C'è stato un momento in cui era come se fosse di casa in Procura a Trapani, raccontavano le cronache. Ascoltato, e molto, da alcuni pm ed investigatori. Riempiva verbali e verbali di rivelazioni su una sorta di loggia massonica che governava le sorti di Alcamo e mezza provincia.
E' Josè Libero Bonomo, avvocato (sospeso) alcamese, con studio a Palermo nel salotto buono di Via Principe di Belmonte, protagonista di alcune pagine poco chiare delle vicende giudiziarie in provincia di Trapani. Era per alcuni un eroe, una sorta di gola profonda che avrebbe potuto portare la procura ad inchieste su personaggi eccellenti. Di lui ci siamo occupati, ad esempio, un giorno, quando in un processo in cui era parte offesa, mancava il suo avvocato, e non trovò un collega disposto a sostituire il suo legale. La vicenda riguardava una denuncia per estorsione fatta da Bonomo nei confronti di una collega, Rosa Sanna. Qui l'articolo.
In un'altra occasione fu lui stesso, in un'altra udienza, sempre nello stesso processo, a rivelare che le sue dichiarazioni erano al centro di alcune importanti indagini della Procura, con il pm, Andrea Tarondo, che in quell'occasione, invitò Bonomo a non fare dichiarazioni sulle indagini in corso, che si riferivano, parole sue, ad una "determinata organizzazione". Qui l'articolo.
Poi, di Josè Libero Bonomo si sono perse le tracce. Adesso ce lo ritroviamo condannato in due procedimenti molto simili. Da un lato è stato sospeo per otto mesi dalla professione dopo una condanna per truffa a danno di suoi due clienti anziani di Castellammare del Golfo (ne parliamo qui). E poi c'è un'altra condanna per aver intascato un risarcimento per conto di un cliente (ne parliamo qui).
Lui nega ogni addebito. Ma la domanda è un'altra. Che fine hanno fatto le sue dichiarazioni, le indagini che hanno preso spunto dalle sue "clamorose" rivelazioni in Procura e durate anni? La risposta sta in due parole: tutto archiviato.
Due parole. Anni di indagini. Tantissime interecettazioni, e sei persone finite sotto torchio, senza nessun legame apparente tra loro - altro che loggia segreta - se non quello di aver avuto nel tempo questioni proprio con Bonomo. Le sue dichiarazioni hanno trovato orecchie attente prima nel nucleo di polizia giudiziaria della Forestale, alla Procura di Trapani, guidato fino a poco tempo dall'ispettore Ino Conigliaro, e poi nel sostituto Andrea Tarondo, dal quale Bonomo si è presentato, di fatto, come vittima di un sistema criminale che ruotava attorno alla figura dell'ex deputato regionale Norino Fratello.
Le dichiarazioni di Bonomo hanno portato all'apertura di un fascicolo di indagine nei confronti di sei persone, con le accuse più diverse, dall'associazione a delinquere, alla corruzione. Ma dopo ben due anni e dieci mesi la Procura ha detto basta. Non c'era alcun riscontro a quanto dichiarato da Bonomo.
Le dichiarazioni di Bonomo prendono spunto dalle indagini su Norino Fratello e sugli affari delle sue cooperative, la più famosa delle quali è la coop Letizia, della quale ci siamo occupati spesso. E' in questo contesto che l'avvocato comincia a parlare, e racconta delle "pressioni" ricevute, di come sia stato (secondo lui immotivamente) investito di denunce per infedele patrocinio e di richieste di risarcimento danni da parte di suoi clienti. Secondo Bonomo i suoi guai cominciano quando inizia a prendere le difese di Lorenzo La Rocca, il grande accusatore di Fratello. Racconta di essere stato destinatario di richieste estorsive per rinunciare al mandato difensivo, e poi cala la briscola: doveva aderire alle loggia segreta Ignis, di Alcamo, per evitare guai di ogni genere.
Nei suoi verbali Bonomo racconta le pressioni che avrebbe subito quando ha deciso di assistere legalmente La Rocca, delle visite che ha ricevuto da parte di colleghi che lo invitavano a desistere: "Sono ben consapevole, perché nato e cresciuto in Sicilia, delle dinamiche che si pongono in essere quando in certi ambienti si vuole "consigliare" a qualcuno di fare o non fare qualcosa". Un ex consigliere comunale viene indagato perchè Bonomo dice che "con fare allusivo", gli aveva detto che si doveva mettere il "cappotto" per la sua attività professionale.
Ma di che "cappotto" si tratta?
Ne parliamo domani
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