È morta tra atroci sofferenze Naila, una cavalla di razza araba di sette anni. Ridotta pelle e ossa, non ce l’ha fatta a sopravvivere al blocco intestinale, dopo aver mangiato tutto in una volta quello che evidentemente le era stato negato per troppo tempo. Insieme a lei, torturate dalle coliche altre due cavalle, anch’esse deperite, che però sono rimaste in vita.
Naila, prima che i farmaci del veterinario facessero effetto, tra spasmi e tentativi di rialzarsi si è ferita praticamente dappertutto. E quando si pensava che ormai potesse essere fuori pericolo, si è accasciata a terra ed è morta. E’ successo nella periferia di Castelvetrano, nel settembre scorso, in un terreno in cui venivano detenuti queste tre cavalle ed un purosangue inglese. Terreno dove poi la cavalla è stata sotterrata, senza le necessarie autorizzazioni, rimasta lì nonostante le segnalazioni e le denunce, in una zona in cui a poca distanza ci sarebbero anche delle falde acquifere.
Al momento non sappiamo come stia il purosangue, ma le altre due cavalle non ci sono più: rubate. Almeno secondo una denuncia che il gestore della stalla avrebbe fatto ai vigili urbani.
Ma partiamo dall’inizio, dando, almeno per il momento, dei nomi fittizi ai protagonisti di questa singolare storia.
Nel giugno del 2017, la signora Lia comunica all’ufficio veterinario di Castelvetrano di aver ceduto in comodato d’uso gratuito un terreno al figlio Fabrizio, in modo da fargli ottenere il cosiddetto “codice stalla” affinché potesse detenervi dei cavalli, intestati a sua moglie Jenny.
Dopo qualche anno però, i rapporti tra madre e figlio (e nuora) si guastano e la signora Lia chiede di riavere indietro il terreno, inviando diverse raccomandate: due nel 2021 e un’altra nel 2022. Tutte ignorate.
Negli ultimi tempi, i cavalli che stanno all’interno del terreno in uso al figlio, proprio di fronte l’abitazione della signora, appaiono sempre più denutriti e malgovernati, fino a diventare praticamente pelle e ossa.
Ecco perché, il 24 agosto 2022 scatta la segnalazione ai carabinieri di Castelvetrano, in cui viene richiesto un intervento urgente da parte delle autorità, integrandola, il primo settembre, con le foto di come fossero ridotti i cavalli. Ma non succede niente, il lotto di terreno continua ad essere occupato e gli animali continuano a dimagrire.
Il 25 agosto, tre cavalle stanno malissimo, in preda a terribili coliche da blocco intestinale. La più grave è Nalia, che non riesce ad alzarsi da terra e si dimena forsennatamente, procurandosi ferite in tutto il corpo a causa dell’attrito col terreno. Fabrizio chiama il proprio veterinario di fiducia che, da un’altra città, arriva il più velocemente possibile. E capisce che gli animali sono stati sovralimentati. In pratica, come si diceva all’inizio, hanno assunto troppo cibo tutto in una volta, dopo un lungo periodo di quasi digiuno (tant’è che gli si potevano contare le vertebre anche da lontano). Le altre due cavalle si riprendono (si fa per dire) prima, per Nalia invece le terapie del veterinario fanno effetto dopo due giorni. Quando si rialza è inguardabile.
Il “miglioramento” per lei dura poco. Infatti la domenica del 4 settembre, intorno alle nove di mattina, la signora Lia sente da casa sua degli insoliti rumori provenire dal suo terreno in uso al figlio. C’è un tizio che, con un escavatore sta facendo una buca e il figlio Fabrizio le riferisce che la cavalla bianca era morta e la sta seppellendo. Senza l’autorizzazione della madre, proprietaria del terreno e soprattutto senza quelle degli enti preposti. Dopo gli inutili tentativi per dissuaderlo, la signora chiama i vigili urbani. Nel frattempo però, il figlio e il tizio con l’escavatore completano il seppellimento e si allontanano. E quando i vigili arrivano, dopo venti minuti, trovano il cancello chiuso con un lucchetto, anche se dall’esterno notano una piccola area di terreno smosso e di colore diverso.
L’indomani è il 5 settembre. La signora segnala il fatto alle autorità competenti, chiedendo l’immediato trasferimento della carcassa, sepolta nel proprio terreno in spregio non solo ai suoi diritti, ma anche alle norme igienico-sanitarie, amministrative ed ambientali. La zona in cui è avvenuto l’interramento si trova infatti poco distante dal torrente Racamino, oltre che da un pozzo artesiano al quale la stessa signora si serviva.
Ma anche in questo caso, non succede niente. E non succede niente nemmeno quando, attraverso l’avvocato, viene inoltrato al Tribunale di Marsala un ricorso ex articolo 700, procedimento di urgenza per scongiurare, in questo caso, gli effetti dell’inquinamento.
Il giudice del Tribunale, il 29 novembre 2022 sente il parere di un veterinario dell’Asp, assunto come informatore da Fabrizio e Jenny, quasi tre mesi dopo l’interramento. Dice che è troppo tardi e che l’eventuale inquinamento, qualora ci fosse stato, sarebbe già avvenuto. Le sostanze inquinanti, soprattutto i residui di farmaci, si possono trovare soltanto nei tessuti molli dell’animale che, dopo tre mesi – sottolinea il veterinario - saranno già in avanzato stato di decomposizione. Insomma si troverebbero soltanto ossa. Ma quelle non inquinano.
E dato che viene ritenuto che non ci sia prova di un pregiudizio irreparabile, il 14 dicembre 2022 il giudice rigetta la domanda della signora Lia, condannandola anche a 1000 euro di spese di lite.
La signora ricorre all’ordinanza del tribunale, ma perde di nuovo. Nella seconda decisione del 14 marzo 2023 c’è scritto che il pericolo alla salute della reclamante non è stato precisato. Che non sono stati allegati i “sintomi di malessere, esistenza e utilizzo, da parte della reclamante, di pozzo artesiano posto nei pressi del terreno”.
Nessuna prova dunque, “dell’esistenza di un pregiudizio, avente i caratteri della imminenza e della attualità, alla salute” della signora, che ha fatto ricorso anche a questa seconda ordinanza. E al momento si attende l’esito. Intanto, il sindaco di Castelvetrano, già nel gennaio scorso dispone che gli uffici del comune sanzionino il contravventore, vista l’assenza delle dovute autorizzazioni amministrative, coinvolgendo anche l’Asp per il ripristino dello stato dei luoghi. Tutto rimane però sulla carta.
Oggi Naila è ancora sepolta lì. Nessun ripristino dei luoghi. Nessun processo per maltrattamento.
Ad oggi, lo Stato vuole la prova di un malessere della signora collegato agli effetti inquinanti del seppellimento.
Egidio Morici