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25/06/2023 06:00:00

La Cultura e le sue espressioni, senza nulla a pretendere...

 E dopo una maggio incerto, con giugno al seguito, sembra finalmente decollata l’estate. Si respira, dopo giornate in cui la sensazione era da Tropico del Cancro, quanto a caldo umido e pioggia battente e improvvisa.

I primi Festival all’aria aperta, qualche concerto e quello che per me è estate: il cinema in piazza. Ricordo qualche arena da piccolo, poi a Gibellina nuova (sempre avanti nelle sue proposte culturali, era la seconda metà degli anni ’80) col Cinema sotto le Stelle al Sistema delle Piazze e in quel gioco di nuova architettura (Thermes&Purini) si rinnovava questa meraviglia: poche sedie a disposizione molte portate da casa e officiavamo questo rito laico con il Grande Carro sopra di noi.

In questi giorni le serate lunghe, complice la piacevolezza dell’aria - tra profumi di tigli e magnolie in fiore - me ne vado a piazza San Cosimato a Trastevere dove (ri) trovo il cinema in piazza curato dai ragazzi, quelli del Piccolo America: li hanno presi per pazzi undici anni addietro dopo aver occupato un cinema e evitando l’ennesima speculazione edilizia, e da allora mettendo in fila progetti e successi in fila in una città complessa qual è Roma, sono un concreto progetto culturale con una visione. La politica ne ha dovuto prendere atto ovvero quando la società civile diventa bene comune mi verrebbe da dire, al punto da non poterci più rinunciare.

La piazza si riempie via via, le sedie sono al loro posto (salvo una sola raccomandazione, alla fine della proiezione di prendere la propria e riporla dove indicato), la programmazione varia tra nuovo e film restaurati e un pubblico trasversale dai bimbi ai nonni, tutti insieme: chi si porta il panino da casa, chi compra la pizza nei dintorni, una birra, luci che si abbassano e ogni sera centinaia di persone replicano questo desiderio fortissimo di comunità.

Più volte ho scritto e mi chiedo: che Cultura vogliamo? Viviamo questo tempo non facile e dove spesso alla cultura - che parte della politica se ne ricorda forse a stagioni alterne come semplice divertissement - le si consegna o forse meglio le si dà un ruolo quasi di anestetico. Poche ore qualche settimana e poi via andare, provando poi a vivere con programmazioni improvvise se non improvvide per il resto dell’anno.

C’è una Cultura settoriale, quasi segmentata - che credo faccia parte di un tempo diverso - mentre oggi, proprio per quella complessità a cui accennavo sopra, dovremmo viverla in modo completo senza steccati e barriere e, soprattuto, con la gioia di essere ora pubblico ora protagonisti di un processo di crescita. E invece assisto a svilenti diatribe su presunte piazze del sapere - ora teatro, ora libri, ora musica - quando il filo rosso deve essere la gioia (lo ribadisco) di vivere appieno la Cultura nelle sue espressioni. Tra quaranta, cinquant’anni, molti di noi non ci saranno più, e oggi che dovremmo essere per chi opera con consapevolezza in questo ambito - nella piena maturità del fare e nella restituzione, senza nulla a pretendere - uno degli assi portanti della costruzione di una visione concreta, replichiamo modelli vecchi.

C’è un verso di una canzone di De Gregori Buffalo Bill

Tra bufalo e locomotiva
La differenza salta agli occhi
La locomotiva ha la strada segnata
Il bufalo può scartare di lato…

Ecco noi possiamo prenderci questa libertà di scartare di lato e contaminarci, la Cultura come empatia e proporre e proporsi su livelli diversi e non settoriali: ho assistito a lezioni di Fisica quantistica su YouTube di Carlo Rovelli, destinate ad una platea non meglio definita e con riscontri inaspettati. Prima forse in un convegno ad hoc o in facoltà ( i suoi libri per Adelphi sono best seller, piccola nota). E’ nelle cose: c’è una necessità di interconnessioni di saperi e linguaggi più che mai oggi.

Un festival di letteratura propone uno spettacolo a teatro? Apriti cielo e fatico a comprendere la levata di scudi quando altro non è che un testo sotto forma di libro messo in scena. Steccati, muri, piazze del sapere come proprietà privata.

Coltivare esperienze coltivare saperi, e lo possiamo fare con tutti i vettori a disposizione e valorizzando le nostre vite dense di vissuto a favore della Comunità. Oggi viviamo opportunità che possono veicolare le nostre azioni - parlo dei canali social, parlo di dirette streaming - è chiaro che tutto non possa passare da lì, ma mischiamoci con il gusto e il piacere di farlo.
Cultura è anche questo, confronto prima di tutto, altrimenti non ho capito nulla in tanti anni e la piazza ci chiede questo. Sta a noi la capacità di saper tradurre bisogni e contenuti.

“Strutturare un’analisi della domanda, nel senso più vero e importante del termine: capire il bisogno che non è soddisfatto dall’offerta esistente e identificare le modalità per poter fornire un servizio, un prodotto, un contenuto, o un qualsiasi dispositivo culturale, che intercetti il bisogno di cultura che molti non sanno nemmeno di avere.
Siamo abituati a pensare che da un lato, stia il bisogno di contenuti, dall’altro quello di distrazioni. Sta a chi produce cultura fare in modo che queste due dimensioni smettano di essere antitetiche”.
Stefano Monti

p.s.1 il cinema in piazza a San Cosimato è gratis. La piazza torna dopo la proiezione del quartiere e le sedie dove ci hanno indicato di riporle. anche questa è Comunità.

p.s.2 ho sempre creduto nell’Utopia come forma di fare, la distopia è la traduzione concreta nel voler fare esattamente l’opposto.

Giuseppe Prode