado. E gli altri due processi hanno visto condannati in via definitiva i capi mafia Totò Riina e Vincenzo Virga e in un altro ancora i boss palermitani Nino Madonia e Balduccio di Maggio.
Le "ombre" oltre la mafia sulla Strage di Pizzolungo - La mafia voleva uccidere il sostituto procuratore Carlo Palermo. Un magistrato scomodo, che indagava negli affari della droga di Cosa nostra e lo aveva già iniziato a fare a Trento. I boss lo avevano avvertito subito. Carlo Palermo a Trapani da appena 40 giorni aveva già avviato indagini sulle connessioni tra mafia e colletti bianchi, Cosa Nostra e imprenditori e stava indagando sui rapporti tra mafia, impresa e massoneria. Il movente fino adesso è stato ricondotto alla strategia mafiosa di quegli anni, di colpire gli investigatori ed i magistrati che lottavano contro i clan. Oggi rimangono tante ombre sul ruolo di poteri occulti, massoneria e servizi deviati dello Stato su quella strage, come su tante altre tra quelle ritenute mafiose e tra l’altro, queste ombre sono presenti nel libro che ha scritto lo stesso Carlo Palermo.
Ricordiamo che per il procuratore di Trapani la Strage di Pizzolungo è ancora più misteriosa di Capaci... Per il procuratore della Repubbica di Trapani, Gabriele Paci, la strage di Pizzolungo è ancora più misteriosa di quella di Capaci, "eppure non se ne parla mai", ha affermato lo scorso anno a Favignana in un incontro in occasione del Trentennale delle Stragi organizzato dal Comune di Favignana in collaborazione con la redazione di Tp24. "Se una cosa succede a Trapani ha un'eco - aggiunge Paci - se succede a Palermo invece un'altra". Qui l'intervento di Paci: