Una ragazza volteggia sulle punte, in un terrazzo da cui si vede il mare, tra i panni stesi che svolazzano al vento. Un incipit rappresentativo di ciò che vedremo nella restante ora e mezza del film.
Houria, in arabo, significa libertà ed è il nome della protagonista di questa pellicola ambientata in una cittadina dell’Algeria. Una giovane ballerina viene aggredita da un uomo che vuole rapinarla e, nel centro di riabilitazione dove dovrà riprendersi dalle ferite fisiche e psicologiche, interagisce con altre donne che per lavoro e per necessità frequentano il posto, considerandolo come il loro safe space, come un nido sicuro.
Si tratta del nuovo lavoro della regista algerina Mounia Meddour che già con Non conosci Papicha aveva raccontato situazioni di oscurantismo e voglia di emancipazione.
Con una sceneggiatura ben scritta, una regia delicata, un punto di vista sincero, Houria, la voce della libertà affronta numerose tematiche, da quelle esistenziali a quelle di genere, dalla disabilità all’immigrazione, alla solidarietà femminile.
A tal proposito, unico difetto potrebbe essere quello di rappresentare soltanto una metà del mondo, un universo femminile in cui gli uomini sono simili ad animali, raffigurati con le stesse movenze degli arieti che si incornano – nei tipici combattimenti algerini – spinti da un istinto di sopravvivenza che sovrasta ogni regola e ogni valore.
Ma riflettendo si comprenderà che si tratta di una precisa volontà di realismo in una società in cui persino la polizia non vuole o non può (e in ogni caso non riesce) a difendere i deboli, in cui lo stesso aggressore della ragazza, pur identificato, è libero di ripresentarsi da lei per minacciarla ancora.
La trama prosegue attraverso immagini riuscite, mai didascaliche e ben equilibrate. Si assiste a un dramma non urlato che pur parlando di violenza non la sottolinea, non le dà spazio visivo, ma la rielabora in qualcosa di diverso.
Tutto ciò è arricchito dalla bellezza (e bravura) delle attrici a cominciare da Lyna Khoudri nella parte di Houria, di sua madre interpretata da Rachida Brakni e della sua migliore amica interpretata da Amira Hilda Douaouda, e continuando con le altre interpreti come se ogni volto femminile rappresentasse la libertà nelle sue diverse forme.
Houria, la voce della libertà è un film che commuove, invoglia alla resilienza e incoraggia alla lotta, non intesa come vendetta ma come rivendicazione e ricerca di giustizia anche dal punto di vista legale.
È un film ricercato, pieno di simbologie: la danza è liberazione e risveglio, così come il mutismo della protagonista evoca la costrizione e la sottomissione ai regimi.
Non ultimo, Houria è un film consigliato agli italiani che ancora non comprendono i motivi per cui un essere umano possa decidere di abbandonare le proprie origini alla ricerca di un’esistenza migliore, come nel caso della coraggiosa amica della protagonista.
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